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Le esegesi riportate in questo blog non sono frutto delle mie capacità, in realtà molto modeste. Le ricavo leggendo diversi testi dei più importanti specialisti a livello mondiale, generalmente cattolici, ma non disdegno di verificare anche l’operato di esegeti protestanti, in particolare anglicani. Se si escludono alcuni miei approfondimenti specifici, per la parte tecnica dell’analisi critica il mio testo di riferimento è questo:

- Giovanni Leonardi
, Per saper fare esegesi nella Chiesa, 2007 Ed. Elledici (testo promosso dall’Ufficio Catechistico nazionale). Questo testo è molto semplice, veramente alla portata di tutti; per migliorare la capacità di analisi deve essere affiancato da altri due testi per la parte linguistica, anch’essi a livello divulgativo:

- Filippo Serafini,
Corso di greco del nuovo testamento, 2003 Ed. San Paolo.
- Luciana Pepi, Filippo Serafini,
Corso di ebraico biblico, 2006 Ed. San Paolo (da usare solo nel caso si voglia approfondire l’etimologia semitica sottesa ai vocaboli greci).

I testi della Bibbia in lingua originale sono pubblicati da varie case editrici; in particolare per i Vangeli segnalo l'ottimo testo della Edizioni Enaudi e quello sinottico della Edizioni Messagero in quanto hanno i testi greco ed italiano a fronte. Si trovano anche in vari siti in rete, ma non sempre sono testi aggiornati con le ultime scoperte a livello archeologico o paleografico.
Per la parte sostanziale normalmente faccio riferimento a documenti prodotti dalle fonti seguenti, che riporto in ordine decrescente di frequenza di utilizzo:

- École biblique et archéologique française de Jérusalem (EBAF), retto dai Domenicani e dove ha lavorato anche il Card. Martini.
- Centro Studi Biblici “G. Vannucci” – Montefano (An), retto dall’Ordine dei Servi di Maria.
- Sito www.Nicodemo.net gestito da P. Alessandro Sacchi.
- Università degli studi di Torino – Corso di Letteratura cristiana antica – Prof.essa Clementina Mazzucco.
- Fr. Dante Androli, OSM, docente di esegesi alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum – Roma
- Università degli studi La Sapienza di Roma – Corso di Storia del Cristianesimo e delle Chiese – Prof.essa Emanuela Prinzivalli.
- Biblia, Associazione laica di cultura biblica – Settimello (Fi)


lunedì 2 aprile 2012

Domenica 8 aprile 2012 - Resurrezione del Signore

Vangelo della notte del Sabato. Mc 16, 1-7

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto»».

 

Vangelo del giorno di Pasqua. Gv 20, 1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Per leggere l'esegesi del brano di Gv 20,1-9 si rimanda a Domenica 24 aprile 2011. Qui di seguito si riporta l'esegesi del brano Mc 16,1-7, vangelo della veglia del sabato.

 

Il brano in questione è uno dei tanti esempi del modo complesso ed affascinante di scrivere di Marco: ogni frase, ogni parola, racchiudono significati teologici profondi e talora sorpendenti che si possono cogliere appieno solo esaminando il testo greco originale.

Scrive(1) l'evangelista: "Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo". Marco nomina le tre donne che formavano il gruppo che aveva assistito alla morte di Gesù (Mc 15,40-41); di queste Maria di Magdala aveva visto dove Gesù era stato deposto (Mc 15,47).

Marco inizia il racconto della risurrezione con un atto di accusa "passato il sabato": la comunità di Gesù non ha ancora accolto la novità che lui ha portato. Gesù ha sempre ignorato, o meglio ridimensionato, la legge del sabato (Mc 2,27-28)(2), e con questo si è procurato l'odio mortale da parte dei dirigenti religiosi e civili. Già al capitolo 3 del vangelo di Marco Gesù trasgredisce la legge del sabato curando l'uomo col braccio atrofizzato (Mc 3,1-6).

Nel pensiero ebraico del I secolo, il riposo del sabato non era un comandamento uguale agli altri, ma era il comandamento per eccellenza, era il comandamento che anche Dio osservava, per cui l'osservanza del sabato equivaleva all'osservanza di tutta la legge, la trasgressione del sabato equivaleva alla trasgressione di tutta la legge e per questo era prevista la pena di morte.

Gesù ha ignorato sempre il sabato perché Gesù ignora la legge. Nei vangeli la legge viene sempre invocata dalle autorità religiose a difesa dei propri privilegi e del proprio prestigio; è strano, ma non è citata una sola volta in cui la legge è invocata a favore del popolo, segno evidente che c'è qualcosa che non va.

