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Le esegesi riportate in questo blog non sono frutto delle mie capacità, in realtà molto modeste. Le ricavo leggendo diversi testi dei più importanti specialisti a livello mondiale, generalmente cattolici, ma non disdegno di verificare anche l’operato di esegeti protestanti, in particolare anglicani. Se si escludono alcuni miei approfondimenti specifici, per la parte tecnica dell’analisi critica il mio testo di riferimento è questo:

- Giovanni Leonardi
, Per saper fare esegesi nella Chiesa, 2007 Ed. Elledici (testo promosso dall’Ufficio Catechistico nazionale). Questo testo è molto semplice, veramente alla portata di tutti; per migliorare la capacità di analisi deve essere affiancato da altri due testi per la parte linguistica, anch’essi a livello divulgativo:

- Filippo Serafini,
Corso di greco del nuovo testamento, 2003 Ed. San Paolo.
- Luciana Pepi, Filippo Serafini,
Corso di ebraico biblico, 2006 Ed. San Paolo (da usare solo nel caso si voglia approfondire l’etimologia semitica sottesa ai vocaboli greci).

I testi della Bibbia in lingua originale sono pubblicati da varie case editrici; in particolare per i Vangeli segnalo l'ottimo testo della Edizioni Enaudi e quello sinottico della Edizioni Messagero in quanto hanno i testi greco ed italiano a fronte. Si trovano anche in vari siti in rete, ma non sempre sono testi aggiornati con le ultime scoperte a livello archeologico o paleografico.
Per la parte sostanziale normalmente faccio riferimento a documenti prodotti dalle fonti seguenti, che riporto in ordine decrescente di frequenza di utilizzo:

- École biblique et archéologique française de Jérusalem (EBAF), retto dai Domenicani e dove ha lavorato anche il Card. Martini.
- Centro Studi Biblici “G. Vannucci” – Montefano (An), retto dall’Ordine dei Servi di Maria.
- Sito www.Nicodemo.net gestito da P. Alessandro Sacchi.
- Università degli studi di Torino – Corso di Letteratura cristiana antica – Prof.essa Clementina Mazzucco.
- Fr. Dante Androli, OSM, docente di esegesi alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum – Roma
- Università degli studi La Sapienza di Roma – Corso di Storia del Cristianesimo e delle Chiese – Prof.essa Emanuela Prinzivalli.
- Biblia, Associazione laica di cultura biblica – Settimello (Fi)


sabato 31 luglio 2010

… lo sollevò sulle sue ali …

Pensieri in libertà di un vecchio rompiscatole

(Parte seconda, pagg 63 - 71)

(segue La fede e il matrimonio)

