V domenica Tempo Ordinario –
Mt 5, 13-16
In quel tempo, Gesù
disse ai suoi discepoli: Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il
sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere
gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del
mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende
una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a
tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli
uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro
che è nei cieli.
Gesù
è sul monte dove, da pochi minuti, ha finito di proclamare le beatitudini, la
nuova legge del cristiano che ha superato e fatto perdere di importanza il decalogo
di Mosè.
La
legge di Mosè era negativa(1), segnava dei divieti, considerava
l’uomo un essere senza volontà e senza capacità di autogestione.
La
nuova legge di Gesù è tutta in positivo, non vieta niente, non dice all’uomo
“non fare”, non impone niente, ma dice “ama e sarai felice, sarai beato”.
L’uomo, con Gesù, passa dalla condizione di suddito, di schiavo, di oppresso
dai divieti della legge, alla condizione di uomo libero, alla dignità di uomo,
alla gioia di essere figlio di Dio. Con le beatitudini Cristo ci ha liberati
dal peccato, che è, come dice Paolo, il primo frutto della legge mosaica (Rm
3,20; 1Cor 15,56).
L’uomo,
tornato a riprendere tutta la sua dignità, non può che fare partecipe della sua
gioia ogni fratello che incontra; diviene così il sale che dà sapore alla vita
resa triste dalla legge, la luce che illumina la casa, una luce che non deve
essere nascosta(2), come non si può nascondere una città posta su un
monte.
Il
cristiano, se abbraccia e mette in pratica le beatitudini, rende migliore il
mondo intorno a lui, lo rende “saporito”.
Non
è facile mettere in pratica le beatitudini: la gente, oggi, non si lascia
facilmente aiutare e chi ha operato nella caritas lo sa. Da una parte si
vergogna di chiedere e nel donare occorre rispettare questo desiderio di
dignità. Dall’altra ha timore di essere imbrogliata, tanto incomprensibile è
diventato l’atto di amore del dono e del sostegno. A tutto questo si aggiungono
i profittatori, coloro che chiedono non avendone bisogno.
Il
Concilio Vaticano II ha detto che i laici “sono soprattutto chiamati a rendere
presente e operosa la chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui
essa non può diventare sale della terra
se non per mezzo loro”(3).
Gesù, dicendo che i
suoi discepoli sono “il sale della terra
e la luce del mondo” assegna a tutti una grande dignità, ma anche una grande
responsabilità. Lo dice a tutta la chiesa “segno levato sulle nazioni,
sacramento, segno e strumento dell’intima unione con Dio e di unità di tutto il
genere umano”(4).
Quale grande fiducia
ha in noi il Signore. Se io guardo la mia vita mi accorgo che ci sono più
domande che risposte, più ombre che luci, più debolezze che sicurezze… come
faccio ad essere luce e gusto della vita per gli altri?
E’ vero che di mio
c’è molto poco: ma se credo a Gesù io sono il figlio che può dialogare con Dio
suo Padre, io sono fatto a immagine e somiglianza di Dio, io posso
rappresentare il volto di Cristo sulla terra.
Allora non posso
nascondere la sua luce, non chiudo in dispensa a doppia mandata il suo sale che
può dar gusto alla vita di tante persone. Il cristiano non porta se stesso,
quando lo fa porta solo le proprie miserie, ma è chiamato a portare Gesù.
Ci riuscirò allora
nella misura in cui io scompaio per lasciargli il posto in me. Io ho difficoltà
al perdono, ma Dio perdona me e tutti i miei fratelli. Io ho difficoltà ad
amare certe persone, ma Dio ama tutti e ciascuno in modo particolare. Io ho
difficoltà ad annunciare il Vangelo, ma se lo lascio parlare, Gesù riesce ad
arrivare ad ogni cuore magari servendosi anche delle mie povertà e dei miei
errori. Non perdiamoci d’animo: nonostante le nostre debolezze, ogni sforzo di
amore non va perduto ma a suo tempo produce il frutto desiderato da Dio per il
nostro bene e per quello dei fratelli.
Note: 1. La forma negativa del decalogo suona male ai nostri
orecchi, ma per la mentalità di allora suonava più o meno come la nostra
dichiarazione dei diritti dell’uomo e questo è dimostrato dall’assenza
dell’indicazione di castighi in corrispondenza di ogni divieto che invece è
presente nel codice di Hammurabi (XVIII secolo a.C.) e nelle sue versioni
successive. Se il decalogo fosse scritto ai nostri giorni si parlerebbe di
diritto alla vita, alla proprietà, all’onore, all’assistenza degli anziani ed
alla libertà di culto. Solo con il Deuteronomio (VII secolo a.C.) la legge
mosaica diventa legge con effetti giuridici e si ripartisce in un rivolo di
casi che comprendono tutti gli atti della vita di un uomo. - 2.
Nell’antichità il moggio era un mobiletto
a tre o quattro piedi. Nasconderla voleva dire metterla sotto: tutti sanno che
c’è, ne individuano il chiarore, ma non serve più ad illuminare. – 3. Lumen
Gantium n. 33 – 4. Lumen Gentium n. 1.