Per questo Gesù ha preso le distanze dalla legge: lui inaugura un nuovo rapporto con Dio che non è più basato sulla legge, ma sull'amore, perché il Dio di Gesù è amore e l'amore non può essere imposto attraverso delle leggi, l'amore può essere espresso soltanto attraverso opere che comunicano vita.

Purtroppo non è facile liberarsi dalla legge: quando per tutta la vita si è stati educati a rispettare, venerare e osservare la legge, chi ha il coraggio di trasgredirla? Morto Gesù, la comunità si sente ancora sotto la dipendenza della legge e per questo le donne, invece di andare subito al sepolcro, hanno aspettato che passasse il sabato e per colpa loro noi oggi celebriamo la Pasqua con circa due giorni di ritardo(3).

L'accusa dell'evangelista fa capire quanto è difficile liberarsi dalla religione, anche perché questa religione non è stata offerta, ma è stata imposta con la paura del castigo.

L'azione delle donne comunque è inutile, perché Gesù è già stato unto per la sua sepoltura: poco prima della sua cattura, a Betania una donna anonima aveva unto il capo di Gesù con un profumo di grande valore. E Gesù aveva detto "Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura." (Mc 14,3-9): era il profumo della vita più forte della morte.

Mentre l'effetto della morte è il fetore della putrefazione, l'effetto della vita è il profumo che inonda tutta la casa. Questa è l'unica azione che Gesù chiede espressamente che venga fatta conoscere a tutti: "In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto»." (Mc 14,9).

L'annunzio del vangelo, della buona notizia, è che la vita è più forte della morte, che la morte non interrompe la vita. Questa è la Buona Notizia che gli uomini attendono perché la morte fisica l'abbiamo tutti nel nostro orizzonte, con essa Gesù non libera dalla paura della morte, Gesù libera dalla morte stessa.

"Di buon mattino, il primo giorno della settimana…"; nel testo greco c'è l'espressione "l'uno dopo il sabato". Marco non scrive "il primo della settimana‟, ma si rifà al libro della Genesi (Gen 1,5), al racconto della creazione dove, appena creata la luce, scrive l'autore, "e fu sera e fu mattina, giorno uno".

Quindi l'evangelista indica nel momento della scoperta della risurrezione di Gesù, il giorno uno, quello della nuova e definitiva creazione. Marco vuole dire: questa è la creazione realizzata da Dio, non un uomo che finisce la sua esistenza con la morte, ma un uomo che, come Dio, ha una vita capace di superare la morte.

"…vennero al sepolcro al levare del sole": "levato il sole‟ è l'espressione che Marco ha adoperato nella parabola dei quattro terreni (Mc 4,1-9). E' la parabola nella quale Gesù indica quali saranno gli effetti del suo messaggio: il seminatore semina, una parte del seme finisce sulla strada e vengono gli uccelli che la portano via; Gesù, spiegando lui stesso la parabola, dice che questo accade a quanti sono vittime del satana, che nei vangeli rappresenta il potere, ormai completamente refrattari al messaggio di Gesù. Quanti aspirano al potere e quanti ne sono sottomessi, vedono nel messaggio di Gesù un attentato al loro potere o alla loro ambizione o alla loro sicurezza.

Altri hanno colto il messaggio di Gesù; sono quelli per i quali il seme cade, cerca di mettere radici ma, essendo il terreno roccioso, "appena levato il sole" (quindi la stessa espressione), la pianta secca. Il sole, pur essendo fonte di vita per la pianta, in questo caso invece ha un effetto micidiale: secca la pianta. La colpa non è del sole, la colpa è della pianta che non ha messo radici profonde.

Questa è la situazione delle donne; Gesù ha sempre ignorato il sabato, Gesù ha sempre detto che il rapporto con Dio non è basato sull'obbedienza alla sua legge, ma sull'accoglienza del suo amore, ma le donne non sono riuscite a tramutare questo insegnamento in azione: il messaggio di Gesù non ha messo radici in loro.

"Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?»". La preoccupazione delle donne è questa pietra che impedisce la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

C'è una espressione popolare che deriva dagli usi funerari antichi e che adoperiamo nel nostro linguaggio comune, quando diciamo "mettiamoci una pietra sopra". Si rifà proprio alle usanze funerarie ebraiche; i morti venivano seppelliti in una grotta, in una caverna, e sopra veniva posta una pietra. La pietra interrompeva radicalmente e definitivamente il rapporto con il defunto che ormai apparteneva al regno dei morti e quindi stava dall'altra parte. Significava qualcosa che definitivamente e in maniera irrimediabile si era conclusa.

"Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.". Abbiamo detto che era al mattino presto, al levar del sole; è la luce del nuovo giorno, il nuovo e definitivo giorno in cui è stata ricreata la luce che incomincia ad illuminare le donne che, finalmente, "osservarono" – l'evangelista non dice che vedono, dice che osservano, cominciano ad accorgersi alzando lo sguardo – che la pietra non chiudeva più il sepolcro. La costruzione della frase da parte di Marco fa capire che la pietra non aveva potuto trattenere Gesù che aveva continuato la sua vita immediatamente dopo la morte fisica, senza soluzione di continuità.

Notate la finezza dell'evangelista, cosa importante perché ne va anche della nostra situazione personale, del nostro rapporto con la persona cara che è passata attraverso la morte: fintanto che le donne erano preoccupate per la pietra, che, come abbiamo visto, era molto grande, non sapevano come fare; ma quando cominciano ad alzare lo sguardo, e quindi non guardare più a sé stessi, ma ad ampliare il proprio orizzonte, si accorgono che il motivo della preoccupazione era inesistente.

La finezza psicologica di Marco è straordinaria. Fintanto che guardano alle proprie preoccupazioni, non si accorgono della realtà. Alzando lo sguardo, si accorgono che il motivo che tanto le preoccupava non esisteva. E' una finezza psicologica incredibile: fintanto che siamo centrati sui nostri problemi, sulle nostre preoccupazioni e sulle nostre angosce, e non alziamo lo sguardo, non vediamo che questo problema, questa preoccupazione, quest'angoscia era inesistente.

La pietra, per quanto grande – e l'evangelista sottolinea che la pietra era molto grande – non può impedire alla potenza della vita di manifestarsi. La morte non è una condizione definitiva e non interrompe la vita.

"Entrate nel sepolcro…" ecco finalmente cominciano a vedere e trovano "…un giovane", lo stesso personaggio presente all'arresto di Gesù (Mc 14,51-52). Da notare che il termine greco per indicare questo giovanetto appare nel vangelo di Marco unicamente in questi due episodi, e non a caso(4).

"…seduto sulla destra…" di cosa? Marco non lo dice perché si rifà alle parole di Gesù quando, di fronte al sommo sacerdote, aveva detto (Mc 14,62): "vedrete il Figlio dell'Uomo seduto alla destra della Potenza venire sulle nubi del cielo", che era una citazione di Sal 110,1, nel quale Dio si rivolgeva al Messia dicendo "siedi alla mia destra".

L'evangelista si rifà al cerimoniale dell'epoca in cui, accanto all'imperatore o al re, alla loro destra, sedeva colui che deteneva il suo stesso potere cioè il vicerè oppure l'erede designato. Allora questo "seduto alla destra", che appare al momento della risurrezione, è una denuncia che l'evangelista fa alle autorità religiose: quell'uomo che voi avete accusato come criminale e avete assassinato come un bestemmiatore, in realtà aveva la condizione divina. Questo giovane che siede alla destra, rappresenta Gesù nel pieno della sua condizione divina.

All'arresto di Gesù questo giovane era rivestito di un telo funerario; dopo la cattura lascia il telo funerario, simbolo della sua morte in mano ai catturatori, e fugge nudo, ma non rimane a lungo nudo: "vestito d'una veste bianca…"; nel testo originale greco il verbo usato è "rivestire" e tale verbo appare al momento della cattura e qui. L'evangelista vuole dirci: "attenzione che è lo stesso personaggio!".

La veste bianca è l'abito dei risorti; attraverso questo giovanetto, l'evangelista vuol far comprendere l'esperienza del Cristo risuscitato fatta della comunità cristiana di Marco.

"…ed ebbero paura": le donne però si stupiscono e sono sconvolte(5).

Le donne entrano nel sepolcro ma non trovano un morto, trovano un vivente e lo trovano nel massimo dello splendore della condizione divina, cioè seduto alla destra e rivestito perchè la morte non lascia nudi. La morte permette di essere rivestiti della tunica bianca che è il colore della risurrezione, lo stesso colore che era apparso al momento della trasfigurazione. Quindi la morte non lascia l'uomo nella situazione di prima, ma lo riveste di una condizione e di una situazione nuova immensamente più grande di quella conosciuta.