Come abbiamo visto nei primi capitoli, nei primi secoli il pensiero cristiano subisce alcuni influssi da parte della filosofia greca (platonica e gnostica, soprattutto), e raggiungerà il culmine con Plotino, filosofo pagano, secondo il quale vi è netta separazione tra anima e corpo e quest'ultimo è privo di realtà e in antitesi con l'essere supremo universale. Questa concezione ha portato a considerare la sfera sessuale come estranea al bene dell'uomo fino a identificare la donna con il demonio. Esempio di questo modo di pensare sono Ignazio di Antiochia (1) e Giovanni Crisostomo (2): "Gli sposi e le spose devono stringere la loro unione con l'approvazione del vescovo, e così il matrimonio non avverrà per concupiscenza, ma sarà conforme al volere del Signore" (3). "Il matrimonio è stato dato per procreare figli, ma molto più per mitigare l'ardore della natura. Lo attesta Paolo quando dice: "A causa dell'impudicizia, ciascuno abbia la propria moglie" (1Cor 7,2): non per avere figli. Inoltre, egli comanda di stare insieme non perché diventino genitori di molti figli, "ma perché Satana non vi tenti", dice (1Cor 7,5). Più avanti soggiunge: "Si sposino, non se desiderano figli, ma se non sanno contenersi" (1Cor 7,9). Dall'inizio, dunque, il matrimonio ha questi due scopi; ma quando la terra, il mare e il mondo intero sarà popolato, gli resterà uno scopo solo: rimuovere la sfrenatezza e la licenziosità. Peraltro, a coloro che anche ora si rivoltano in questi vizi, bramando di vivere da porci e di finire i propri giorni nelle case di tolleranza, il matrimonio giova non poco a che, liberi dall'impudicizia e da tali loro necessità, si custodiscano nella santità e nella castità" (4). Il testo di Giovanni Crisostomo è basato su una evidente distorta interpretazione delle parole di Paolo che, nei testi citati, non parlava in senso generale, ma rispondeva, punto per punto, a domande specifiche su casi particolari poste a Paolo in lettere precedenti di cui, purtroppo, non è pervenuto il testo. Si nota come in questo caso l'influenza del pensiero di Plotino, e non di Gesù, sia prevalente. Il pensiero di Paolo sul matrimonio non è certo quello citato da Giovanni Crisostomo; nel brano che segue si ha il suo vero pensiero. Da questo brano è stato tratto il concetto di sacramento del matrimonio. Il brano può suonare male alle nostre orecchie, ma occorre pensare che è stato scritto in un mondo che considerava la donna di importanza inferiore all'asino: Paolo fa fare alla donna un enorme balzo in avanti rispetto al pensiero espresso dal Talmud. "Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito" (5). Nella ricerca (6) di un'etica sessuale da proporre alla chiesa nel suo rapido diffondersi, i primi grandi Padri e scrittori cristiani dovettero appoggiarsi agli schemi filosofici loro disponibili: questo è un punto da capire bene, perché costituisce un problema ancora oggi. Il Vangelo non è un trattato sistematico, in cui l'annuncio morale venga organizzato in una serie di principi e di precetti. Le stesse lettere di Paolo, presentano precetti e consigli legati a situazioni particolari, e soprattutto elenchi di vizi che sono quasi tutti ripresi dalla morale stoica o cinica o comunque di derivazione aristotelica, che Paolo conosceva bene. I comandamenti vengono ricordati sommariamente in Rm 12, e solo per far vedere che tutti derivano dall'unico e supremo comandamento dell'amore. L'organizzazione sistematica della riflessione umana sul Vangelo, nella e per la vita della chiesa, avviene solo dopo il 1000, con Anselmo (7) e soprattutto con Tommaso (8). La dottrina morale dei Padri, ripresa poi dai libretti di confessione e dalla spiritualità monastica, è legata sia alla derivazione platonica (si pensi alle dottrine sulla creazione di Orìgene (9)) sia a quella aristotelica. Spesso è difficile distinguere nello stesso autore i due influssi. Ma, almeno in materia di sessualità, l'idea di legge naturale sembra dominare fino ad Agostino. A questo proposito non si può trascurare il pensiero di Agostino che atribuisce un significato sessuale alla disobbedienza di Adamo ed Eva pur non esistendo nella Bibbia alcun riferimento in merito; questa scelta di Agostino, provocata più dalla sua situazione psicologica nei confronti del sesso che da una convinzione teologica, (era stato un libertino prima della conversione) provocherà la posizione sessuofobica della Chiesa Cattolica con i disastri che ne sono conseguiti. Nella tradizione filosofica latina, che è in gran parte post-aristotelica, la legge che regola la natura è espressione della volontà del creatore o di una qualche divinità o interiore coscienza, comunque concepita, e come tale è doveroso moralmente comprenderla e seguirla (si pensi all'importanza etica di Cicerone o di Seneca). Più spesso la legge naturale è vista come legge di un'etica eudemonistica (10). In ambedue i casi l'uomo – animale razionale – deve compiere con la ragione le opere che gli altri animali compiono per istinto. Così l'attività sessuale riceve l'approvazione etica quando è mirata alla procreazione. Nella predicazione cristiana le leggi della natura sono espressione della volontà di Dio e, come tali, devono essere seguite (così ad esempio si presenta la morale sessuale di Ambrogio (11)). Nella lettura della sessualità domina l'elemento procreazionista, e dominerà fino ad oggi. Una svolta significativa, e più severa, si ha in Agostino: qui il modello filosofico platonico è dominante (come del resto in Orìgene). La corporeità viene sempre considerata un elemento negativo rispetto alla vocazione tutta spirituale dell'uomo. Di conseguenza ogni comportamento di risposta allo stimolo carnale è per se stesso un allontanarsi dalla perfezione di Dio. Ma Dio stesso ha voluto che la coppia uomo-donna procreasse: ciò, dopo il peccato originale, non può purtroppo avvenire che come risposta all'istinto carnale. E perciò esclusivamente come risposta alla vocazione a procreare l'attività sessuale trova la sua giustificazione morale. Il sesso è sempre un disordine morale, e solo con questa precisa intenzione è accettabile. Alla lettura procreazionista si aggiunge una componente pessimistica. Tale impostazione di un'etica sessuale cristiana rimane praticamente stabile fino a Tommaso, pur con diverse accentuazioni nel diritto, nella predicazione, nella prassi confessionale, nella spiritualità. Non è certo estranea ad essa (e in particolare alla spiritualità monastica) la graduale introduzione del celibato ecclesiastico. Tommaso, strettamente legato ad Aristotele (in allora da poco tradotto in latino), esce decisamente dall'eredità platonizzante: l'istinto è parte della natura ed è quindi in sé buono, a patto che non si vanifichi la sua naturale finalità, valida per tutto il mondo animale. Ed è questa la dottrina e la disciplina ufficiale ancora vigente nella chiesa, nonostante che il Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et spes presenti una lettura della sessualità profondamente diversa e assai più ricca, a cui accennerò in seguito. Nei 700 anni trascorsi da Tommaso