Quarta Domenica del Tempo
Ordinario – Mc 1, 21-28
Giunsero a Cafàrnao e
subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del
suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non
come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno
spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?
Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò
severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando
forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a
vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda
persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito
dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Gesù con i suoi
"Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato(1) di sabato nella
sinagoga, insegnava".
I luoghi di
preghiera, i luoghi dove sono le persone pie, sono pericolosi per Gesù: tre
volte nel vangelo di Marco Gesù tenterà di entrare in una sinagoga e tre volte
gli andrà male. Qui - lo vedremo - verrà interrotto; la seconda volta
tenteranno addirittura di assassinarlo (Mc 3,1-6) e la terza lo prenderanno per
matto (Mc 6,1-6). Per non parlare poi
del tempio: sarà nel tempio di Gerusalemme che cercheranno di assassinare Gesù (Mc 11,18).
Gesù, quando entra
nella sinagoga, non va per partecipare al culto(2); entra “per insegnare” ed il suo
insegnamento è l'esatto contrario di quello che veniva normalmente insegnato in
quel luogo: infatti, i fedeli della sinagoga "erano stupiti dal suo
insegnamento". La prima volta che Gesù, nel vangelo di Marco, apre la
bocca per insegnare provoca sconcerto. La gente rimane sconcertata da questo
suo insegnamento "egli infatti
insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi".
Gli scribi erano
coloro che leggevano la Bibbia, la interpretavano e la spiegavano alla gente;
erano laici che, dopo tutta un'esistenza consacrata allo studio della Bibbia,
all'età di quarant'anni(3) ricevevano, attraverso l'imposizione
delle mani, la trasmissione dello spirito di Mosè per interpretare la Bibbia.
Godevano di un'autorità non solo pari a quella della Bibbia, ma superiore(4).
Costoro erano il magistero infallibile dell'epoca. Si diceva che l’insegnamento
degli scribi avesse autorità divina; cioè era Dio che autorizzava queste
persone a insegnare, e quando loro parlavano era come se Dio stesso parlasse.
Il loro, però, era un
insegnamento ripetitivo e di conseguenza poco incisivo(5). Lo schema
in genere era questo: nella Bibbia c'è scritto che dovete far così e così, il
profeta tal dei tali ha aggiunto che dovete fare pure così, il rabbì(6)
di santa memoria ha detto che bisogna fare così, e così noi vi diciamo… ecc,
ecc… Era un insegnamento che manteneva sempre molta distanza tra Dio e l'uomo;
in questo insegnamento l'uomo, per quanto facesse, si trovava sempre in colpa(7);
per quanto cercasse di essere in piena comunione con Dio, mancava sempre
qualche cosa, affinché questa comunione fosse piena: infatti gli scribi erano
riusciti a tirare fuori dalla Bibbia ben 613 precetti da osservare. C'erano 365
proibizioni e 248 comandamenti: ne risultava una vita praticamente impossibile.
L'uomo si trovava sempre in colpa, non si era mai sicuri di essere in comunione
con Dio, o perché ti eri dimenticato quella preghiera, o perché avevi fatto
quel gesto che non dovevi fare, o perché avevi un pensiero che non dovevi
avere. L'uomo si sentiva sempre in colpa e gli scribi fungevano da mediatori.
In questa situazione,
in questo ambiente, arriva Gesù e la gente appena lo sente parlare dice:
"Questo si che insegna con autorità, non i nostri scribi!". Appena
Gesù apre bocca, già la prima volta, butta all'aria tutto l'insegnamento degli
scribi.
L’insegnamento di Gesù,
la buona notizia(8), consisteva nell’affermare che Dio ama tutti
quanti. Ama i buoni, ma ama anche i malvagi, ama chi lo merita, ma ama
anche chi non lo merita, perché Dio non può fare altro che essere amore (cfr. Lc 6,35).
Gesù, inoltre,
semplifica il rapporto con Dio: ama gli altri come Dio ti ama e hai la piena
comunione con Dio(9). Se ami sei a posto con Dio; se non ami puoi
essere il più bigotto, il più fanatico e assiduo frequentatore dei riti, ma non
sei a posto con Dio. La gente, appena sente questa ventata di aria fresca, si
sente liberata e dice: questo parla con l'autorità che viene da Dio e non come
i nostri scribi.
Appena c'è questo
entusiasmo da parte della gente ecco che si scatena la reazione. Scrive
l'evangelista che "Ed ecco, nella loro
sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare,
dicendo…".
