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Le esegesi riportate in questo blog non sono frutto delle mie capacità, in realtà molto modeste. Le ricavo leggendo diversi testi dei più importanti specialisti a livello mondiale, generalmente cattolici, ma non disdegno di verificare anche l’operato di esegeti protestanti, in particolare anglicani. Se si escludono alcuni miei approfondimenti specifici, per la parte tecnica dell’analisi critica il mio testo di riferimento è questo:

- Giovanni Leonardi
, Per saper fare esegesi nella Chiesa, 2007 Ed. Elledici (testo promosso dall’Ufficio Catechistico nazionale). Questo testo è molto semplice, veramente alla portata di tutti; per migliorare la capacità di analisi deve essere affiancato da altri due testi per la parte linguistica, anch’essi a livello divulgativo:

- Filippo Serafini,
Corso di greco del nuovo testamento, 2003 Ed. San Paolo.
- Luciana Pepi, Filippo Serafini,
Corso di ebraico biblico, 2006 Ed. San Paolo (da usare solo nel caso si voglia approfondire l’etimologia semitica sottesa ai vocaboli greci).

I testi della Bibbia in lingua originale sono pubblicati da varie case editrici; in particolare per i Vangeli segnalo l'ottimo testo della Edizioni Enaudi e quello sinottico della Edizioni Messagero in quanto hanno i testi greco ed italiano a fronte. Si trovano anche in vari siti in rete, ma non sempre sono testi aggiornati con le ultime scoperte a livello archeologico o paleografico.
Per la parte sostanziale normalmente faccio riferimento a documenti prodotti dalle fonti seguenti, che riporto in ordine decrescente di frequenza di utilizzo:

- École biblique et archéologique française de Jérusalem (EBAF), retto dai Domenicani e dove ha lavorato anche il Card. Martini.
- Centro Studi Biblici “G. Vannucci” – Montefano (An), retto dall’Ordine dei Servi di Maria.
- Sito www.Nicodemo.net gestito da P. Alessandro Sacchi.
- Università degli studi di Torino – Corso di Letteratura cristiana antica – Prof.essa Clementina Mazzucco.
- Fr. Dante Androli, OSM, docente di esegesi alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum – Roma
- Università degli studi La Sapienza di Roma – Corso di Storia del Cristianesimo e delle Chiese – Prof.essa Emanuela Prinzivalli.
- Biblia, Associazione laica di cultura biblica – Settimello (Fi)


lunedì 26 gennaio 2015

IV Domenica T.O.



Quarta Domenica del Tempo Ordinario – Mc 1, 21-28
Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Gesù con i suoi "Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato(1) di sabato nella sinagoga, insegnava".
I luoghi di preghiera, i luoghi dove sono le persone pie, sono pericolosi per Gesù: tre volte nel vangelo di Marco Gesù tenterà di entrare in una sinagoga e tre volte gli andrà male. Qui - lo vedremo - verrà interrotto; la seconda volta tenteranno addirittura di assassinarlo (Mc 3,1-6) e la terza lo prenderanno per matto (Mc 6,1-6). Per non parlare poi del tempio: sarà nel tempio di Gerusalemme che cercheranno di assassinare Gesù (Mc 11,18). 
Gesù, quando entra nella sinagoga, non va per partecipare al culto(2); entraper insegnare ed il suo insegnamento è l'esatto contrario di quello che veniva normalmente insegnato in quel luogo: infatti, i fedeli della sinagoga "erano stupiti dal suo insegnamento". La prima volta che Gesù, nel vangelo di Marco, apre la bocca per insegnare provoca sconcerto. La gente rimane sconcertata da questo suo insegnamento "egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi".
Gli scribi erano coloro che leggevano la Bibbia, la interpretavano e la spiegavano alla gente; erano laici che, dopo tutta un'esistenza consacrata allo studio della Bibbia, all'età di quarant'anni(3) ricevevano, attraverso l'imposizione delle mani, la trasmissione dello spirito di Mosè per interpretare la Bibbia. Godevano di un'autorità non solo pari a quella della Bibbia, ma superiore(4). Costoro erano il magistero infallibile dell'epoca. Si diceva che l’insegnamento degli scribi avesse autorità divina; cioè era Dio che autorizzava queste persone a insegnare, e quando loro parlavano era come se Dio stesso parlasse.