"Ma egli disse loro: «Non abbiate paura!...". Non è un invito, ma un ordine. "…Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto.".

Le donne si erano sbagliate, cercavano il cadavere del Nazareno, e invece trovano un vivo. Cercavano il cadavere del crocifisso e invece trovano un vivo.

Ma guardiamo l'accusa che fa questo giovanetto: "Voi cercate Gesù Nazareno", cioè voi cercate il terrorista, il rivoltoso. "Nazareno‟ indica il luogo dì origine di Gesù, Nazaret in Galilea; la Galilea era la regione a nord, abitata dai poveri ed era in continua sommossa, e Nazaret in particolare era uno dei principali covi di questi nazionalisti. Dire che Gesù era un galileo significa che era un rivoltoso; dire che Gesù era un Nazareno, significa che era un ribelle. Allora la frase diviene "voi cercate il ribelle giustiziato?" Ed ecco ancora l'accusa "cercate il crocifisso?"

Secondo la legislazione giudaica Gesù doveva essere lapidato; secondo il diritto romano, Gesù doveva essere decapitato. Per ucciderlo non hanno scelto il modo tradizionale di eseguire le condanne capitali, ma la croce che era una tortura lenta, atroce, riservata alla feccia della società. Gesù non è stato lapidato e non è stato decapitato perché questa morte sarebbe stata troppo facile. Non bastava lapidarlo, ne avrebbero creato un martire; non bastava decapitarlo, avrebbero suscitato un eroe contro i romani. I sommi sacerdoti, gli scribi (loro sì che se ne intendono, che conoscono la scrittura!) hanno cercato per Gesù una morte talmente infamante che mettesse fine ad ogni dubbio: quest'uomo non solo non viene da Dio, ma è un maledetto da Dio (Dt 22,23). Come avete potuto credere a quest'uomo? Un uomo che ha detto che era sbagliata la legge di Dio! Ma questo è un pazzo, un bestemmiatore! Ma come potete aver seguito quest'uomo che dice di essere Figlio di Dio? Questo è il figlio di Belzebù, è uno stregone. Hanno scelto, in maniera perfida, veramente diabolica, la pena, la tortura, che era riservata, secondo il libro del Deuteronomio, a quelli che Dio ha rifiutato, ha maledetto.

Ecco, ecco che fine ha fatto il vostro Gesù! Guardate che fine ha fatto, è crocifisso, maledetto da Dio! Quindi non è vero quello che diceva. Mica oserete mettere in dubbio la Bibbia! La Bibbia dice che chiunque è appeso al legno è un maledetto. Vedete che non era vero che quest'uomo era Figlio di Dio, ma era maledetto da Dio!

Questo giovanetto, che è Gesù, li rimprovera: "chi cercate, il ribelle? Chi cercate, il crocifisso?" "È risorto, non è qui". Il sepolcro non è il luogo per i risorti. Questo nei vangeli è talmente chiaro, in tutti i vangeli, che non si capisce come poi con lo sviluppo del cristianesimo, sia venuto il culto dei morti, il culto dei cimiteri, che è completamente estraneo all'annuncio del Vangelo. Nel vangelo di Luca, addirittura, quando le donne cercano di andare al sepolcro, si trovano la strada sbarrata da due individui che dicono "cosa fate? Perché cercate tra i morti chi è vivo?". Decidetevi, o è morto, e allora accomodatevi al sepolcro. O è vivo, allora dietro-front; andate, continuate sempre con lui.

Gesù lo dice molto chiaramente, "Dio non è il Dio dei morti, è il Dio dei vivi". Il Dio di Gesù non risuscita i morti, il Dio di Gesù comunica ai vivi la vita di una qualità che è la sua, e che è capace di superare la morte. I nostri cari non hanno fatto esperienza della morte, ma continuano la loro esistenza.

Questo è l'annuncio che ci dà l'evangelista. Il loro omaggio, gli aromi con cui volevano ungere Gesù, è completamente inutile. Erano oli per un morto, ma Gesù non è nel sepolcro. Il luogo della morte non può trattenere colui che è vivente.

"Ma andate,…" Quindi Gesù stesso, il giovanetto, invita ad un dietro-front. L'orientamento della comunità cristiana non è il sepolcro, ma è il mondo, dove c'è la vita.

"…dite ai suoi discepoli e a Pietro..." è strano, come mai Simone è separato dai discepoli e viene chiamato Pietro (unica volta in cui Gesù si riferisce a Simone con il suo soprannome negativo)? Perché è il discepolo che ha rinnegato completamente il suo maestro e non fa più parte dei suoi discepoli.