Il termine "spirito",
sia nella lingua ebraica sia in quella greca, significa "forza",
una forza esterna all'uomo. Quando questa forza viene da Dio si chiama "santa",
dal verbo santificare che significa "separare". "Spirito
Santo" significa una forza che mi separa, non dagli uomini, ma dal
male, dall'egoismo. Quando questa forza non viene da Dio, ma viene
dall’egoismo, si chiama, secondo il linguaggio dei vangeli, "impura".
Noi occidentali, di
fronte ad un qualsiasi avvenimento, tendiamo a darne un resoconto
giornalistico, rendendo noti i fatti nella loro essenzialità, legando
strettamente causa ed effetto; qualunque altro modo di raccontare viene
ritenuto illecito, a meno che non si stia facendo della satira.
In oriente descrivere
l’avvenimento in termini giornalistici provocherebbe l’incomprensibilità del
fatto stesso ed il rifiuto degli ascoltatori; infatti si ha l’abitudine, ma
forse è meglio dire la necessità, una necessità generata dalla loro cultura, di
sovrapporre al fatto una serie di costruzioni metaforiche che servono, con
forme di ridondanza letteraria e ripetizioni, a chiarire al meglio agli
ascoltatori la successione dei fatti descritti ed i rapporti causa-effetto.
Tale abitudine orientale è a tutt’oggi ancora presente ed è uno dei maggiori
ostacoli ai rapporti diplomatici tra nazioni orientali e nazioni occidentali.
Anche i vangeli non sono immuni da questa abitudine.
Un esempio tipico di
questo metodo di scrivere è quella che io chiamo “antropizzazione del
pensiero”; ovvero, se lo scrittore vuole far esprimere un parere ad un
personaggio, questo parere diviene esso stesso persona e parla esprimendo
quanto il personaggio avrebbe dovuto dire(10). Quando si parla si
emette aria, soffio, spirito secondo una dicitura tratta dal greco(11);
ed ecco che il parere da esprimere esce dal personaggio come spirito e parla in
sua vece. Se il parere da esprimere è negativo, in contrasto con il pensiero di
un personaggio importante o santo come Gesù, lo spirito è definito immondo o
impuro(12) perché si oppone a chi detiene la santità, cioè contrasta
Dio.
Nella sinagoga vi è
un uomo che va per il culto, che prega e nessuno si era accorto che fosse
posseduto da uno spirito impuro; ma appena Gesù parla ecco che si scatena.
Questa persona si
mette a gridare dicendo: "Che vuoi
da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di
Dio!". Guardate che stranezza, parla al plurale! È molto strano che una persona singolare si
metta a parlare al plurale: vediamo allora, secondo il pensiero di Marco, il
significato di questa espressione.
L’individuo parla al
plurale e accusa Gesù di distruggere tutta una certa categoria alla quale
appartiene: ma quale categoria Gesù sta distruggendo? Gesù con il suo
insegnamento sta distruggendo tutto l'insegnamento tradizionale. Di
conseguenza, l'uomo che parla è una persona che ha dato un'adesione acritica,
fanatica al potere - in questo caso al potere religioso - e nel pericolo per
l'istituzione religiosa vede pure un pericolo per lui come persona. Si schiera
subito con l'istituzione religiosa e blocca Gesù. Dice: alt, sei venuto a
distruggerci con questo insegnamento?
Se Marco scrivesse il
vangelo per i giorni nostri non descriverebbe più una persona posseduta da uno
spirito impuro, ma direbbe: c'era un fondamentalista, cioè una persona che dà
un'adesione totale ad una certa idea e non ragiona con la propria testa. Questo
Gesù non lo vuole. Gesù non vuole delle persone infantili, dei bambini, Gesù
vuole delle persone adulte.
A questo proposito pensate
all'abuso che è stato fatto, da parte dei prepotenti per sottomettere i deboli,
dell'espressione di Gesù: "In verità vi dico: se non vi convertirete e
non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli."(Mt 18,3). È stata utilizzata come un
invito a diventare dei sottomessi: ogni volta che uno ragionava con la propria
testa, gli si diceva che, se non diventava come un bambino - quindi sottomesso,
buono, anche un po' cretino che non guasta - non poteva entrare nel regno di
Dio. Questa era sempre l'arma dei prepotenti. Quando uno, specialmente nella
vita religiosa, voleva soggiogare un altro e quest'altro si permetteva di avere
una propria opinione, lo invitava a diventare come un bambino, a lasciarsi
guidare dal padre.