Il loro, però, era un insegnamento ripetitivo e di conseguenza poco incisivo(5). Lo schema in genere era questo: nella Bibbia c'è scritto che dovete far così e così, il profeta tal dei tali ha aggiunto che dovete fare pure così, il rabbì(6) di santa memoria ha detto che bisogna fare così, e così noi vi diciamo… ecc, ecc… Era un insegnamento che manteneva sempre molta distanza tra Dio e l'uomo; in questo insegnamento l'uomo, per quanto facesse, si trovava sempre in colpa(7); per quanto cercasse di essere in piena comunione con Dio, mancava sempre qualche cosa, affinché questa comunione fosse piena: infatti gli scribi erano riusciti a tirare fuori dalla Bibbia ben 613 precetti da osservare. C'erano 365 proibizioni e 248 comandamenti: ne risultava una vita praticamente impossibile. L'uomo si trovava sempre in colpa, non si era mai sicuri di essere in comunione con Dio, o perché ti eri dimenticato quella preghiera, o perché avevi fatto quel gesto che non dovevi fare, o perché avevi un pensiero che non dovevi avere. L'uomo si sentiva sempre in colpa e gli scribi fungevano da mediatori.
In questa situazione, in questo ambiente, arriva Gesù e la gente appena lo sente parlare dice: "Questo si che insegna con autorità, non i nostri scribi!". Appena Gesù apre bocca, già la prima volta, butta all'aria tutto l'insegnamento degli scribi.
L’insegnamento di Gesù, la buona notizia(8), consisteva nell’affermare che Dio ama tutti quanti. Ama i buoni, ma ama anche i malvagi, ama chi lo merita, ma ama anche chi non lo merita, perché Dio non può fare altro che essere amore (cfr. Lc 6,35).
Gesù, inoltre, semplifica il rapporto con Dio: ama gli altri come Dio ti ama e hai la piena comunione con Dio(9). Se ami sei a posto con Dio; se non ami puoi essere il più bigotto, il più fanatico e assiduo frequentatore dei riti, ma non sei a posto con Dio. La gente, appena sente questa ventata di aria fresca, si sente liberata e dice: questo parla con l'autorità che viene da Dio e non come i nostri scribi.
Appena c'è questo entusiasmo da parte della gente ecco che si scatena la reazione. Scrive l'evangelista che "Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo…".
Il termine "spirito", sia nella lingua ebraica sia in quella greca, significa "forza", una forza esterna all'uomo. Quando questa forza viene da Dio si chiama "santa", dal verbo santificare che significa "separare". "Spirito Santo" significa una forza che mi separa, non dagli uomini, ma dal male, dall'egoismo. Quando questa forza non viene da Dio, ma viene dall’egoismo, si chiama, secondo il linguaggio dei vangeli, "impura".
Noi occidentali, di fronte ad un qualsiasi avvenimento, tendiamo a darne un resoconto giornalistico, rendendo noti i fatti nella loro essenzialità, legando strettamente causa ed effetto; qualunque altro modo di raccontare viene ritenuto illecito, a meno che non si stia facendo della satira.
In oriente descrivere l’avvenimento in termini giornalistici provocherebbe l’incomprensibilità del fatto stesso ed il rifiuto degli ascoltatori; infatti si ha l’abitudine, ma forse è meglio dire la necessità, una necessità generata dalla loro cultura, di sovrapporre al fatto una serie di costruzioni metaforiche che servono, con forme di ridondanza letteraria e ripetizioni, a chiarire al meglio agli ascoltatori la successione dei fatti descritti ed i rapporti causa-effetto. Tale abitudine orientale è a tutt’oggi ancora presente ed è uno dei maggiori ostacoli ai rapporti diplomatici tra nazioni orientali e nazioni occidentali. Anche i vangeli non sono immuni da questa abitudine.