al Concilio molte cose sono successe nella morale cristiana in materia di sessualità. È da notare che resta sempre più accentuata la centralità del comportamento fisico: quando, fra il '500-'600, nasce la teologia morale come disciplina autonoma, essa diviene rapidamente una prassi dei confessori piuttosto che una vera teologia. Il richiamo al testo biblico è solo occasionale, per versetti isolati, senza alcuna preoccupazione per una visione globale della sessualità umana: si ha invece una casistica sterminata sui singoli comportamenti sessuali dentro e fuori del matrimonio. In questo quadro si inserisce la rigidità morale del giansenismo (12), con inevitabili richiami ad Agostino. S. Alfonso (13) offre una teologia morale legata a questo quadro generale, ma con occhio pastorale e preoccupato di aiutare il penitente e con la preoccupazione di citare e discutere ampiamente le opinioni dei vari autori. Da S. Alfonso a oggi ben poco è cambiato fino al Concilio ed oltre: la moralità è letta tutta all'interno dei singoli comportamenti mentre il tema dell'amore da un lato, e la fatica di un migliore approfondimento biblico dall'altro, vengono completamente ignorati: la natura e il contro-natura di singoli gesti costituiscono argomento dominante (e definitivo, valido in eterno) della valutazione morale. Due esempi sono illuminanti. Nel Codice di Diritto Canonico in vigore fino al 1983, can. 1013, il fine primario del matrimonio è la procreazione; il coito coniugale fuori di questa precisa finalità è detto remedium concupiscentiae, cioè qualcosa di non bello ma comunque tollerabile sempre però che non si impedisca un'eventuale procreazione (il così detto metodo di Ogino, sorto negli anni '30, fu molto discusso fino al 1951, quando Pio XII – sia pure per casi seri – lo dichiarò ammissibile). Sempre negli anni '30 alcuni teologi tedeschi cercarono di introdurre l'idea che l'esser due in uno, idea perfettamente biblica, fosse un valore in sé e non solo strumentale alla procreazione, ma la tesi fu rifiutata e ancora nel 1959 la rivista Civiltà Cattolica ribadiva energicamente il rifiuto. Su questo scenario statico e tradizionale si apre la dottrina conciliare che costituisce una svolta epocale rispetto a una logica dominante fin dai primi secoli dell'annuncio cristiano. Ma non nasce dal nulla. Nasce invece da un arricchimento delle conoscenze scientifiche e della stessa esperienza spirituale cristiana, maturato dalla fine del sec. XIX e che esplode, come un terremoto, nella mentalità e nella cultura occidentale. L'esplosione avviene in direzioni diverse, e il Concilio – impegnato a procedere alla luce del Vangelo e dell'esperienza umana – ne prende atto e dà una risposta di fede ben precisa a questo terremoto. Sarà una risposta che si scontrerà con una tradizione morale plurisecolare: e per questo la pronuncia conciliare stenta ancora oggi ad esser accolta e compresa nella sua profondità. Mi permetto di indicare qui alcuni dei tanti elementi che hanno portato alla svolta della metà del secolo appena trascorso. Un elemento essenziale è stato certamente Freud (14). La sua lettura della sessualità come fatto umano globale, in cui l'elemento fisico è inscindibile da quello psichico così che non esiste comportamento sessuale (interno o esterno) in cui non sia coinvolta l'intera personalità del singolo (e anche viceversa, ma questa reversibilità è discutibile) offre una prospettiva del tutto nuova nella valutazione dei comportamenti sessuali. Un secondo elemento, meno noto e meno studiato, è di ordine filosofico e consiste in una sotterranea variazione del significato che l'altro ha nella esistenza di ciascuno. Forse esso nasce con Feuerbach (15): solo guardandoti negli occhi io scopro me stesso (si veda la penetrante analisi di H. De Lubac (16) in Il dramma dell'umanesimo ateo); ma occorre pensare soprattutto a Husserl (17) e alla intenzionalità della coscienza di sé di fronte all'altro, e ai discendenti di Husserl come Sartre (18). Ciò apre nuovi orizzonti alla idea stessa di carità evangelica: io non debbo solo servire e aiutare l'altro, ma ho bisogno dell'altro per essere me stesso. Si pensi alla drastica frase del Concilio (GS n. 24): "…l'uomo non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.". Il tema è stato largamente sviluppato da Ricoeur (19), ma anche da studiosi di radice ebraica come Levinas (20), Buber (21), e oggi M. Walzer (22). È chiaro l'impatto che, se pure in via indiretta, ciò ha nel tentativo odierno di rileggere e meglio comprendere il significato della sessualità. Un terzo elemento è di natura scientifico-medica: solo alla fine del sec. XIX si è scoperta nell'incontro fra gameti la pari importanza dell'elemento femminile e di quello maschile: la collocazione dell'uomo rispetto alla donna, come collocazione sociale e anche fisica (nel corso del coito), cambia radicalmente. Un quarto elemento, e importantissimo, è l'esperienza maturata nelle coppie cristiane: qui sarebbe necessaria una lunga discussione; ricordo solo che fino agli inizi del XX sec., e anche in aree contadine fino almeno agli anni '60, matrimonio e amore non erano affatto collegati: il matrimonio (e i conseguenti rapporti sessuali in esso consentiti) era un contratto fra famiglie. Il modulo degli 'sponsali' – fidanzamento in chiesa – che il parroco doveva preparare, richiedeva la firma dei genitori: erano in genere i genitori, o il capo-famiglia, a scegliere il/la partner per i loro figli. L'idea di fidanzamento come libero incontro fra persone, processo di reciproca conoscenza e infine decisione matrimoniale, è nato nel secolo XX, e ancora fino alla metà del secolo i figli non osavano sposarsi senza la benedizione dei genitori. Oggi il matrimonio cosiddetto di amore è la normalità, ma solo da meno di un secolo. Ed ecco allora, nella prima metà del XX secolo, nascere tutto un movimento di spiritualità coniugale, in cui l'evento sessuale era visto all'interno di un coinvolgimento globale della personalità dei coniugi. Ma quando negli anni '50 Carlo Carretto scrisse il libro Famiglia piccola chiesa destò scandalo e vituperio sia negli ecclesiastici che nei buoni laici: dopo il Concilio tale titolo è quasi uno slogan, molto amato dalle gerarchie ecclesiastiche. Per questi e per altri motivi, si pensi agli studi di M. Foucault (23), il ripensamento teorico della sessualità divenne terremoto sociale. Due libri, fino agli anni '60 noti solo agli studiosi, divennero best-sellers: La rivoluzione sessuale di W. Reich (24) (edizione americana del 1946) e Eros e civiltà di H. Marcuse (25) (1954). Proposte e analisi completamente diverse fra di loro, ma comunque rivoluzionarie. Altri autori meriterebbero uguale citazione, ma questi due sono sicuramente emblematici di un clima. La Provvidenza volle che proprio al centro di questo terremoto si svolgesse il Concilio Vaticano II: la chiesa ebbe così modo di prendere posizione, e una posizione piena di coraggio e di speranza. Si riportano qui gli articoli 47 – 51 della Costituzione Gaudium e Spes, troppo importanti per non citarli integralmente:

47. Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi. La salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima di questa stessa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi grazie ai quali gli uomini oggi progrediscono nel favorire questa comunità di amore e nel rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e genitori nella loro preminente missione e dai quali attendono inoltre migliori vantaggi mentre si sforzano di promuoverli. Però non dappertutto la dignità di questa istituzione brilla con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, del cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l'amore coniugale è molto spesso profanato dall'egoismo, dall'edonismo e da usi illeciti contro la generazione. Inoltre le odierne condizioni economiche, socio psicologiche e civili portano turbamenti non lievi nella famiglia. E per ultimo in determinate parti del mondo si avvertono non senza preoccupazioni i problemi sorti dall'incremento demografico. Da tutto ciò sorgono difficoltà che angustiano le coscienze. Tuttavia il valore e la solidità dell'istituto matrimoniale e familiare prendono risalto dal fatto che le profonde mutazioni dell'odierna società, nonostante le difficoltà che con violenza ne scaturiscono, molto spesso rendono manifesta in maniere diverse la vera natura dell'istituto stesso. Perciò il concilio, mettendo in chiara luce alcuni punti capitali della dottrina della chiesa, si propone di illuminare e rafforzare i cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e promuovere la dignità naturale e l'altissimo valore sacro dello stato matrimoniale.

48. Santità del matrimonio e della famiglia. L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E così, è dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l'istituto (del matrimonio) che ha stabilità per ordinamento divino; questo vincolo sacro in vista del bene sia dei coniugi e della prole che della società, non dipende dall'arbitrio dell'uomo. Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini; tutti quanti di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana. Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l'uomo e la donna, che per il patto di amore coniugale "non sono più due, ma una sola carne" (Mt. 19, 6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e delle attività, esperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la raggiungono. Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità. Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore multiforme, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la chiesa. Infatti, come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e fedeltà, così ora il salvatore degli uomini e sposo della chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la chiesa e si è dato per essa, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione. L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della chiesa, perché i coniugi, in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nella sublime missione di padre e madre. Per questo motivo i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, e perciò insieme partecipano alla glorificazione di Dio. Di conseguenza, prevenuti dall'esempio dei genitori e della preghiera in famiglia, i figli, ed anzi tutti quelli che convivono nell'ambito familiare, troveranno più facilmente la strada della formazione umana, della salvezza e della santità. Quanto agli sposi, insigniti della dignità e responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere dell'educazione, soprattutto religiosa, che spetta prima di ogni altro a loro. I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono a loro modo alla santificazione dei genitori. Risponderanno, infatti, ai benefici ricevuti dai genitori con affetto riconoscente, con devozione e fiducia; e saranno loro vicini, come si conviene a figli, nelle avversità e nella solitudine della vecchiaia. La vedovanza, accettata con animo forte come continuazione della vocazione coniugale, sarà onorata da tutti. La famiglia metterà con generosità in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze spirituali. Perciò la famiglia cristiana, poiché nasce dal matrimonio, che è l'immagine e la partecipazione del patto d'amore del Cristo e della chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi, sia con l'amorevole cooperazione di tutti i suoi membri.

