(segue dalla domenica precedente)
5. La vita
di tutti i giorni.
5.1. La vita lavorativa
Vi erano
prevalentemente quattro professioni: il contadino, il pastore, l’artigiano e il
commerciante. A queste si devono aggiungere altre professioni importanti, ma
numericamente modeste: lo scriba, il sacerdote e la guardia del Tempio. Gli
scriba spesso erano titolari di scuole dove si imparava a leggere l’ebraico
rituale e a interpretare la Scrittura. Alle scuole si poteva accedere solo se
si era maschi e sposati, quest’ultima condizione garantiva che chi si accostava
allo studio della Parola non fosse in condizione di peccato (Gn 9,30-38).
I lavori più
umili e pesanti erano affidati agli schiavi, ma a possedere gli schiavi erano i
più abbienti.
L’attività
lavorativa si svolgeva seguendo la luce solare perché una eventuale
illuminazione, realizzata prevalentemente con lanterne ad olio, avrebbe avuto
un costo troppo elevato; inoltre l’olio, usato per l’alimentazione e, in piccola
parte, per la pulizia dei corpi, non poteva essere “sprecato” per
l’illuminazione.
La paga di
un operaio era di uno siclo di argento al giorno, pari, al momento attuale, a
circa 3 euro al giorno. Può sembrare una cifra modesta, ma tutto deve essere confrontato
al costo della vita di allora; per fare un confronto si ricorda che con 30
sicli (90 euro circa) si poteva comprare un campo (Mt 27, 9-10).
5.2. Le tasse
Il prefetto
aveva il compito di organizzare le operazioni di riscossione delle imposte
dovute al fisco romano in quanto la regione nel suo complesso era tenuta al
pagamento di un tributo.
A tale
scopo, appena il territorio venne trasformato in provincia romana si provvide
ad effettuare un censimento di tutta la popolazione. Tale censimento venne
fatto nel 6 d.C. dal governatore della Siria Publio Sulpicio Quirinio in
collaborazione con il prefetto Coponio.
Le imposte
potevano essere personali, fondiarie o di reddito. Inoltre c'erano da
riscuotere anche altre entrate dovute a diritti doganali, di mercato, di
affitto, di esercizio, ecc.
Per la
riscossione l'amministrazione romana si avvaleva di appaltatori, che
garantivano al fisco determinate entrate e poi si rifacevano sulla popolazione.
Questi appaltatori erano chiamati pubblicani, ed ovviamente erano odiati
dalla popolazione. Gli appaltatori avevano alle loro dipendenze gli esattori.
A tutto
questo deve aggiungersi che ogni israelita, a partire dall'età di venti anni,
era tenuto a pagare un tributo al Tempio. Questo tributo veniva raccolto sia in
Palestina sia nella Diaspora.
La somma di
tutti questi tributi risultava particolarmente pesante. Alcuni studiosi hanno
tentato di calcolare la loro incidenza su una famiglia israelita di classe
media, come poteva essere, allora, un artigiano ed è risultato un dato non
lontano dal 50% del reddito.
5.3. La maggiore industria del
paese: il Tempio di Gerusalemme
Gli ebrei
avevano un solo Tempio, quello di Gerusalemme. A differenza delle altre
religioni non ammettevano altri luoghi di culto. Un solo Dio, un solo Tempio.
Vita religiosa e vita nazionale si concentravano in Gerusalemme, la città
santa, e nel suo Tempio.
Gli ebrei di
Palestina dovevano recarsi a Gerusalemme tre volte l'anno: per Pasqua, per
Pentecoste, cinquanta giorni dopo Pasqua, e per la festa dei Tabernacoli, che
cadeva nel primo mese del calendario ebraico.
Gli ebrei
della Diaspora dovevano recarsi a Gerusalemme almeno una volta nella loro vita
ed offrire un sacrificio.
Giuseppe
Flavio riferisce che per la Pasqua del 67 d.C. si recarono a Gerusalemme oltre
due milioni e mezzo di persone.
La storia
del Tempio è stata molto travagliata: costruito intorno al X secolo a.C. (il
cosiddetto Tempio di Salomone) era una costruzione di modesto livello
architettonico, ma di elevato significato morale. La costruzione aveva una
direttrice da est a ovest e l’ingresso era rivolto verso il Monte Uliveto, dal
quale era diviso dal torrente Cedron, su una superficie abbastanza modesta di
60 cubiti per 20 (circa trenta metri per dieci), alta 10 metri, seppure
rivestita di legno finemente intagliato. Attraverso la porta d’ingresso si
accedeva all’Atrio, dove erano collocati, a destra l’altare degli olocausti e a
sinistra l’enorme bacile contenente l’acqua per le abluzioni dei sacerdoti
(Mare di Bronzo). In cima alla scalinata che portava al Vestibolo del tempio,
erano collocate due grandi colonne di bronzo, dette di Boaz e di Iachin.