Un esempio tipico di questo metodo di scrivere è quella che io chiamo “antropizzazione del pensiero”; ovvero, se lo scrittore vuole far esprimere un parere ad un personaggio, questo parere diviene esso stesso persona e parla esprimendo quanto il personaggio avrebbe dovuto dire(10). Quando si parla si emette aria, soffio, spirito secondo una dicitura tratta dal greco(11); ed ecco che il parere da esprimere esce dal personaggio come spirito e parla in sua vece. Se il parere da esprimere è negativo, in contrasto con il pensiero di un personaggio importante o santo come Gesù, lo spirito è definito immondo o impuro(12) perché si oppone a chi detiene la santità, cioè contrasta Dio.
Nella sinagoga vi è un uomo che va per il culto, che prega e nessuno si era accorto che fosse posseduto da uno spirito impuro; ma appena Gesù parla ecco che si scatena.
Questa persona si mette a gridare dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". Guardate che stranezza, parla al plurale!  È molto strano che una persona singolare si metta a parlare al plurale: vediamo allora, secondo il pensiero di Marco, il significato di questa espressione.
L’individuo parla al plurale e accusa Gesù di distruggere tutta una certa categoria alla quale appartiene: ma quale categoria Gesù sta distruggendo? Gesù con il suo insegnamento sta distruggendo tutto l'insegnamento tradizionale. Di conseguenza, l'uomo che parla è una persona che ha dato un'adesione acritica, fanatica al potere - in questo caso al potere religioso - e nel pericolo per l'istituzione religiosa vede pure un pericolo per lui come persona. Si schiera subito con l'istituzione religiosa e blocca Gesù. Dice: alt, sei venuto a distruggerci con questo insegnamento?
Se Marco scrivesse il vangelo per i giorni nostri non descriverebbe più una persona posseduta da uno spirito impuro, ma direbbe: c'era un fondamentalista, cioè una persona che dà un'adesione totale ad una certa idea e non ragiona con la propria testa. Questo Gesù non lo vuole. Gesù non vuole delle persone infantili, dei bambini, Gesù vuole delle persone adulte.
A questo proposito pensate all'abuso che è stato fatto, da parte dei prepotenti per sottomettere i deboli, dell'espressione di Gesù: "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli."(Mt 18,3). È stata utilizzata come un invito a diventare dei sottomessi: ogni volta che uno ragionava con la propria testa, gli si diceva che, se non diventava come un bambino - quindi sottomesso, buono, anche un po' cretino che non guasta - non poteva entrare nel regno di Dio. Questa era sempre l'arma dei prepotenti. Quando uno, specialmente nella vita religiosa, voleva soggiogare un altro e quest'altro si permetteva di avere una propria opinione, lo invitava a diventare come un bambino, a lasciarsi guidare dal padre.
Ma non è questo il pensiero di Gesù! Quando Gesù ci invita a diventare come bambini, non si riferisce al nostro concetto pseudo-romantico del bambino, ma al bambino di quella società. Il bambino nel mondo ebraico non vale niente, è un essere insignificante. Addirittura, il padre alla nascita lo poteva sopprimere. Dice il Talmud che "è più importante lo stomaco del padre che la vita del bambino". Quindi Gesù non ci invita ad essere infantili, a non avere un'opinione, un giudizio, ma dice che, se non accettiamo di essere considerati un niente da parte della società, non potremo pensare di entrare nel regno di Dio. Perché, se noi abbiamo l'ambizione di essere più degli altri, di schiacciare gli altri, non troveremo posto.
Ritornando al personaggio del vangelo di Marco, vediamo il seguito della reazione: "…Io so chi tu sei: il santo di Dio". Nella tradizione ebraica si pensava che, dopo Mosè, Dio avrebbe suscitato il santo, cioè il Messia, che doveva essere il continuatore di Mosè per aiutare il popolo ad osservare la legge ed interpretarla fedelmente (cfr. Dt 18,15). Allora, questo uomo richiama Gesù al ruolo che la tradizione voleva fosse del Messia.  La frase potrebbe quindi essere riscritta così: "Cos'è questo insegnamento che distrugge quello di Mosè? Tu sei il santo di Dio, cioè quello che deve continuare l'insegnamento della tradizione religiosa, perché ci vieni a distruggere?".