49. L'amore coniugale. I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto e gli sposi la loro unione matrimoniale con un affetto non diviso. Anche molti uomini della nostra epoca danno grande valore al vero amore tra marito e moglie, che si manifesta in espressioni diverse secondo oneste usanze di popoli e tempi. Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà, quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona, e perciò ha la possibilità di arricchire di particolare dignità i sentimenti dell'animo e le loro manifestazioni fisiche e di nobilitarli come elementi e segni speciali dell'amicizia coniugale. Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono di grazia e carità. Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi, provato da sentimenti e gesti di tenerezza, e pervade tutta quanta la vita dei coniugi; anzi diventa perfetto e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio. É ben superiore, perciò, alla pura attrattiva erotica che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente svanisce. Questo amore è espresso e reso perfetto in maniera tutta particolare dall'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio; ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi. Quest'amore, ratificato da un impegno e più di tutto sancito da un sacramento del Cristo, è indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte sul piano del corpo e dello spirito, e di conseguenza è alieno da ogni adulterio e divorzio. L'unità del matrimonio confermata dal Signore appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità personale sia dell'uomo che della donna, che deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno amore. Però, per far fede costantemente agli impegni di questa vocazione cristiana, si richiede una virtù fuori dal comune; ed è per questo che i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente la fermezza dell'amore, la grandezza d'animo, lo spirito di sacrificio e l'impetreranno con la preghiera. L'autentico amore coniugale godrà più alta stima e si formerà al riguardo una sana opinione pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza della fedeltà e dell'armonia nell'amore oltre che nella sollecitudine dell'educazione dei figli, e se fanno la loro parte nel necessario rinnovamento culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia. I giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente istruiti, soprattutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze.

