1.
Premessa
Parlare
di sacramento del matrimonio in ambito cattolico significa affrontare una
questione spinosa. Questo sacramento è il più “giovane” in quanto è stato
formalmente istituito e ne è stata data una opportuna veste liturgica circa
sedici secoli dopo la nascita di Gesù, nel Concilio di Trento (1545 – 1563).
Bisogna dire, però, che i teologi ne discutevano da un paio di secoli circa.
Viene
da sorridere se si pensa alla indignazione provocata dalla recente legge che
formalizza le unioni civili a fronte del fatto di aver lasciato per quasi
sedici secoli una larga parte della popolazione europea a creare coppie di
fatto (almeno a livello religioso) se si voleva mettere su famiglia.
Per
comprendere il significato di questo sacramento è necessario prima di tutto
seguire l’istituzione del matrimonio naturale nell’AT, valutarne il suo
significato e poi seguirne le vicissitudini nella nascente Chiesa occidentale
che diventerà, nel 1054, Chiesa Cattolica.
2.
Storia ed evoluzione del matrimonio naturale
L’unione
volontaria di due persone che decidono di percorrere la vita insieme è
l’istituzione sociale primaria, la cellula su cui si fonda la società umana. Il
più antico testo scritto in merito è una parte del secondo capitolo della
Genesi:
“Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio
fare un aiuto che gli sia simile». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni
sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse
all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse
chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così
l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte
le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora
il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse
una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con
la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora
l’uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo
abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una
sola carne”(1)
In estrema sintesi, questo brano
rappresenta l’istituzione, da parte di Dio, dell’unione uomo-donna, cioè del
matrimonio naturale. Da notare quale è il primo e principale scopo del
matrimonio: il reciproco aiuto.
La descrizione
della nascita di Eva mostra la tendenza a considerare la donna inferiore
all’uomo in quanto derivante da lui.
Ben quattro secoli dopo, durante la
prigionia in Babilonia, la casta sacerdotale riscrive la storia della creazione
alla luce di nuove considerazioni teologiche, nate soprattutto dallo stato di
disperazione di Israele; il matrimonio naturale risulta più definito:
“E Dio disse: «Facciamo l’uomo a
nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli
uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i
rettili che strisciano sulla terra». Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine
di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra(2); soggiogatela
e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere
vivente, che striscia sulla terra».”(3)
In questo brano è evidente la parità
fra i due sessi e compare anche l’altro scopo dell’unione uomo-donna: la procreazione.
Notare come tra la definizione dei due scopi trascorrano quasi quattro secoli
il che fa considerare una scala di priorità in cui primario è lo scopo del
reciproco aiuto e successivo quello della procreazione, cosa che, dal punto di
vista umano è ineccepibile; infatti la procreazione non può giungere a buon
fine, una nuova vita non può essere accolta degnamente, se nel nucleo familiare
non si è instaurata una condizione di sostegno reciproco tra uomo e donna.
Scorre un altro secolo circa e, tra
il V ed il IV secolo a.C., viene redatto il Cantico dei Cantici, uno dei più
bei libri della Bibbia, sia dal punto di vista letterario che da quello
teologico; esso usa la descrizione dell’amore coniugale per dare un esempio
dell’amore di Dio per l’uomo, sulla scia di quello che aveva fatto il profeta
Osea nell’VIII secolo a.C.
La
descrizione che segue dimostra a quale livello di tenerezza e di importanza era
arrivato in quel periodo l’amore coniugale: (4)
“Come sei bella, amica mia, come
sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe, dietro il tuo velo. Le tue chiome sono
un gregge di capre, che scendono dalle pendici del Gàlaad. I tuoi denti come un
gregge di pecore tosate, che risalgono dal bagno; tutte procedono appaiate, e
nessuna è senza compagna.
Come un nastro di
porpora le tue labbra e la tua bocca è soffusa di grazia; come spicchio di
melagrana la tua gota attraverso il tuo velo.
Come la torre di Davide
il tuo collo, costruita a guisa di fortezza. Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di
prodi.
I tuoi seni sono come
due cerbiatti, gemelli di una gazzella, che pascolano fra i gigli.
Prima che spiri la
brezza del giorno e si allunghino le ombre, me ne andrò al monte della mirra e
alla collina dell’incenso(5).