Ma non è questo il
pensiero di Gesù! Quando Gesù ci invita a diventare come bambini, non si
riferisce al nostro concetto pseudo-romantico del bambino, ma al bambino di
quella società. Il bambino nel mondo ebraico non vale niente, è un essere
insignificante. Addirittura, il padre alla nascita lo poteva sopprimere. Dice
il Talmud che "è più importante lo stomaco del padre che la vita del
bambino". Quindi Gesù non ci invita ad essere infantili, a non avere
un'opinione, un giudizio, ma dice che, se non accettiamo di essere considerati
un niente da parte della società, non potremo pensare di entrare nel regno di
Dio. Perché, se noi abbiamo l'ambizione di essere più degli altri, di
schiacciare gli altri, non troveremo posto.
Ritornando al
personaggio del vangelo di Marco, vediamo il seguito della reazione: "…Io
so chi tu sei: il santo di Dio". Nella tradizione ebraica si pensava
che, dopo Mosè, Dio avrebbe suscitato il santo, cioè il Messia, che doveva essere
il continuatore di Mosè per aiutare il popolo ad osservare la legge ed
interpretarla fedelmente (cfr. Dt 18,15).
Allora, questo uomo richiama Gesù al ruolo che la tradizione voleva fosse del
Messia. La frase potrebbe quindi essere
riscritta così: "Cos'è questo insegnamento che distrugge quello di Mosè?
Tu sei il santo di Dio, cioè quello che deve continuare l'insegnamento della
tradizione religiosa, perché ci vieni a distruggere?".
In risposta, "E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci
da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui."
L'insegnamento di
Gesù, che ha provocato già entusiasmo presso la gente, libera questa persona,
perché l'insegnamento di Gesù libera ma lo libera con un grande strazio.
Io credo che nelle difficoltà
del fondamentalista ci siamo passati in molti(13). Nelle sue
condizioni è uno strazio accogliere il messaggio di Gesù, perché quando lo si
accoglie, ci si rende conto che tutto quello che credevamo sacro e importante
nella nostra vita spirituale e sul quale avevamo impostato la nostra esistenza,
magari a costo di chissà quali sacrifici e rinunce nella nostra vitalità e
nella nostra affettività, non solo non è importante, ma addirittura può
impedire la comunione con Dio.
Allora è uno strazio
perché ci si sente ingannati, ci si sente stuprati nella propria coscienza. È
uno strazio liberarsi. È uno strazio, un logorio, perché bisogna sradicare le
radici della nostra religiosità, per far posto a questo spirito che Gesù ci
vuole comunicare. Ecco che lo spirito impuro, che rappresenta le sue
convinzioni radicate, straziando questo uomo, esce da lui.
C'è poi la reazione
da parte della gente: "Tutti furono
presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un
insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e
gli obbediscono!»”.
Un insegnamento nuovo: in greco ci sono due termini che
significano "nuovo". Il primo indica ciò che viene aggiunto
nel tempo, quindi nel senso di un insegnamento in più; il secondo, ed è il
termine che viene usato dall'evangelista, è il nuovo la cui qualità
soppianta il vecchio. La gente sente che l'insegnamento di Gesù è un
insegnamento nuovo, cioè di una qualità così grande e così bella, che tutto il
resto viene soppiantato. Appena arriva Gesù c'è questa ventata di aria fresca,
la gente riacquista la dignità, ma soprattutto - e questo è importante, perché
è un'esperienza che tutti possiamo fare - la gente sente che quelle convinzioni
che aveva represso nell'angolo più nascosto della propria coscienza, perché
pensavano che non fossero giuste, sono quelle vere.
Allora l'uomo rinasce,
è una persona nuova e la gente dice: "Una dottrina nuova insegnata con
autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!". È
la prima volta che appare il verbo "obbedire"; nei vangeli,
viene usato soltanto per gli elementi ostili all'uomo. Perché Dio non chiede
obbedienza: mai troverete nei vangeli Gesù che chiede di obbedire a Dio. Mai!
Due volte nel vangelo di Marco - in tutti i vangeli cinque volte (Mt 8,27; Mc 1,27; Mc 4,41; Lc 8,25; Gv 3,36)
- l'espressione "obbedire" o "obbedienza" è
sempre rivolta a elementi ostili all'uomo. Gesù non chiede di obbedire a Dio ma
ci chiede di assomigliare al Padre. Ecco l'insegnamento nuovo che la
gente ha accolto.
L'insegnamento antico
può essere sintetizzato così: c'è Dio e c'è una legge che esigono obbedienza. Il
credente è colui che obbedisce a Dio, osservando le leggi.
Arriva Gesù, butta
all'aria tutto questo e al posto di Dio mette un Padre, al posto della legge
mette l'amore, e al posto dell'obbedienza mette la pratica della somiglianza.
Chi è il credente per Gesù? È colui che assomiglia al Padre, praticando un amore
simile al suo.
