XXVII Domenica del
Tempo Ordinario – Lc 17,5-10
Gli
apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose:
«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso:
«Sràdicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe.
Chi di
voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra
dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? Non gli dirà piuttosto: «Prepara
da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto,
e dopo mangerai e berrai tu»? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché
ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto
quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto
quanto dovevamo fare»».
I brani(1) che la liturgia ci
presenta devono sempre essere inseriti nel loro contesto, altrimenti il
significato ne può venire snaturato. Nel caso di questo brano, è necessario
conoscere come inizia il cap. 17 per comprenderne appieno il significato.
Gesù inizia con un monito molto severo verso
chi è causa di scandalo, dice che per lui sarebbe meglio se si mettesse una
pietra da mulino al collo e venisse gettato in mare. L’oggetto dello scandalo, (cioè
“il sasso che provoca inciampo”2), sono i piccoli ed il termine
greco adoperato dall’evangelista per piccoli è micron che significa “gli
ultimi, gli invisibili”, quelli che agli occhi di tutti non hanno alcuna
importanza.
Il motivo dello scandalo, che fa inciampare,
che fa cadere i piccoli, è la mancanza di perdono. Hanno sentito parlare del
gruppo di Gesù dove l’amore è l’unica legge, dove è presente il perdono
vicendevole, e invece vi trovano rancori e risentimenti come ovunque.
Gesù ha parole molto severe per “chi fa
inciampare gli ultimi”, gli ultimi della società che avevano pensato di trovare
nella comunità di Gesù un ideale di amore e di fraternità: “Attenti a voi”,
dice, “Se tuo fratello commette una colpa, rimproveralo, ma se si pentirà
perdonagli”; “E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te, e
sette volte ritornerà a te dicendo ‘sono pentito’, tu gli perdonerai”. Gesù
sta invitando i suoi ad assomigliare a Dio nel comportamento. Gesù aveva detto
già nel capitolo 6 di questo vangelo che il Padre è colui che ha un amore
incondizionato verso gli uomini, che ama pure gli ingrati e i malvagi. Gesù
propone ai suoi discepoli di arrivare a questo livello, avere un amore simile a
quello del padre, cioè un amore incondizionato e generatore di un perdono
illimitato.
Questo sembra troppo ai discepoli, che
infatti intervengono.
“Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci
in noi la fede!»”. Di fronte all’esigenza di Gesù di un amore
che sia simile a quello di Dio, loro non se ne sentono capaci e chiedono un
aiuto a Dio, chiedono di accrescere la fede.
Ma la fede non può essere aggiunta o
accresciuta da Dio perché la fede non viene data da Dio, ma è la risposta al
dono d’amore che Dio fa a tutti. Come si vedrà poi in seguito nell’episodio dei
dieci lebbrosi, dove solo uno torna indietro; e solo di questo che torna
indietro a ringraziare per questo dono d’amore, Gesù parla di fede.
Quindi la fede non è un dono che Dio fa e
quindi può essere accresciuto da Dio, ma la fede è la risposta degli uomini al
dono d’amore che Dio fa. E questo dono d’amore richiede di essere manifestato
in una altrettanta offerta d’amore agli altri.
Ecco perché Gesù replica e dice: «Ma il
Signore dice: ‘Se aveste fede quanto un granello di senape …’»”, cioè il
chicco che è proverbialmente il più piccolo seme che si conosca, “«…
potreste dire a questo gelso»”, o sicomoro, “«Sradicati e piantati nel mare»”. Il
mare è il luogo dove Gesù aveva detto che doveva andare colui che è autore
dello scandalo, quello che fomenta lo scandalo: la parola di Gesù indica quindi
che questa difficoltà deve essere sradicata.
Proprio per questo invito ad essere figli
dell’Altissimo, Gesù continua con delle parole che sono in aperta
contraddizione con quanto lui in precedenza aveva affermato nel capitolo 12: in
quel capitolo, usando le stesse immagini, Gesù aveva parlato di un signore che
torna a casa a notte fonda, trovava i servi ancora in piedi e cosa fa? “Li
farà mettere a tavola, si cingerà le vesti e si metterà a servirli”.
Era l’immagine dell’eucaristia, dove il
Signore, a quelli che l’hanno accolto e con lui e come lui orientano la propria
vita per il bene degli altri, comunica la sua stessa energia, la sua stessa
capacità d’amore. Qui abbiamo tutto il contrario, mentre Gesù parla di un
signore che si cinge le vesti, qui il padrone dice al sevo “cingiti le vesti”,
atteggiamento di servizio.
Mentre Gesù aveva parlato di un Signore che
fa mettere i suoi a tavola, qui dice che è lui che si mette a tavola e, mentre
aveva detto che sarebbe passato a servirli, qui dice che lui ordina e comanda
“Servimi!”
Quanto sopra descritto è il comportamento
dettato dalla tradizione ed è manifestazione di profondo egoismo; per questo
Gesù continua “«Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito
gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è
stato ordinato …»”, ordinare è un verbo che richiama l’obbedienza alla
legge dell’Antico Testamento, “« … dite ‘Siamo servi inutili. Abbiamo fatto
quanto dovevamo fare’.»”
Se si continua per
la strada della tradizione e dell’egoismo si è servi inutili, la vita diviene
inutile. Gesù
vuole rendere i discepoli Figli di Dio, cioè liberi, ma questa libertà si ha
soltanto con un amore simile a quello del Padre. Gesù vuole portare i suoi
verso la nuova alleanza diversa da quella antica: da quella basata
sull’obbedienza alla legge del Signore a quella dell’accoglienza dell’amore del
Padre.
Per farlo bisogna innalzare la soglia del
proprio amore e, per fare questo, bisogna abbandonare quel rapporto
servo-Signore che era stato imposto da Mosè. Mosè, servo del Signore, aveva
imposto un’alleanza tra dei servi e il loro Signore, basata appunto
sull’obbedienza, in cui l’uomo era un servo.
Ma Gesù, il Figlio di Dio, propone
un’alleanza tra dei figli e il loro Padre, non più basata sull’obbedienza, ma
sull’accoglienza del suo amore. Se non lo faranno, rimarranno sempre nella
condizione di servi, di servi inutili.
Note: 1. L’esegesi che segue è
tratta liberamente da un’omeria presentata da P. Alberto Maggi OMS il giorno 3
ottobre 2010. – 2. Questo è il significato della parola greca tradotta in
italiano con “scandalo”.