Gesù può essere abbandonato dai discepoli, può essere tradito da Pietro, ma non abbandona nessuno. Gesù è l'amore fedele che può essere tradito, ma mai tradisce i suoi. Quindi recupera anche il traditore che ha detto di non avere nulla a che fare con lui.

"…«Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto»". Il giovane, che è Gesù, incarica le donne di andare dai discepoli e da Pietro, ma non le incarica di annunciare quello che hanno visto. E' strano. Avrebbe potuto dire: "andate a dire loro che il sepolcro è vuoto". Non è questo l'incarico.

La fede nella risurrezione non ha come fondamento un sepolcro vuoto, oppure un annuncio o una proclamazione, ma solo ed esclusivamente l'esperienza dell'incontro con il Cristo risuscitato. Non si può credere che Cristo è risuscitato perché il sepolcro è vuoto; che il Cristo è risuscitato lo si può credere soltanto per un incontro personale. Ecco perché dice "Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete". E per vedere Gesù, per prima cosa bisogna abbandonare Gerusalemme. Chi rimane all'interno dell'istituzione religiosa, che è il mondo delle tenebre, non può scorgere la luce. Chi rimane sottomesso a un mondo dominato dalla morte, non può fare l'esperienza della vita, per cui se si vuol fare l'esperienza del Cristo risorto bisogna, senza indugio, abbandonare Gerusalemme, il luogo della morte.

"Egli vi precede in Galilea". La Galilea è il luogo dove Gesù ha iniziato la sua attività, dove Gesù ha proclamato il suo messaggio. Nel testo greco questo andare in Galilea è un verbo dinamico di movimento e non significa naturalmente "andare fisicamente‟ in questa regione del nord, ma "vivete il suo messaggio‟.

"Là lo vedrete". Il verbo greco "vedere‟ che ha adoperato l'evangelista non indica una vista fisica, ma una profonda esperienza interiore. Non sono visioni quelle che Gesù annuncia e garantisce, ma una profonda esperienza interiore. E questo è valido per sempre. Non si può credere che Gesù è risuscitato fintanto che non lo si sperimenta nella propria esistenza.

Quando si accoglie il messaggio di Gesù, interiormente, e lo si traduce in comportamenti d'amore e di servizio, di condivisione verso gli altri, si sperimenta dentro di sé una potenza infinita, crescente, si sperimenta dentro di sé un'energia vitale che ci fa percepire in maniera inconfondibile che il Cristo è vivo, perché noi siamo vivi.

Quando noi innalziamo la soglia del nostro amore, mettiamo la nostra vita in sintonia con quella di Dio, la nostra vita e quella di Dio si legano, e da quel momento non ci sono più dubbi, da quel momento non si crede in un avvenimento, lo si sperimenta! E la vita cambia completamente.

Quindi l'annuncio del giovane, che rappresenta Gesù, dice "Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete". La morte di Gesù non ha posto fine alla sua missione, al contrario: Gesù iniziò in Galilea la sua attività e in Galilea i discepoli devono continuare la loro. E' come se Gesù dicesse: "Allontanatevi dall‟istituzione religiosa, non andate a dare il messaggio ai sommi sacerdoti, agli scribi, ai farisei!".

Dirà Gesù in un altro vangelo "non date le cose sante ai cani". Alle persone religiose questo messaggio non solo non interessa, ma li disturba. "Andate in Galilea", la Galilea era la regione degli esclusi da Dio, era la regione della gente semi-pagana. E' a loro che bisogna portare la Buona Notizia, a quelli che la religione ha considerato esclusi, è là che bisogna seminare. E non fra quelli che si ritengono al primo posto nel regno dei cieli!

Quindi l'ordine, il mandato è chiaro. Andate e annunziate là in Galilea, ciò che Gesù aveva detto e che qui conferma, "quando sarò morto vi precederò in Galilea", e quindi là hanno la possibilità di fare questa esperienza.

Ma ecco la finale stupefacente, drammatica, di questo Vangelo, incredibilmente(6) non compresa nel brano liturgico: "E, uscite, fuggirono dal sepolcro tremanti e fuori di sé e non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura".