Questo porta ad un
paradosso veramente scandaloso, perchè Gesù presenta, come modello di vero
credente, un eretico. Non lo abbiamo nel vangelo di Marco, ma in quello di
Luca, nell'episodio del Samaritano (Lc
10,29-37): il Samaritano, secondo le credenze di quel tempo, è un eretico,
un impuro, un reietto, ma è l'unico che ha un sentimento uguale a quello di
Dio. Vede un uomo in difficoltà e lo soccorre. Passa il sacerdote e non lo
soccorre perchè (sembra assurdo ma questo era il pensiero di allora) era un
uomo "sanguinante", e un sacerdote non può toccare il sangue
perché si infetta, e infettandosi non è più puro e non può continuare la sua
preghiera con Dio: il sacerdote non
soccorre l'uomo per obbedire alla legge di Dio.
Arriva l'eretico,
vede un uomo in difficoltà, non gli importa niente di sangue o non sangue, lo
soccorre. Gesù dice: questo è il modello del credente, cioè colui che
assomiglia al Padre, praticando un amore simile al suo. Che poi creda in una
certa dottrina religiosa o non creda, questo per Gesù è completamente insignificante,
per Gesù non ha nessuna importanza. Non è l'adesione a verità di fede,
verità teologiche, a dogmi quello che per Gesù dà valore all'uomo, ma è una
somiglianza al Padre, praticando un amore simile al suo.
L'uomo posseduto da
uno spirito impuro, è il primo personaggio che Marco ci propone, perché è la
chiave di interpretazione di tutti gli altri. Il vangelo di Gesù è un messaggio
che ci libera, ci fa sentire in piena comunione con Dio. La comunione con Dio
non è più regolata dall'osservanza di riti o precetti, ma da un atteggiamento
di amore nei confronti degli altri: e se c'è questo, incomincia la libertà di
Gesù, la sua azione di liberazione.
Note:
1. Per entrare nella sinagoga, secondo il Talmud, gli uomini che avevano
superato i 20 anni dovevano essere sposati. Gesù, non essendo sposato, troverà
spesso difficoltà ad entrare e talvolta dovrà accontentarsi di insegnare nel
cortile della sinagoga. Oggi si presume che Gesù avesse ricevuto l’educazione
nelle scuole greco-ebraiche di Sefforis, ambiente nel quale era tollerato il
celibato, ed è forse per questo che in alcune sinagoghe, come in questa di Cafarnao,
riconoscendo la sua provenienza (Sefforis era a pochi chilometri da Cafarnao),
gli era consentito l’ingresso. – 2. Nel vangelo di Marco (Mc 7,6) Gesù dirà che la pratica delle preghiere, delle liturgie,
non è quello che Dio richiede; a Dio non interessano le preghiere degli uomini,
gli interessa la somiglianza da parte degli uomini al suo amore. – 3. Se si
pensa che la vita media, per un uomo di allora, era di 40 anni, queste persone
ricevevano la consacrazione quando erano quasi dei vegliardi. – 4. Dice il
Talmud, il libro sacro agli ebrei: "Quando uno scriba dà una sentenza
diversa da quella della Bibbia, credi allo scriba e non alla Bibbia".
– 5. Bisogna dire che in molte parrocchie, oggi, avviene lo stesso per sclèrosi
della dottrina cattolica. – 6. Maestro. – 7. Questa concezione è diffusa ancora
oggi nella Chiesa cattolica nonostante sia in contrasto con il messaggio dei
vangeli. Da questa concezione ci ha liberato Gesù più di 2000 anni fa. – 8. Una
notizia buona per alcuni, ma scandalosa per altri e non solo allora, ma anche
oggi. – 9. Gesù non ha mai detto che quando noi commettiamo qualche colpa, Dio
si offende. Prima del Concilio c'era quell'orribile preghiera che ci imponevano
quando ci si andava a confessare, l'atto di dolore: "Mio Dio, mi pento perché ho
offeso Voi e ho meritato i Vostri castighi…"; roba veramente
agghiacciante. Era tutta una teologia dove il peccato era un'offesa fatta a
Dio. Ci è voluto poi il Concilio, dove si è detto che il peccato è un limite
che l'uomo pone a se stesso. Il peccato non è un'offesa che faccio a Dio, ma un
limite nella mia crescita, un’offesa a me stesso (Cfr. Gaudium e spes n. 13). – 10. Questo metodo diviene particolarmente utile
quando la discussione si trasforma in alterco; infatti in oriente un litigio è
sempre scandaloso e diminuisce l’onorabilità delle persone coinvolte
indipendentemente da chi ha ragione. Se l’alterco si sviluppa tra due “spiriti”
può essere raccontato senza intaccare l’onore delle persone coinvolte che,
almeno formalmente, sono rimaste in silenzio. – 11. Soffio
e spirito in greco si dice indifferentemente pneuma. – 12. Nei vangeli spesso viene usata indifferentemente
l’allocuzione “spirito impuro” e la parola “demone”, particolarmente nel
vangelo di Marco. Il termine “demone” non esiste nella Bibbia ebraica, esso si
trova nella Bibbia tradotta in greco, quella cosi detta dei LXX; era in pratica
l’unica versione della Bibbia nota agli evangelisti che, in quel tempo,
parlavano prevalentemente il greco o l’aramaico ma non l’ebraico.
