(segue da 2.
L’istituzione)
Si
inizia con tre versetti, i più difficili, i più complicati e soprattutto i più
polemici non solo del vangelo di Matteo ma di tutto il NT. I tre versetti che
hanno causato la grande divisione tra le varie confessioni cristiane.
Io
voglio prescindere ora da queste divisioni e attenermi semplicemente al testo,
il testo originale greco, e comprendere quello che l’evangelista ci vuol dire.
“E Gesù gli disse:
«Beato sei tu…”;
innanzitutto Gesù proclama Simone beato, e si riallaccia alle beatitudini che
sono presenti nel vangelo di Matteo, in particolare alla beatitudine «beati i puri di cuore perché vedranno Dio»,
cioè le persone che sono limpide, trasparenti, e per questo riescono a
percepire la realtà di Dio già nella loro esistenza.
“«Beato sei tu, Simone,
figlio di Giona…”;
lo chiama per nome, però aggiunge “…figlio
di Giona…”. Non è un appellativo simpatico: Giona è l’unico dei profeti dell’AT che ha fatto esattamente il contrario
di quello che Dio gli aveva chiesto (Gen
1,1-3). L’unico, non ne esistono altri. Dio aveva detto "Giona,
vai a Ninive", cioè a oriente, in questa grande città pagana, "perché
se non si convertono, io la distruggo". Giona aveva pensato "Ah sì,
quindi se io vado a Ninive, predico la conversione e quelli si convertono, tu
non li distruggi? Va bene". Allora è andato al porto, si è imbarcato su
una nave per Tarsis, cioè per la Spagna. Il Signore gli aveva detto "vai
in oriente", e lui ha preso esattamente la direzione opposta. Perché?
Perché così il Signore sterminava Ninive, perché erano dei pagani e non meritavano
niente. Conoscete tutti quanti il seguito della storia.
Gesù vedendo Simone gli dice "tu sei figlio di
Giona", cioè "farai sempre il contrario di quello che io ti dico",
però ci sarà una possibilità per Pietro ”… perché
né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”.
Gesù
riconosce in Simone un puro di cuore che è riuscito a percepire la realtà di
Gesù, che non è il figlio di Davide, uno che togliendo la vita agli altri rinnoverà
il regno di Israele, ma colui che dà la propria vita per gli altri, che
assomiglia al Dio vivificante, cioè al Dio la cui unica azione nei confronti
degli uomini sarà sempre ed esclusivamente quella di comunicare e trasmettere
vita.
“E io a te dico: tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”, è il famoso versetto
18. Questo versetto in greco vuol dire una cosa; tradotto in italiano ne dice
un’altra a meno di non scegliere con attenzione i vocaboli(1).
Diciamo
subito che la prima parola che è stata tradotta con “Pietro” in greco vuol dire
sasso, un frammento di roccia che si può raccogliere, si può lanciare, ma si
può anche usare per costruire un muro; per semplicità lo tradurrei con il
termine italiano “mattone” che non è proprio preciso, ma rende l’idea di un
qualcosa che può essere usato in una costruzione.
La
parola greca che è stata tradotta con “pietra” in greco vuol dire “roccia” che
non si può spezzare né scolpire da quanto è dura: la roccia, nell’AT e nel NT,
indica sempre Dio. Nel vangelo di Matteo, quando Gesù dice «chiunque ascolta le mie parole e le mette in
pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia»
(Mt 7,24), usa la stessa parola.
In conclusione, cosa sta dicendo Gesù a Simone? Sta
dicendo: “Tu sei un mattone, il primo
mattone che ha capito, e sulla roccia che sta davanti a te (Gesù stesso) con te e con tanti altri mattoni come te io
costruirò la mia chiesa, la mia comunità”
Nella
lingua italiana, purtroppo, la traduzione «tu sei Pietro e su questa pietra
costruirò la mia chiesa» fa credere come se Pietro e pietra fossero il maschile
e il femminile di uno stesso nome. Ma in greco c’è la stessa differenza, tanto
per dare un’idea, che c’è nella lingua italiana tra il "porto" e la
"porta": si assomigliano, ma porto e porta non sono il maschile e il
femminile dello stesso nome, sono due realtà completamente differenti.