Questo è la descrizione di un fallimento, perché neanche i seguaci di Gesù fino all'ultimo hanno creduto in lui; anzi, la comunità di Gesù addirittura lo boicotta, boicotta il suo messaggio, tanta è la delusione della sua morte. Quindi fuggono dal sepolcro, non vanno dai discepoli, non vanno da Pietro, non recano l'annuncio di andare in Galilea e non dicono nulla a nessuno. Perché l'incontro con il giovanetto, che è la figura del Cristo risorto, è una grandissima delusione. E' il crollo di ogni speranza, è il crollo di ogni sogno. Nel vangelo di Luca, quando Gesù incontra i due discepoli a Emmaus, vi è il racconto accorato della loro delusione: "noi speravamo che fosse lui, e invece è morto" (Lc 24,21) perché se Gesù è morto, si vede che non era il Messia.

Per la tradizione ebraica il Messia non poteva morire, quindi, paradossalmente, i discepoli erano più contenti che Gesù fosse morto, che ritrovarselo vivo. Perché se era morto, significa "vabbè, pazienza, ma adesso Dio susciterà senz'altro un altro Messia che finalmente restaurerà il regno di Davide, finalmente imporrà la legge, finalmente dominerà i pagani"; perché era questo che loro attendevano.

Se Gesù è vivo, è la fine dei sogni di restaurazione della monarchia di Davide, è la fine dei sogni illusori di Israele di essere il popolo eletto; ma soprattutto, caspita, Gesù è vivo, ma attraverso cos'è passato! Che razza di morte, che razza di condanna!

Le donne erano andate a rendere omaggio a un Messia sconfitto, come hanno detto i discepoli di Emmaus "noi speravamo che fosse lui a liberare Israele". Gesù era morto, ma Dio avrebbe suscitato senz'altro un Messia più potente a liberare Israele. Invece Gesù è vivo. Il fatto che Gesù è vivo non produce gioia, ma produce una grande delusione. La sua risurrezione significa che non c'è da aspettarsi un altro Messia.

I sogni di gloria sono definitivamente scomparsi. Non ci sarà la restaurazione della monarchia, né la vendetta sui romani, né il dominio sugli altri popoli. Nulla di tutto questo. Troppo duro da accettare, meglio non dire niente a nessuno. Questa è la finale drammatica, sconvolgente del vangelo di Marco. Ecco perché questa finale scandalizzava, e per questo nel II secolo sono state aggiunge ben tre finali diverse.

Quella che attualmente abbiamo non appartiene al vangelo di Marco, quindi non ha la sua levatura letteraria né la sua ricchezza spirituale, però è il frutto dell'esperienza della comunità cristiana che, vuoi o non vuoi, ha fatto i conti con questo Gesù risorto e lo ha finalmente accettato.

 

Note: 1. L'esegesi che segue è stata liberamente tratta dalla conferenza "Alberi che camminano" tenuta da padre Alberto Maggi presso la Cittadella di Assisi dal 4 al 6 settembre 2009. – 2. "E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato»". – 3. Vi siete mai chiesti per quale motivo Gesù ha mangiato la Pasqua il giovedì sera invece che il venerdì sera come era la norma dettata dal Tempio? Il motivo più probabile è che Gesù non seguiva il calendario lunare del Tempio, ma quello misto lunare-solare di origine babilionese in uso durante la dominazione persiana. Da notare che i romani usavano il calendario solare cesareo, per cui non doveva essere semplice dare un appuntamento nel I secolo in Palestina. – 4. Gli evangelisti sono dei grandi letterati e scrivono secondo le regole letterarie dell'epoca indicate dal grande Rabbi Hillel, le Tredici Regole per la Scrittura. Una di queste regole dice: quando vuoi mettere in relazione due episodi, due verità, devi adoperare uno stesso termine soltanto in questi due episodi. E' quello che gli evangelisti fanno. Nei vangeli certi episodi sono collegati dalla presenza, soltanto in questi episodi, di un termine che non compare più negli altri capitoli. E' il caso del termine "giovinetto‟: in entrambi gli episodi presi in considerazione si trova lo stesso identico giovanetto, quello che era fuggito nudo. – 5. Il fatto che Gesù continui ad essere vivo, come si vedrà più avanti, non sarà un annunzio piacevole, ma anzi getterà nel panico e nella delusione la sua comunità. – 6. Forse, ripensandoci bene, la cosa non è poi così incredibile: il liturgista non ha inserito nel brano liturgico questa parte per non costringere il celebrante a spiegare nell'omelia il rifiuto della risurrezione da parte dei seguaci di Gesù o, peggio ancora, a tacerlo. Evidentemente la Chiesa considera ancora oggi i fedeli come bambini da non scandalizzare, come persone da proteggere dalla verità dell'evento Gesù.