Ho
iniziato a scrivere in questo blog nel maggio del 2010. Dopo più di sette anni di
esegesi dei vangeli, di analisi dei tempi liturgici “forti” e di spiegazione
della formazione dei sacramenti, è il momento di parlare di teologia; non vi
spaventate, non è mia intenzione volare tanto alto, prima di tutto perché non
ne sarei capace. Poi perché chi mi legge non è, salvo rare eccezioni, abituato a
seguire ragionamenti lontani dalla vita di tutti i giorni. Faremo qualche
discorso con i piedi per terra, per capire un poco di più di quello che il
vecchio catechismo, impiantato su verità incrollabili ed indiscutibili, ha
cercato invano di regalare e che il nuovo, privo di basi critiche, non riesce
più a fornire.
Visto
che ci avviamo verso il Natale, inizieremo col porci una domanda: la vita e la
predicazione di Jehoshuà1 ben-Joseph (divenuto
impropriamente Gesù figlio di Giuseppe prima nella traduzione latina dei
Vangeli e poi in quella italiana) erano necessarie? Oppure, modificando il
punto di vista, per quale motivo Gesù è nato, vissuto e morto?
Datemi
il tempo di chiarirmi le idee nel guazzabuglio che ho in testa e comincerò a
postare la risposta a questa domanda. Mi leggerete tra una quindicina di
giorni.
Nota: 1. Il nome Jehoshuà
in ebraico significa “Dio salva” e in Palestina era molto diffuso, potremmo
dire come il nome Salvatore è diffuso in Sicilia e in altre zone del sud di
Italia. Nella stessa Bibbia sono citati diversi Jehoshuà che, nella traduzione
italiana, sono diventati Giosuè per evitare confusioni nei lettori meno
attenti.