Questa
confusione si ha solo nella lingua italiana; la traduzione dal greco in
inglese, per esempio, usa due differenti parole proprio per evitare questa
confusione(2).
Che
la roccia sia Gesù e che la chiesa non sia costruita su Simone ma su Gesù è una
verità che tutti i testi del NT ci danno. Cito soltanto la Lettera agli Efesini
(Ef 2, 20-22) dove Paolo dice «siete stati edificati sul fondamento degli
apostoli e dei profeti essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare sulla
quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando».
Quindi
la roccia, la pietra sulla quale si costruisce la comunità di Gesù, questa
roccia che non si può scalfire, è Gesù stesso; poi ognuno di noi è chiamato,
come Pietro, ad essere una pietra per costruire questa comunità.
“…e le potenze degli
inferi non prevarranno su di essa…”; si dovrebbe in verità tradurre “ade”, non “inferi” perché purtroppo certe traduzioni hanno dato origine a
delle interpretazioni assolutamente sbagliate.
Gli
ebrei pensavano la terra come un rettangolo di pietra, sotto il quale c’era la
caverna dei morti; in ebraico questa caverna si chiama sheol, che significa "colui
che chiama". Le sorgenti del Giordano erano intese come uno degli
ingressi di questa caverna sotterranea. La parola ebraica sheol ha un equivalente in greco nella parola ade.
Ade,
nella mitologia greca, è una divinità alla quale, nella divisione dei regni,
era spettato il regno dei morti.
In
latino questa località sotterranea si chiama inferi, dal nome delle divinità che abitava il regno dei morti, da
non confondere con inferno. L’inferno non c’è nei vangeli, è una costruzione
teologica tipicamente cristiana della prima metà del V secolo.
Quando
nel Credo si recita "Gesù Cristo
morì, fu sepolto e discese agli inferi", non si intende che discese
all’inferno, ma nella caverna sotterranea dei morti, per dare vita a chi non l’aveva
più. Avesse detto inferno nessuno della comunità di Matteo avrebbe capito
perché allora l’inferno non era stato ancora “concepito”.
Gesù
sta dicendo a Pietro che le porte dell’ade,
cioè del regno dei morti e della morte, non avranno il sopravvento contro di
essa. Gesù sta dicendo qualcosa di molto positivo: la morte non è compatibile
con la comunità cristiana. La comunità cristiana è il luogo dove sprizza
effervescente la vita, perché siamo tutti quanti pietre vive, contagiate, per
così dire, dal Dio vivificante, e tutti quanti trasmettiamo vita. Non c’è
diritto di cittadinanza per la morte, per gli aspetti di morte, all’interno
della comunità cristiana, quindi le porte dell’ade, degli inferi, di questo
regno sotterraneo, le porte della morte, non avranno il sopravvento contro di
essa. Gesù ce lo garantisce: quando la comunità è composta da persone che
trasmettono vita, la morte non ha nessun potere.
C’è
poi un altro versetto che ha dato origine, non capito, ad una delle pagine più
sbagliate di Pietro. Nell’iconografia classica, Pietro viene rappresentato con
le chiavi in mano. Le chiavi per entrare nel Paradiso? Niente di più inesatto.
Gli
dice Gesù: “A te darò le chiavi del regno
dei cieli”. Attenzione, "regno
dei cieli"(3) è un’espressione che si trova quasi
esclusivamente nel vangelo di Matteo, non per indicare l’aldilà, ma per
indicare la comunità cristiana.
Nella
Scrittura, nella mentalità biblica, chi teneva le chiavi di un palazzo o di una
città era il responsabile della sicurezza di coloro che stavano dentro. Colui che
aveva le chiavi della casa le aveva perché era responsabile della sicurezza
della vita di coloro che stavano dentro e doveva essere disponibile a
sacrificare la propria vita pur di difendere gli abitanti della casa. Colui che
aveva le chiavi della città non era il detentore di un potere, ma era il
responsabile della sicurezza di tutti coloro che abitavano dentro la città.
Gesù, dando a Pietro le chiavi della comunità cristiana, lo rende il
responsabile della sicurezza e della vita di quanti abitano lì dentro.