Attraverso una porta a quattro battenti si entrava nel Santo, la zona riservata
ai sacerdoti, mentre una seconda porta la divideva dall’inaccessibile Santo dei
Santi. Tutt’intorno al Santo e al Santo dei Santi, erano costruite le camere
laterali, dove si svolgeva la vita dei sacerdoti addetti al culto e per la
custodia gli arredi. Nel Santo dei Santi poteva entrare solamente il sommo
sacerdote in carica, una volta all’anno, nel giorno dello Yom Kippur, per
pronunziare il tetragramma impronunciabile. Esso conteneva l’Arca, in legno di
acacia, delle dimensioni in cubiti, 2,5 x 1,5, alta 1,5, rivestita d’oro e con
il coperchio anch’esso d’oro su cui erano raffigurati due cherubini con le ali
protese (il trono di Dio in terra), le due tavole della Legge, la verga di
Aronne e un vaso contenente la manna.
Nel 587-6
a.C. l’esercito babilonese di Nabucodonosor saccheggiò e distrusse il Tempio e
razziò gli arredi d’oro, portandoli a Babilonia. Da allora non si hanno più
notizie dell’Arca, che non sarà più presente nel Santo dei Santi dei templi
ricostruiti successivamente.
Nel 538 a.
C, con l’editto di Ciro il Grande, il re persiano che aveva conquistato di
Babilonia, gli Israeliti poterono ritornare in patria ed ebbero il permesso di
ricostruire la città e il suo Tempio. Ma l’edificazione trovò molti ostacoli
interni e solo nel 520, con Zorobabele, nominato governatore della Giudea per
conto dei re persiani, i lavori presero slancio e furono terminati nel 515. Nel
Tempio furono riportati alcuni degli arredi trafugati da Nabucodonosor, ma non
l’arca, probabilmente distrutta nella conquista della città e nemmeno i dieci
candelabri d’oro, sostituiti dal candelabro a sette braccia, ora simbolo del
moderno stato di Israele. Successivamente (332 a.C.) Alessandro Magno, pose
fine all’impero persiano conquistando la provincia di Siria e la Palestina, ma
fu abbastanza aperto verso gli Israeliti e le loro leggi; ma non così tutti i
sui successori che si spartirono l’immenso impero alla sua precoce morte. Nel
II secolo Antioco IV Epifane addirittura profanò il tempio erigendovi una
statua a Giove Olimpio, scatenando una rivolta che portò alla presa del potere
da parte dei Maccabei. Sotto la casta sacerdotale degli Asmonei il tempio fu
ampliato e fortificato, ma il generale romano Pompeo, nel 63 a.C., pose fine a
quella stagione conquistando Gerusalemme e mettendola a ferro e fuoco.
Nel 19 a.C.
Erode il Grande, per ingraziarsi il popolo israelita, iniziò a ricostruire il
Tempio e nell'anno 9 a.C. lo inaugurò. Le mura di cinta della spianata del
Tempio avevano uno sviluppo di 1530 metri (300+470+280+480), il doppio
dell'acropoli di Atene che aveva uno sviluppo di 720 metri (240+120+240+120).
La
superficie della spianata poteva contenere cinque volte il Colosseo.
La spianata
era circondata da portici. Il portico sud era chiamato Portico Reale. Quello ad
est era il Portico di Salomone.
Un'ampia zona
era accessibile a tutti ed era chiamata cortile dei Gentili, ossia dei
non-ebrei.
Le donne
ebree potevano entrare fino al cortile loro riservato, oltre potevano
proseguire solo gli uomini.
Infine c'era
il cortile dei sacerdoti con il Santo dei Santi, vuoto a causa della scomparsa
dell'Arca dell'Alleanza al tempo della distruzione del primo Tempio.
Nell'angolo
nord-ovest, a partire dal 35 a.C., Erode aveva iniziato la costruzione di un
palazzo-fortezza chiamato Antonia in onore di Marco Antonio, allora alleato del
re.
Il culto era
eseguito dai sacerdoti che appartenevano alla discendenza di Aronne, il
fratello di Mosé. I sacerdoti erano suddivisi in 24 classi che operavano
seguendo turni settimanali. Erano alcune migliaia e vivevano a spese del
Tempio. Il capo dei sacerdoti era il sommo sacerdote.
I leviti
coadiuvavano i sacerdoti e svolgevano compiti di minore rilevanza. Complessivamente
il personale del Tempio ammontava a circa ventimila persone.
Per i soli
sacrifici obbligatori ogni anno erano necessari:
- 1093
agnelli o capretti
- 113 tori
- 32 caproni
- grandi
quantità di farina, vino e olio.
Secondo
Giuseppe Flavio a Pasqua, nell'anno 65 d.C., vennero immolati 255.000 agnelli o
capretti.
Ogni giorno
nel Tempio venivano offerti al Dio Supremo un toro e due agnelli a spese
di una fondazione imperiale promossa da Augusto.
Livia, la
moglie di Augusto, aveva donato al Tempio molti oggetti di particolare valore.
Per
effettuare i sacrifici a cui i devoti ebrei erano tenuti occorreva comprare
degli animali: tori, agnelli, piccioni, ecc.
Molti degli
ebrei provenivano da varie zone della Palestina o della Diaspora dove si
utilizzavano monete diverse da quella locale. L’unica moneta accettata per acquistare
agnelli e colombe per i sacrifici e per il pagamento le decime del Tempio, era
il ½ siclo. Esso veniva cambiato dai cambiavalute presenti nell’atrio dei
Gentili del Tempio, riconoscibili dalla moneta appesa all’orecchio e seduti nei
13 tavoli (o “banche”),
sui quali era appoggiata una cassa a forma di Shofar (corno di montone).
(continua la prossima
domenica)