In risposta, "E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui."
L'insegnamento di Gesù, che ha provocato già entusiasmo presso la gente, libera questa persona, perché l'insegnamento di Gesù libera ma lo libera con un grande strazio.
Io credo che nelle difficoltà del fondamentalista ci siamo passati in molti(13). Nelle sue condizioni è uno strazio accogliere il messaggio di Gesù, perché quando lo si accoglie, ci si rende conto che tutto quello che credevamo sacro e importante nella nostra vita spirituale e sul quale avevamo impostato la nostra esistenza, magari a costo di chissà quali sacrifici e rinunce nella nostra vitalità e nella nostra affettività, non solo non è importante, ma addirittura può impedire la comunione con Dio.
Allora è uno strazio perché ci si sente ingannati, ci si sente stuprati nella propria coscienza. È uno strazio liberarsi. È uno strazio, un logorio, perché bisogna sradicare le radici della nostra religiosità, per far posto a questo spirito che Gesù ci vuole comunicare. Ecco che lo spirito impuro, che rappresenta le sue convinzioni radicate, straziando questo uomo, esce da lui.
C'è poi la reazione da parte della gente: "Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!»”.
Un insegnamento nuovo: in greco ci sono due termini che significano "nuovo". Il primo indica ciò che viene aggiunto nel tempo, quindi nel senso di un insegnamento in più; il secondo, ed è il termine che viene usato dall'evangelista, è il nuovo la cui qualità soppianta il vecchio. La gente sente che l'insegnamento di Gesù è un insegnamento nuovo, cioè di una qualità così grande e così bella, che tutto il resto viene soppiantato. Appena arriva Gesù c'è questa ventata di aria fresca, la gente riacquista la dignità, ma soprattutto - e questo è importante, perché è un'esperienza che tutti possiamo fare - la gente sente che quelle convinzioni che aveva represso nell'angolo più nascosto della propria coscienza, perché pensavano che non fossero giuste, sono quelle vere.
Allora l'uomo rinasce, è una persona nuova e la gente dice: "Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!". È la prima volta che appare il verbo "obbedire"; nei vangeli, viene usato soltanto per gli elementi ostili all'uomo. Perché Dio non chiede obbedienza: mai troverete nei vangeli Gesù che chiede di obbedire a Dio. Mai! Due volte nel vangelo di Marco - in tutti i vangeli cinque volte (Mt 8,27; Mc 1,27; Mc 4,41; Lc 8,25; Gv 3,36) - l'espressione "obbedire" o "obbedienza" è sempre rivolta a elementi ostili all'uomo. Gesù non chiede di obbedire a Dio ma ci chiede di assomigliare al Padre. Ecco l'insegnamento nuovo che la gente ha accolto.
L'insegnamento antico può essere sintetizzato così: c'è Dio e c'è una legge che esigono obbedienza. Il credente è colui che obbedisce a Dio, osservando le leggi.
Arriva Gesù, butta all'aria tutto questo e al posto di Dio mette un Padre, al posto della legge mette l'amore, e al posto dell'obbedienza mette la pratica della somiglianza. Chi è il credente per Gesù? È colui che assomiglia al Padre, praticando un amore simile al suo.
Questo porta ad un paradosso veramente scandaloso, perchè Gesù presenta, come modello di vero credente, un eretico. Non lo abbiamo nel vangelo di Marco, ma in quello di Luca, nell'episodio del Samaritano (Lc 10,29-37): il Samaritano, secondo le credenze di quel tempo, è un eretico, un impuro, un reietto, ma è l'unico che ha un sentimento uguale a quello di Dio. Vede un uomo in difficoltà e lo soccorre. Passa il sacerdote e non lo soccorre perchè (sembra assurdo ma questo era il pensiero di allora) era un uomo "sanguinante", e un sacerdote non può toccare il sangue perché si infetta, e infettandosi non è più puro e non può continuare la sua preghiera con Dio: il sacerdote non soccorre l'uomo per obbedire alla legge di Dio.