50. La fecondità del matrimonio. Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori. Lo stesso Dio che disse: "non è bene che l'uomo sia solo" (Gen. 2, 18) e che "creò all'inizio l'uomo maschio e femmina" (Mt. 19, 4), volendo comunicare all'uomo una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: "crescete e moltiplicatevi" (Gen. 1, 28). Di conseguenza la vera pratica dell'amore coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce, senza posporre agli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i coniugi, con fortezza di animo, siano disposti a cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia. Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato come la loro propria missione, i coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio creatore e come suoi interpreti. E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità, e con docile riverenza verso Dio, con riflessione e impegno comune si formeranno un retto giudizio, tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato di vita, tanto nel loro aspetto materiale, che spirituale; e, in fine, salvaguardando la scala dei valori del bene della comunità familiare, della società temporale e della chiesa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che si deve conformare alla legge divina stessa, docili al magistero della chiesa, che in modo autentico quella legge interpreta alla luce del vangelo. Tale legge divina manifesta il significato pieno dell'amore coniugale, lo salvaguarda e lo sospinge verso la sua perfezione veramente umana. Così i coniugi cristiani, confidando nella divina provvidenza e coltivando lo spirito di sacrificio, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione in Cristo quando adempiono alla loro funzione di procreare, con generosa, umana e cristiana responsabilità. Tra i coniugi che in tal modo soddisfano alla missione loro affidata da Dio, sono da ricordare in modo particolare quelli che, con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo anche un più gran numero di figli da educare convenientemente. Il matrimonio, tuttavia, non è stato istituito soltanto per la procreazione; ma il carattere stesso di patto indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura come consuetudine e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e le sue indissolubilità.

51. Accordo dell'amore coniugale con il rispetto della vita umana. Il concilio sa che spesso i coniugi, nel dare un ordine armonico alla vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli, e non senza difficoltà si può conservare la pratica dell'amore fedele e la piena familiarità di vita. Là dove, infatti, è interrotta la intimità della vita coniugale non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromessa la prole: allora, infatti, corrono pericolo l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri. C'è chi presume portare, a questi problemi, soluzioni non oneste, anzi non rifugge neppure dall'uccisione; ora la chiesa ricorda che non può esserci vera contraddizione tra le leggi divine del trasmettere la vita e del dovere di favorire l'autentico amore coniugale. Infatti, Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti. L'indole sessuale dell'uomo e la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori della vita; perciò anche gli atti stessi, propri della vita coniugale, ordinati secondo la vera dignità umana, devono essere rispettati con grande stima. Perciò quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persone umana e dei suoi atti che sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale. I figli della chiesa, fondati su questi principi, nel regolare la procreazione non potranno seguire strade che sono condannate dal magistero, nella sua funzione di interprete della legge divina. Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini.