“…tutto
ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai
sulla terra sarà sciolto nei cieli…”; gli ha dato le chiavi e ci saremmo aspettati che dicesse: "tutto
quello che aprirai sarà aperto e tutto quello che chiuderai sarà chiuso",
invece
Gesù non parla di aprire e chiudere, stranamente dice “tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò
che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Legare
e sciogliere sono due verbi che appartengono al linguaggio rabbinico e
significa l’autorità di insegnamento della dottrina. Quando uno scriba era
“ordinato” (il verbo non è corretto, ma lasciatemi questa libertà per maggior
chiarezza) durante la cerimonia si
diceva proprio questa formula.
Gesù con questa frase autorizza Simone, che lo ha
riconosciuto come Dio vivificante, di insegnare la dottrina di un Dio che
trasmette vita.
Qualche capitolo più in là si capirà anche che quello
che Gesù ha detto a Simone non è esclusivamente per lui; infatti Gesù dirà a
tutti i discepoli «tutto quello che
legherete sulla terra sarà legato nei cieli e tutto quello che scioglierete
sulla terra sarà sciolto», quindi è una responsabilità di tutti i credenti
di trasmettere l’autentico messaggio di Gesù.
Del
resto Simone è il primo mattone e non si costruisce una casa con un solo
mattone, ci vogliono indubbiamente le fondamenta, che sono Gesù, ci vuole un
mattone, il primo, e Matteo riconosce l’importanza di Simone in quanto il
primo, ma ci vogliono anche altre pietre, quindi è un discorso che è rivolto a
tutta la comunità cristiana.
Come si vede anche questa esegesi non permette
di considerare la Riconciliazione un sacramento da celebrare secondo quello che
insegna la tradizione. Da qui si capiscono i dubbi e le esitazioni che hanno
dominato, e dominano tutt’ora, i teologi cattolici quando pensano a questo
sacramento.
Note: 1. I
vangeli sono stati scritti in lingua greca, e precisamente nel greco familiare,
quello di tutti i giorni denominato koiné.
Dal quarto secolo in poi, i vangeli sono stati tradotti in latino e si sa che passando
da una lingua all’altra non sempre si riesce a tradurre bene; per quanto il
traduttore faccia uno sforzo il significato della parola originale, tradotto in
un’altra lingua non ha più quella forza e quel significato. C’è stato un
momento (circa nell’VIII secolo) in cui basandosi su questo versetto, la chiesa
occidentale, che poi diventerà chiesa cattolica, iniziò a costruire la teologia
della supremazia del vescovo di Roma su tutte le altre chiese. Le chiese che
invece erano di lingua greca, le chiese orientali, quelle che adesso si
chiamano ortodosse (tra l’altro "ortodosse" significa "quelle
della vera fede"), che si sono attenute al testo greco, dicevano "ma
dove lo trovate? Qui Gesù dice che Pietro è la prima delle pietre, su questo
non si discute, ma non che la chiesa sia costruita su Pietro. La chiesa è
costruita su Gesù o la fede in Gesù". Anche i padri della chiesa, i primi
traduttori e scrittori cristiani, erano d’accordo su ciò. Dall’XI secolo in
poi, per motivi politici che ci sono stati nella storia della Chiesa
occidentale, il vangelo è diventato definitivamente "tu sei Pietro e su
questa pietra…". Si è sbilanciato tutto il significato del vangelo a
discapito della figura di Gesù. La Chiesa non veniva più costruita sul
fondamento che è Gesù, ma su un discepolo sia pure importante come Pietro, dimenticando
anche che la stessa persona che viene indicata come prima pietra per la
costruzione, cinque minuti dopo diventa pietra di inciampo. La Chiesa orientale,
che è rimasta fedele al testo greco, non ha mai accettato questa supremazia del
Vescovo di Roma. – 2. Ovviamente si
intende la traduzione approvata dalla Conferenza Episcopale Inglese, quindi
cattolica. – 3. Gli ebrei avevano timore di pronunciare il
nome di Dio ed evitavano persino di scriverlo; al suo posto usavano dei
sostituti, uno di questi sostituti è cielo, come diciamo anche noi in italiano,
per esempio quando diciamo "grazie al cielo".
(segue la prossima
settimana)