(segue dalla domenica precedente)
4. L’humus che ha prodotto Gesù
Facciamo un
balzo in avanti, un bel balzo, di quasi mille anni, entriamo nel Medioevo.
Nel
corso del XII secolo le singole chiese nobiliari, monastiche, vescovili si
amalgamarono attorno al papa, così che, lentamente, con l'aiuto anche dei
canonisti legati al papato, che formularono sempre più precisamente l'identità
giuridica della Chiesa e le sue funzioni, si delineò il principio
dell'autonomia della Chiesa: competeva, dunque, al papa gestire le questioni
della Chiesa, la quale, comunque, poteva delegare l'esecuzione all'autorità
temporale.
Significativa
in tal senso fu la riforma Gregorio VII (1073-1085) che con il suo
"Dictatus papae" (1075) darà una forte spinta alla supremazia papale
su quella imperiale, che troverà la sua massima espressione in Innocenzo III
(1198-1216) al punto tale che le parti si capovolsero, passando da una teocrazia
imperiale ad una ierocrazia papale.
Prima
tuttavia, era necessario per la Chiesa compiere al proprio interno una radicale
pulizia e mettere fine a gravi disordini morali che intaccavano alla radice
qualsiasi tentativo di riforma: la simonia in primo luogo, una mentalità ed un
atteggiamento sbagliati che si erano venuti a formare all’interno della Chiesa
per l’eccessivo invischiamento terreno della Chiesa stessa.
Con
il termine simonia, derivante dall’episodio di Simon Mago (At 8,18-24), si intende la compravendita e la mercificazione di
cose e uffici sacri.
Gregorio
Magno (590-604) ne distinse tre tipi: “munus a manu”, cioè le bustarelle;
“munus a lingua”, cioè le raccomandazioni; e il “munus ab ossequio”,
consistente in servizi resi o da rendere.
Questi comportamenti deviati degradavano la figura morale della Chiesa e contro i quali si levarono dei movimenti di protesta all’interno della Chiesa stessa (tra i vari vescovi che vi si opposero vi fu anche Raterio, vescovo di Verona tra il 931-968).
Questi comportamenti deviati degradavano la figura morale della Chiesa e contro i quali si levarono dei movimenti di protesta all’interno della Chiesa stessa (tra i vari vescovi che vi si opposero vi fu anche Raterio, vescovo di Verona tra il 931-968).
Si
trattava di creare una nuova coscienza morale più sensibile ai valori dello
spirito.
Molto vicina alla simonia fu la teocrazia dei sovrani dell’epoca (XI sec.) i quali si arrogarono il diritto di elezione dei vescovi, abati e di altre cariche ecclesiastiche a cui legavano un beneficio terriero.
Molto vicina alla simonia fu la teocrazia dei sovrani dell’epoca (XI sec.) i quali si arrogarono il diritto di elezione dei vescovi, abati e di altre cariche ecclesiastiche a cui legavano un beneficio terriero.
La
questione dell’investitura ecclesiastica, reclamata di diritto dal sovrano o da
un signore, si radicava nel diritto istituzionale dell’epoca per cui la chiesa,
il monastero, la parrocchia che risiedevano su di un terreno privato era di
proprietà del possidente il quale godeva dei benefici degli stessi ed
esercitava l’autorità su questi. Pertanto l’elezione dei vescovi o di altre
cariche ecclesiastiche passavano solo con il consenso del re o del signore.
Tale stato di cose cessò con la riforma gregoriana (Gregorio VII, 1073-1085) che pose un distinguo tra le “regalia” e le “spiritualia”: le une aspettavano al sovrano, le altre alla Chiesa.
Quello che fu il pensiero di Gregorio VII, si materializzò con Innocenzo III, il più potente papa di tutto il Medioevo. Con lui il papato consolidò il suo primato in tutta la Chiesa occidentale e la sua autorità, non solo morale, su tutti gli stati europei.
Tale stato di cose cessò con la riforma gregoriana (Gregorio VII, 1073-1085) che pose un distinguo tra le “regalia” e le “spiritualia”: le une aspettavano al sovrano, le altre alla Chiesa.
Quello che fu il pensiero di Gregorio VII, si materializzò con Innocenzo III, il più potente papa di tutto il Medioevo. Con lui il papato consolidò il suo primato in tutta la Chiesa occidentale e la sua autorità, non solo morale, su tutti gli stati europei.
Con
Innocenzo III si realizzò il concetto agostiniano della “Civitas Dei”, rafforzato
dalla “Donatio Constantini”, ritenuta, all’epoca, autentica(1).
La
Chiesa, allora, apparve come il vero “Imperium romanum” e che al papato
spettasse il potere assoluto sul mondo. Il papa divenne, dunque, il “Caput
Christianitatis” composta da molti popoli, ma tutti uniti nell’unica fede.