La
Bibbia, l’AT, è stata scritta all’origine quasi tutta in lingua ebraica. Circa
150 anni prima di Gesù, poiché molti ebrei vivevano all’estero dove l’ebraico
non era più parlato, se non nel culto, hanno sentito l’esigenza di tradurre la
Bibbia dalla lingua ebraica alla lingua greca. Nella Bibbia, particolarmente
nella parte più antica, quella scritta tra il X e l’VIII secolo a.C., ci sono
dei vocaboli che risalgono alla mitologia dei sumeri e dei cananei: satiri,
sirene, centauri, fauni; i traduttori, che vivevano in una società greca
cioè in una società intellettuale, evoluta anche a livello teologico e
spirituale e quindi lontana dalle forme della mitologia antica, tutte le volte
che hanno trovato queste espressioni (se ne conoscono 19 casi), le hanno
tradotte sistematicamente con il termine demone che in greco significa essere
divino, sia buono che malvagio, ma anche malattia, ossessione, superstizione.
Una reminiscenza di questo significato l’abbiamo anche in italiano quando
diciamo che un tizio ha il “demone del gioco”, ha l’ossessione del gioco, è
quindi malato. Quindi il termine demone non esiste nell’AT, ma solo nella
traduzione greca; addirittura il traduttore di Isaia si è lasciato prendere un
po’ la mano: le capre selvatiche e i gatti selvatici li ha fatti diventare
anch’essi demoni.
Al
tempo di Gesù il termine demone si era parzialmente modificato e indicava anche
tutto quello che non era possibile spiegare.
Per esempio: l’insolazione. Come potevano spiegare l’insolazione? Oggi lo
sappiamo, ma allora no. La spiegavano con Meribi, un dio fenicio, interpretato
come demone, che gira in quelle ore in cui il sole picchia di più. Chi lo
incontra si prende l’insolazione. Così anche per l’esaurimento nervoso o
l’epilessia.
Gli
evangelisti hanno spesso utilizzato la “antropizzazione del pensiero”; in
particolare hanno utilizzato l’immagine dei demoni per indicare tutto quello
che impedisce agli uomini di accogliere il messaggio di Gesù.
Quindi
liberare gli uomini dal demonio non significa liberarli dai satiri, dai fauni,
dai centauri, ma significa liberarli da tutto ciò che impedisce l’accoglienza
del messaggio di Gesù, in particolare la Legge, come spiegherà molto bene Paolo
nelle sue lettere. Purtroppo il cristianesimo ha trascorso secoli
nell’ignoranza del passato e nel rifiuto delle altre culture, dimenticando che
Gesù era ebreo, e queste indicazioni, che all’epoca degli evangelisti (fine I
secolo d.C.) erano perfettamente comprese, vennero nel mondo occidentale
recepite nel loro senso letterale e trovarono un ottimo terreno di sviluppo
nella mitologia celtica (cioè franco-tedesca) portata nel mondo latino dai
monaci al seguito di Carlo Magno; e nel mondo mitologico del nord gli esseri
maligni pullulavano. Collegare i demoni con gli esseri maligni della mitologia
tedesca è stato facile, ed è nato il diavolo.
– 13. Basta comprendere con serenità chi è una persona posseduta da uno
spirito impuro. È una persona che non ragiona con la propria testa, ma ragiona
con la testa di chi lo comanda. In questo caso abbiamo l'istituzione religiosa,
ma lo potete mettere nella politica, nella vita civile. Il posseduto è una
persona incapace di una propria opinione. Quando gli si chiede: ma tu come la
pensi? Risponde: io la penso come il partito, come il mio capo, come il
sacerdote... In questo caso è uno che la pensa come il sommo sacerdote. Lui non
ha un'opinione personale: quello che il sacerdote dice di fare per lui va bene,
anche se va contro la propria coscienza, anche se va contro le proprie
opinioni.