Tutta bella tu sei,
amica mia, in te nessuna macchia. Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal
Libano, vieni! Osserva dalla cima dell’Amana, dalla cima del Senìr e
dell’Ermon, dalle tane dei leoni, dai monti dei leopardi. Tu mi hai rapito il
cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana! Quanto sono soavi le tue carezze, sorella
mia(6), sposa, quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L’odore dei tuoi profumi sorpassa
tutti gli aromi. Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa, c’è miele e
latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come il profumo del
Libano.
Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata. I tuoi germogli sono un
giardino di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro con nardo,
nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo con ogni specie d’alberi da incenso;
mirra e aloe con tutti i migliori aromi. Fontana che irrora i giardini, pozzo
d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano…
… Il tuo palato è come
vino squisito, che scorre dritto verso il mio diletto e fluisce sulle labbra e
sui denti! Io sono per il mio
diletto
e la sua brama è verso di me. Vieni, mio diletto, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi.
Di buon mattino andremo
alle vigne; vedremo se mette gemme la vite, se sbocciano i fiori,
se fioriscono i
melograni: là ti darò le mie carezze!(7)
Le mandragore mandano
profumo; alle nostre porte c’è ogni specie di frutti squisiti, freschi e
secchi; mio diletto, li ho serbati per te.
Questa descrizione idilliaca, di un
erotismo dolce e delicato, mostra come, nella comunità ebraica del V secolo, la
donna aveva un riconoscimento notevole, per quei tempi; alla donna era
riconosciuta una parità nell’amore sponsale che la nostra civiltà inizierà a
conoscere solo nel XX secolo.
Tale
situazione, però, dura solo poco più di due secoli; il riformatore Esra, a metà
del V secolo a.C., istituisce in Israele la Magna Congregazione con il compito
di studiare ed approfondire la Legge (Torah).
Questo primo
gruppo di saggi è il precursore degli scriba presenti all’epoca di Gesù; il
loro lavoro di approfondimento, per alcuni versi prezioso, nella seconda metà
del secondo secolo a.C. degenera progressivamente in un fondamentalismo
religioso(8) che si esprime soprattutto nell’inasprimento dei
precetti (in numero e in rigore) e nella concezione di purità cultuale
come forma rigorosa di vita. L’espressione più vistosa di questo
fondamentalismo sarà il movimento dei farisei.
Le persone
che subiscono maggiormente le conseguenze di questo inasprimento sono le donne
che, pur non godendo già prima parità con l’uomo, vedono scendere molto il loro
valore anche nei confronti della Legge, la cui conoscenza viene loro, in buona
sostanza, vietata(9).
Anche il
matrimonio viene regolato da indicazioni rigorose: sposarsi diviene un obbligo
religioso, occorre farlo all’età di 18 – 20 anni per l’uomo(10) (in
casi eccezionali a 22 anni) e 12 (massimo 12 anni e mezzo) per la donna(11),
in pratica poco prima di divenire fertile per la procreazione.
Nel
matrimonio la donna perde ogni diritto: la podestà sulla donna passa dal padre
al marito; è solo il marito che genera i figli, la donna è solo “un vaso” nel
quale i figli generati dal marito si sviluppano fino alla nascita.
Il divorzio,
o meglio il ripudio, è generalmente praticato, spesso per futili motivi,
(esclusivamente dal marito in quanto il ripudio da parte della moglie era solo
teorico), anche se il Talmud, pur ammettendolo, lo sconsigliava(12).
L’arrivo di Gesù in
questo mondo così “inamidato” fa l’effetto di una bomba. Anche sul matrimonio
le indicazioni di Gesù contrastano in maniera stridente con la mentalità
dell’epoca:
”Partito di là, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano.
La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l’ammaestrava, come era solito
fare. E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «È
lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?». Ma egli rispose loro: «Che
cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di
ripudio e di rimandarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore
egli scrisse per voi questa norma. Ma all’inizio della creazione Dio li creò
maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due
saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo
dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». Rientrati a casa, i discepoli lo
interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: «Chi ripudia la
propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la
donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»”(13).
Con queste parole, che
sono riportate da Marco, Gesù attribuisce al matrimonio, in contrasto con la
Torah, la caratteristica della indissolubilità; parole che potrebbero essere
interpretate alla luce delle forme verbali semitiche del tempo, il che mitigherebbe
notevolmente la radicalità dell’affermazione(14).