Arriva l'eretico, vede un uomo in difficoltà, non gli importa niente di sangue o non sangue, lo soccorre. Gesù dice: questo è il modello del credente, cioè colui che assomiglia al Padre, praticando un amore simile al suo. Che poi creda in una certa dottrina religiosa o non creda, questo per Gesù è completamente insignificante, per Gesù non ha nessuna importanza. Non è l'adesione a verità di fede, verità teologiche, a dogmi quello che per Gesù dà valore all'uomo, ma è una somiglianza al Padre, praticando un amore simile al suo.
L'uomo posseduto da uno spirito impuro, è il primo personaggio che Marco ci propone, perché è la chiave di interpretazione di tutti gli altri. Il vangelo di Gesù è un messaggio che ci libera, ci fa sentire in piena comunione con Dio. La comunione con Dio non è più regolata dall'osservanza di riti o precetti, ma da un atteggiamento di amore nei confronti degli altri: e se c'è questo, incomincia la libertà di Gesù, la sua azione di liberazione.

Note: 1. Per entrare nella sinagoga, secondo il Talmud, gli uomini che avevano superato i 20 anni dovevano essere sposati. Gesù, non essendo sposato, troverà spesso difficoltà ad entrare e talvolta dovrà accontentarsi di insegnare nel cortile della sinagoga. Oggi si presume che Gesù avesse ricevuto l’educazione nelle scuole greco-ebraiche di Sefforis, ambiente nel quale era tollerato il celibato, ed è forse per questo che in alcune sinagoghe, come in questa di Cafarnao, riconoscendo la sua provenienza (Sefforis era a pochi chilometri da Cafarnao), gli era consentito l’ingresso. – 2. Nel vangelo di Marco (Mc 7,6) Gesù dirà che la pratica delle preghiere, delle liturgie, non è quello che Dio richiede; a Dio non interessano le preghiere degli uomini, gli interessa la somiglianza da parte degli uomini al suo amore. – 3. Se si pensa che la vita media, per un uomo di allora, era di 40 anni, queste persone ricevevano la consacrazione quando erano quasi dei vegliardi. – 4. Dice il Talmud, il libro sacro agli ebrei: "Quando uno scriba dà una sentenza diversa da quella della Bibbia, credi allo scriba e non alla Bibbia". – 5. Bisogna dire che in molte parrocchie, oggi, avviene lo stesso per sclèrosi della dottrina cattolica. – 6. Maestro. – 7. Questa concezione è diffusa ancora oggi nella Chiesa cattolica nonostante sia in contrasto con il messaggio dei vangeli. Da questa concezione ci ha liberato Gesù più di 2000 anni fa. – 8. Una notizia buona per alcuni, ma scandalosa per altri e non solo allora, ma anche oggi. – 9. Gesù non ha mai detto che quando noi commettiamo qualche colpa, Dio si offende. Prima del Concilio c'era quell'orribile preghiera che ci imponevano quando ci si andava a confessare, l'atto di dolore: "Mio Dio, mi pento perché ho offeso Voi e ho meritato i Vostri castighi…"; roba veramente agghiacciante. Era tutta una teologia dove il peccato era un'offesa fatta a Dio. Ci è voluto poi il Concilio, dove si è detto che il peccato è un limite che l'uomo pone a se stesso. Il peccato non è un'offesa che faccio a Dio, ma un limite nella mia crescita, un’offesa a me stesso (Cfr. Gaudium e spes n. 13). – 10. Questo metodo diviene particolarmente utile quando la discussione si trasforma in alterco; infatti in oriente un litigio è sempre scandaloso e diminuisce l’onorabilità delle persone coinvolte indipendentemente da chi ha ragione. Se l’alterco si sviluppa tra due “spiriti” può essere raccontato senza intaccare l’onore delle persone coinvolte che, almeno formalmente, sono rimaste in silenzio. – 11. Soffio e spirito in greco si dice indifferentemente pneuma. – 12. Nei vangeli spesso viene usata indifferentemente l’allocuzione “spirito impuro” e la parola “demone”, particolarmente nel vangelo di Marco. Il termine “demone” non esiste nella Bibbia ebraica, esso si trova nella Bibbia tradotta in greco, quella cosi detta dei LXX; era in pratica l’unica versione della Bibbia nota agli evangelisti che, in quel tempo, parlavano prevalentemente il greco o l’aramaico ma non l’ebraico.
