XII Domenica del Tempo Ordinario – Mc 4,35-41
In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro:
«Passiamo all'altra riva». E
lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche
altre barche con lui. Nel
frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca,
tanto che ormai era piena. Egli
se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli
dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». Destatosi, sgridò il vento e disse al
mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così
paurosi? Non avete ancora fede?». E
furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui,
al quale anche il vento e il mare obbediscono?».
Dopo
gli studi svolti sotto la spinta del Concilio Vaticano II è stato possibile
comprendere che i Vangeli non sono la cronaca giornalistica di più episodi, ma,
una elaborazione della cronaca fatta in modo di trasmettere un insegnamento che
risulta valido per sempre. Sono testi di una ricchezza teologica
impressionante, dove l’evangelista ha calcolato ogni termine, lo ha calibrato,
e gli ha dato la sua importanza. Per esempio, il mare. Uno che conosce la
geografia della Palestina, pensa che Gesù sia andato lungo il mare
Mediterraneo, è l’unico mare che esiste lì. Poi invece dal contesto capisce,
che è il lago di Galilea. Perché Marco scrive che questo è un mare, quando e un
lago?
Perché
il mare nella tradizione ebraica, è il luogo dal passaggio dalla schiavitù alla
libertà! Il passaggio del mar Rosso.
Sapienza 19,7: Si vide la nube coprire d'ombra l'accampamento, terra asciutta
apparire dove prima c'era acqua, una strada libera aprirsi nel Mar Rosso e una
verdeggiante pianura in luogo dei flutti violenti.
Soprattutto
il mare delimitava un confine, oltre il quale vi erano i popoli pagani. Se noi
leggiamo ciò che nel vangelo di Marco precede questo brano (la permanenza di
Gesù a Cafarnao, città di confine, ma ebrea) e ciò che segue (la predicazione
in Gerasa, cittadina pagana) riusciamo ad avere un comprensione maggiore di
questo brano.
Gesù ordina di passare
all’altra riva. L’evangelista, tutti gli evangelisti, pone delle chiavi di
lettura nel testo, chiavi che aiutano poi il lettore a comprendere correttamente
il significato del brano. Ad esempio una chiave di lettura si ha quando nei
vangeli troviamo l’espressione "in disparte" o "a parte".
Tutte le volte che Gesù prende Pietro, Giacomo e Giovanni in disparte, è
un termine tecnico, una chiave di lettura messa dall’evangelista, che indica un
contesto negativo, ci sarà infatti una resistenza da parte di coloro che Gesù
prende in disparte. Così il passare all’altra riva, indica
sempre, nei vangeli, il trasferimento, l’andata nel territorio pagano. In
Galilea, c’è il lago di Galilea e mentre Cafarnao, città dove Gesù ha operato,
è nella terra di Israele, sull’altra riva c’è la Decapoli, le dieci città
pagane. Quindi andare sull’altra riva vuol dire sempre andare dai
pagani, e ogni qualvolta Gesù dice "Andiamo all’altra riva", succede
sempre un qualcosa che tenta di impedirlo.
Gesù sale sulla
barca. Da sempre, nel cristianesimo primitivo la barca è divenuta il simbolo
della comunità cristiana, della Chiesa. L’evangelista usa il termine mare
perché il mare, nella spiritualità ebraica, ha un significato molto profondo e
sta ad indicare, come dicevo, il passaggio del mar Rosso, che è il passaggio
verso la libertà, e non dimentichiamo che Gesù ha inaugurato un nuovo esodo che
non riguarda lo spazio geografico, ma uno spazio interiore di piena libertà; e
poi il mare era lo spazio che divideva Israele dalle terre pagane.
Perciò quando nel vangelo si trova la parola mare è sempre in
riferimento al mondo pagano e in riferimento a un esodo nel quale anche i
pagani sono invitati ad associarsi. Passare il mare significa
"andare e verso la libertà e verso i pagani", e ci sarà sempre
resistenza da parte dei discepoli.