L’indissolubilità
è la risposta radicale di Gesù alle dispute in corso in quegli anni sulle
motivazioni che rendevano lecito il ripudio. Vi era una scuola rabbinica,
guidata dal rabbino Hillel(15), che considerava sufficiente per
ripudiare la moglie il semplice atto di bruciare il pasto; una seconda scuola,
guidata da Shammai(16), era invece favorevole ad una motivazione
grave, per esempio l’adulterio. Cristo si inserisce in questa disputa eliminando,
come al solito, la Legge di Mosè che era ingiusta nei confronti della donna, e
invitando a ragionare sul significato profondo dell’unione uomo-donna e sulle
gravi conseguenze connesse all’atto del ripudio.
Esiste un’altra
versione di questo episodio redatta da Matteo qualche anno dopo:
“Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e
andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. E lo seguì molta folla
e colà egli guarì i malati.
Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla
prova e gli chiesero: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per
qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da
principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così
che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto,
l’uomo non lo separi». Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di
darle l’atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro Gesù: «Per la durezza
del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da
principio non fu così. Perciò io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie,
se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio»”(17).
Note: 1. Gn 2,18–24. Periodo presumibile di scrittura: X sec. a.C. – 2. Queste parole, che hanno
creato e creano grandi problematiche morali, meriterebbero un approfondimento
consistente che non è possibile fare in questa sede. – 3. Gn 1,27–28. Periodo
presumibile di scrittura: VI sec. a.C. Il fatto che nella Genesi, come negli
altri libri del Pentateuco, capitoli più giovani possano trovarsi prima di
capitoli scritti nei secoli precedenti, è dovuto all’assemblaggio che Esra fece
nel V secolo a. C. tra vari documenti di cui disponeva la teologia ebraica. –
4. Ct 4,1–15. 7,10–14. Periodo
presumibile di scrittura: tra il V ed il IV sec. a C. – 5. Velata, poetica
allusione al rapporto sessuale. – 6. Questo modo di apostrofare la sposa non
deve pensare ad un incesto, molto raro in Israele nonostante le tradizioni
egiziane acquisite nei secoli, ma è solo un affettuoso sottolineare il rapporto
di affetto che lega sposo e sposa. – 7. Il confronto con la campagna e
l’abbondanza dei frutti sottolinea la speranza di una grande fecondità
procreativa. – 8. La formazione di teorie fondamentaliste fu favorita, come
sempre in questi casi, dalla persecuzione religiosa in atto in quei tempi da
parte degli occupanti di origine e cultura greca che volevano cancellare la religione
ebraica. – 9. Sota. B. 19a: “Le parole
della Torà vengano distrutte dal fuoco piuttosto che essere insegnate alle
donne”. – 10. Talmud, Qid. B , 29b.: “Fino a vent’anni il Santo, che benedetto sia, vigila a che l’uomo si
sposi, e lo maledice se manca di farlo entro quell’età”. – 11. Talmud, Nidda M. 6,11. – 12. Bisogna però dire che
nella Bibbia tradotta in greco, nel Libro dei Proverbi, è scritto: “Chi tiene la moglie adultera è uno stolto e
un empio”, (Pr 18,22 LXX). – 13. Mc
10, 1 –12. Periodo presumibile di scrittura: tra il 45 ed il 60 d.C. -
datazione Robinson. – 14. Nella cultura semitica, quando si vuole sottolineare
l’importanza di una affermazione, si usa estremizzarla. Un esempio eclatante di
questa usanza si ha nel vangelo di Matteo (10,37) che nel testo originale suona
così: “Chi non odia suo padre e sua madre
non è degno di me”. Gesù non sta istigando all’odio, sta sottolineando una
scala di valori in cui lui deve essere inserito al primo posto. Correttamente
la traduzione attuale è “Chi ama il padre
o la madre più di me non è degno di me” che è il significato reale delle
parole di Gesù. – 15. Hillel
(vissuto a cavallo tra il I sec. a.C. ed il I sec. d.C.) fu un rabbino ebreo,
primo dei tannaim, i Maestri della Mishnah, che visse a Gerusalemme al tempo di
Erode il Grande. – 16. Shammai
(circa 50 a.C. – circa 30 d.C.) fu rabbino della Mishnah, Tannà, ed Av Beit
Din, vice nel Sinedrio. – 17. Mt 19, 1-9.
Periodo presumibile di scrittura: dopo il 60 d.C. - datazione Robinson.
(segue la domenica successiva)