Note: 1. Ignazio di Antiochia (n.n.– Roma, 107-110) è stato un vescovo dell'Asia Minore dell'inizio del II secolo. – 2. Giovanni Crisostomo, o Giovanni d'Antiochia (Antiochia, 344/354Comana Pontica, 14 settembre 407), è commemorato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa, venerato dalla Chiesa copta. Fu Patriarca di Costantinopoli, è uno dei 33 Dottori della Chiesa. La sua eloquenza è all'origine del suo epiteto Crisostomo (in greco antico significa «Bocca d'oro»). – 3. Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo, 5,2. Periodo presumibile di scrittura: primi decenni del II sec. d.C. – 4. Crisostomo Giovanni, La verginità, 19. Periodo presumibile di scrittura: seconda metà del IV sec. d.C. – 5. Ef 5, 22 – 33. Periodo presumibile di scrittura: 58 d.C.- datazione Robinson. – 6. Gran parte di quanto segue è liberamente tratto dagli atti del Convegno di Biblia - Mantova 31 Marzo - 1 Aprile 2001 - "Amore e sessualità nella Bibbia" prof. Enrico Chiavacci – Facoltà Teologica di Firenze. – 7. Sant' Anselmo d'Aosta chiamato anche Anselmo di Bec o Anselmo di Canterbury (Aosta, 1033/1034Canterbury, 21 aprile 1109) è stato un teologo, filosofo, arcivescovo di Canterbury e dottore della Chiesa, italiano naturalizzato britannico. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, è soprannominato Doctor magnificus e padre della Scolastica. – 8. Tommaso d'Aquino, O.P. (Belcastro, 1225Fossanova, 7 marzo 1274), è stato un filosofo e teologo italiano, della scuola scolastica, definito Doctor Angelicus o Doctor Universalis dai suoi ntemporanei. Rappresenta uno dei principali pilastri teologici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Avicenna, Aristotele, Platone e Socrate, poi passati attraverso il periodo ellenistico della tarda grecità. – 9. Orìgene Adamànzio (Alessandria d'Egitto, 185Tiro, 254) è stato un teologo, scrittore e catechista greco antico.È considerato uno tra i principali scrittori e teologi cristiani nei primi tre secoli. Di famiglia greca, si formò alla scuola catechetica di Alessandria d'Egitto. – 10.Ovvero: se vuoi star bene, segui la tua natura. – 11. Aurelio Ambrogio, meglio conosciuto come sant'Ambrogio di Milano (Treviri, incerto 334-339Milano, 397), vescovo, scrittore e uomo politico, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica che lo annovera tra i quattro massimi Dottori della Chiesa insieme a san Girolamo, sant'Agostino e san Gregorio I papa. – 12. Il Giansenismo è una dottrina teologica elaborata nel XVII secolo da Giansenio (1585-1638), il quale ritenne che l'uomo è corrotto e quindi destinato a fare il male, e che, senza la grazia di Dio, l'uomo non può far altro che peccare e disobbedire alla sua volontà. – 13. Alfonso Maria de' Liguori (Marianella, 27 settembre 1696Nocera de' Pagani, 1º agosto 1787) è stato un vescovo cattolico e compositore italiano, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore e autore di opere letterarie popolari. È stato proclamato santo da papa Gregorio XVI nel 1839 e Dottore della Chiesa (Doctor Zelantissimus) nel 1871 da papa Pio IX. – 14. Sigmund Freud (Příbor, 6 maggio 1856Londra, 23 settembre 1939) è stato un neurologo e psicoanalista austriaco fondatore della sicoanalisi, una delle principali correnti della moderna psicologia. Ha elaborato una teoria non scientifica, secondo la quale l'inconscio esercita influssi determinanti sul comportamento e sul pensiero umano, e sulle interazioni tra individui. – 15. Ludwig Andreas Feuerbach (Landshut, 28 luglio 1804Rechenberg, 13 settembre 1872) è stato un filosofo tedesco tra i più influenti critici della religione ed esponente della sinistra hegeliana. – 16. Henri-Marie de Lubac (Cambrai, 20 febbraio 1896Parigi, 4 settembre 1991) è stato un cardinale francese. Può essere considerato uno dei più influenti teologi del secolo XX. I suoi scritti hanno giocato un ruolo chiave nello sviluppo di quella che sarà la dottrina del Concilio Vaticano II. – 17. Edmund Gustav Albrecht Husserl (Prostějov, 8 aprile 1859Friburgo in Brisgovia, 26 aprile 1938) è stato un filosofo e mtematico austriaco naturalizzato tedesco, fondatore della fenomenologia e membro della Scuola di Brentano. – 18. Jean-Paul Charles Aymard Sartre (Parigi, 21 giugno 190515 aprile 1980) è stato un filosofo, scrittore e drammaturgo francese. Nel 1964 fu insignito del Premio Nobel per la letteratura, che però rifiutò. – 19. Paul Ricoeur (Valence, 27 febbraio 1913Châtenay-Malabry, 20 maggio 2005) è stato un filosofo francese. – 20. Emmanuel Lévinas (Kaunas, 12 dicembre 1905Parigi, 25 dicembre 1995) è stato un filosofo lituano naturalizzato francese di origini ebraiche. – 21. Martin Mordechai Buber (Vienna, 8 febbraio 1878Gerusalemme, 13 giugno 1965) è stato un filosofo, teologo e pedagogista austriaco naturalizzato israeliano. – 22. Michael Walzer (New York, 3 marzo 1935) è un filosofo statunitense che si occupa di filosofia politica, sociale e morale. – 23. Paul Michel Foucault (Poitiers, 15 ottobre 1926Parigi, 25 giugno 1984) è stato uno storico e filosofo francese. – 24. Wilhelm Reich (Dobrzcynica, 24 marzo 1897Lewisburg, 3 novembre 1957) è stato un medico, psichiatra e scienziato austriaco, allievo di Sigmund Freud e noto per la sua controversa teoria sull'energia orgonica. – 25. Herbert Marcuse (Berlino, 19 luglio 1898Starnberg, 29 luglio 1979) è stato un filosofo, scrittore e antifascista statunitense di nascita tedesca.