C’è tempesta con onde
che passano da una parte all’altra della barca e, ecco l’altra incongruenza,
"Gesù dorme". Impossibile! Tra l’altro, storicamente, se qualcuno ha
visto il Lago di Galilea durante una tempesta, veramente le barche saltano in
aria, ci sono delle onde tali che tutto si può fare fuorché dormire. È strano:
c’è una tempesta tremenda, le onde che scavalcano da una parte all’altra la
barca e Gesù dorme. Il dormire è un’immagine che viene usata dagli
evangelisti per indicare la morte. I primi cristiani che avevano compreso che
la morte non interrompeva la vita, ma era soltanto una sua fase che poi riprendeva
al risveglio, morire lo hanno espresso con il verbo dormire.
Allora qui il dormire di Gesù significa il tempo della morte, che dai
discepoli è stato vissuto come un’assenza e che può mettere in pericolo la
stabilità di questa barca che, ricordiamo, è l’immagine della Chiesa. Finché
c’era lui, Gesù, il Messia, si sentivano sicuri, ma una volta che non sentono
più la sua presenza fisica, Gesù dorme, Gesù è morto, ecco che la barca sembra
vacillare.
Allora, i discepoli,
accostatosi a lui lo svegliano. Ed egli levatosi, sgrida i venti e il mare e si
fece una grande bonaccia.
Gesù è al centro
della comunità, ma i discepoli, di fronte alle potenze ostili del paganesimo,
dubitano della sua presenza e della sua assistenza. Tre volte nel vangelo c’è
il grido: «Salvaci Signore!», e tutte le volte Gesù si arrabbia e dice che
questa espressione è una mancanza di fede.
Ma vediamo qui
quest’altra incongruenza: l’evangelista dice che Gesù sgrida i venti e
il mare, e il verbo usato in greco è lo stesso che viene usato per scacciare i
demoni. Quindi Gesù sgrida i venti e il mare, come se fossero potenze
ostili, negative per l’uomo. Anche nel salmo 106 al versetto 9 si legge che Dio
«sgridò il Mar Rosso e fu disseccato». Ancora una traccia che usa l’evangelista
per indicare che quanto sta narrando è in stretta relazione con l’Esodo.
Troviamo ora
un’espressione «gli uomini furono presi da grande timore»; i discepoli, stanno
seguendo Gesù, Gesù li ha chiamati perché vivessero con lui, eppure si
chiedono: "E questo qua chi è?" È strano vero? È già da un bel pezzo
che i discepoli stanno con Gesù, ma di fronte a un avvenimento del genere si
chiedono: "E chi è questo qua?" E si affaccia loro un sospetto
terribile: "C’è uno solo al quale il mare e i venti possono obbedire: Dio.
Non sarà mica che quest’uomo è Dio?" Il giudaismo, abbiamo visto, aveva
messo un abisso tra l’uomo e Dio: Dio sta nel settimo cielo e i rabbini
calcolavano una lontananza di ben 3500 anni di cammino. Paolo nella seconda
lettera ai Corinti, descrivendo una sua esperienza mistica, dice di essere
arrivato al terzo cielo, ma non al settimo cielo, quindi Dio è l’inaccessibile.
E questi hanno il sospetto che in Gesù si manifesti Dio, ma non è possibile che
il Dio inaccessibile si manifesti visibilmente in un uomo, e allora si
chiedono: "Chi è mai costui al quale il mare e i venti obbediscono?"
I venti e il mare obbediscono solo a Dio e si insinua il sospetto, nella testa
dei discepoli, che Gesù sia Dio, perché questo non era certo chiaro.
Gesù si è presentato
come il Messia, ma il Messia non era considerato Dio. Era considerato un inviato
da Dio, che Dio proteggeva e al quale aveva comunicato la sua forza,
ma non che il Messia fosse Dio. E quindi qui, per la prima volta, si
insinua nei discepoli questo sospetto: "Non sarà mica che Gesù è
Dio?" Se è vero questo, ecco tutto un grande pezzo della teologia ebraica
che va a farsi benedire.