La Bibbia, l’AT, è stata scritta all’origine quasi tutta in lingua ebraica. Circa 150 anni prima di Gesù, poiché molti ebrei vivevano all’estero dove l’ebraico non era più parlato, se non nel culto, hanno sentito l’esigenza di tradurre la Bibbia dalla lingua ebraica alla lingua greca. Nella Bibbia, particolarmente nella parte più antica, quella scritta tra il X e l’VIII secolo a.C., ci sono dei vocaboli che risalgono alla mitologia dei sumeri e dei cananei: satiri, sirene, centauri, fauni; i traduttori, che vivevano in una società greca cioè in una società intellettuale, evoluta anche a livello teologico e spirituale e quindi lontana dalle forme della mitologia antica, tutte le volte che hanno trovato queste espressioni (se ne conoscono 19 casi), le hanno tradotte sistematicamente con il termine demone che in greco significa essere divino, sia buono che malvagio, ma anche malattia, ossessione, superstizione. Una reminiscenza di questo significato l’abbiamo anche in italiano quando diciamo che un tizio ha il “demone del gioco”, ha l’ossessione del gioco, è quindi malato. Quindi il termine demone non esiste nell’AT, ma solo nella traduzione greca; addirittura il traduttore di Isaia si è lasciato prendere un po’ la mano: le capre selvatiche e i gatti selvatici li ha fatti diventare anch’essi demoni.
Al tempo di Gesù il termine demone si era parzialmente modificato e indicava anche tutto quello che non era possibile spiegare. Per esempio: l’insolazione. Come potevano spiegare l’insolazione? Oggi lo sappiamo, ma allora no. La spiegavano con Meribi, un dio fenicio, interpretato come demone, che gira in quelle ore in cui il sole picchia di più. Chi lo incontra si prende l’insolazione. Così anche per l’esaurimento nervoso o l’epilessia.
Gli evangelisti hanno spesso utilizzato la “antropizzazione del pensiero”; in particolare hanno utilizzato l’immagine dei demoni per indicare tutto quello che impedisce agli uomini di accogliere il messaggio di Gesù.
Quindi liberare gli uomini dal demonio non significa liberarli dai satiri, dai fauni, dai centauri, ma significa liberarli da tutto ciò che impedisce l’accoglienza del messaggio di Gesù, in particolare la Legge, come spiegherà molto bene Paolo nelle sue lettere. Purtroppo il cristianesimo ha trascorso secoli nell’ignoranza del passato e nel rifiuto delle altre culture, dimenticando che Gesù era ebreo, e queste indicazioni, che all’epoca degli evangelisti (fine I secolo d.C.) erano perfettamente comprese, vennero nel mondo occidentale recepite nel loro senso letterale e trovarono un ottimo terreno di sviluppo nella mitologia celtica (cioè franco-tedesca) portata nel mondo latino dai monaci al seguito di Carlo Magno; e nel mondo mitologico del nord gli esseri maligni pullulavano. Collegare i demoni con gli esseri maligni della mitologia tedesca è stato facile, ed è nato il diavolo.  – 13. Basta comprendere con serenità chi è una persona posseduta da uno spirito impuro. È una persona che non ragiona con la propria testa, ma ragiona con la testa di chi lo comanda. In questo caso abbiamo l'istituzione religiosa, ma lo potete mettere nella politica, nella vita civile. Il posseduto è una persona incapace di una propria opinione. Quando gli si chiede: ma tu come la pensi? Risponde: io la penso come il partito, come il mio capo, come il sacerdote... In questo caso è uno che la pensa come il sommo sacerdote. Lui non ha un'opinione personale: quello che il sacerdote dice di fare per lui va bene, anche se va contro la propria coscienza, anche se va contro le proprie opinioni.