Ai
suoi occhi le cose di questo mondo dovevano sottomettersi all’ordine voluto da
Dio; pertanto, anche sovrani e principi erano tenuti a piegarsi a Dio. Il
mondo, dunque, gli appariva come una grande gerarchia rappresentata dalla
Cristianità al cui vertice c’era il papa, in una posizione intermedia tra Dio e
l’uomo. Giudica su tutti, ma non giudicabile da nessuno se non da Dio.
Il Papa si chiamava Lotario dei Segni, era un conte, una persona funerea,
forse psichicamente disturbata, che purtroppo ha scritto un libro che è
divenuto un best-seller per secoli e secoli, devastando la vita dei credenti, “Il disprezzo del mondo”, di cui riporto
soltanto alcune righe tanto per avere l’idea del suo pensiero:
“… l’uomo viene concepito dal sangue putrefatto per l’ardore della
libidine e si può dire che già stanno accanto al suo cadavere i vermi funesti;
da vivo generò lombrichi e pidocchi, da morto generò vermi e mosche. Da vivo ha
creato sterco e vomito, da morto produrrà putredine e fetore, da vivo ha
ingrassato un unico uomo, da morto ingrasserà numerosissimi vermi … felici
quelli che muoiono prima di nascere e che prima di conoscere la vita hanno
provato la morte. Mentre viviamo, continuamente moriamo e finiremo di essere
morti allorquando finiremo di vivere perché la vita mortale altro non è che una
morte vivente”.
Questo libro determinò la
spiritualità cristiana per secoli.
In queste
condizioni, la Chiesa si allontanava sempre più dal messaggio di Gesù. Ma quasi
dal nulla comparve un uomo, Francesco, uomo solare, uomo innamorato del
vangelo, chiama fratello anche il fuoco del chirurgo che con un ferro rovente
cercava di cicatrizzargli le palpebre (lui soffriva di malattie agli occhi) ed
è arrivato a chiamare sorella perfino la morte.
Non ho il
coraggio di scusare gli errori del passato dicendo: ma erano figli del tempo. Per
tutti e due il vangelo è identico, i risultati sono opposti: Lotario comandò la
crociata per andare ad uccidere gli infedeli, Francesco andò a parlare al
sultano per portare anche a lui la buona notizia.
Ripetiamo il balzo, non proprio di mille anni, ma quasi. Il 4 aprile 1959, a dieci anni dal
decreto contro i comunisti, il Sant'Uffizio rinnovava la condanna estendendola
ai socialisti e socialdemocratici. Nel marzo-aprile 1960 la lettera pastorale
della CEI condannava il laicismo e la rivendicazione d'indipendenza
dall'autorità ecclesiastica nel campo temporale. Dal 1958 al 1965 il Presidente
della CEI è il card. Siri: di fronte ai cambiamenti della società, la
gerarchia, ancora una volta, reagisce duramente innalzando il vessillo
dell'autorità e non quello della misericordia.
Il Vaticano
si sente assediato, non solo dai comunisti, ma dall'emergente società dei
consumi, dalla congiura dei moderni pagani che attentano all'integrità della
dottrina. L'Osservatore romano ribadisce la subordinazione dei cattolici alle
direttive della gerarchia. Il card. Ottaviani si scaglia contro la visita a
Mosca del cattolico presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
Ma il mondo
va ugualmente avanti: il 25 marzo 1957 a Roma si firmano i trattati che
istituiscono la CEE (Comunità economica europea) e l'Euratom (Comunità europea
dell'energia atomica).
Il bisogno
di libertà porta all'esplosione della rivolta operaia a Poznan in Polonia,
mentre in Ungheria la rivolta antisovietica viene repressa nel sangue dai carri
armati. La costruzione del muro di Berlino (agosto 1961) da parte della
Germania orientale sancisce fisicamente la drammatica divisione della Germania
(e del mondo), ma al congresso di Bad Godesberg i socialdemocratici tedeschi
avevano già abbandonato il marxismo e proclamato che il “socialismo democratico
in Europa ha le proprie radici nell'etica cristiana, nell'umanesimo e nella
filosofia classica”.
Sarà
soprattutto il XX congresso del PCUS - durante il quale Nikita Kruscev presenta
il rapporto segreto sui crimini di Stalin - ad aprire una nuova fase di
riflessione nei partiti comunisti dell'Europa occidentale, tra i quali il Pci;
comincia a crollare il mito sovietico e in Italia finisce l'unità d'azione
Psi-Pci. Subito dopo, Togliatti, in un'intervista rilasciata a “Nuovi
Argomenti” critica il culto della personalità di Stalin, ma rivendica la validità
del modello sovietico.
Negli Stati
Uniti assistiamo alla breve, ma intensa stagione della presidenza di John
Kennedy (1960-63) la cui politica definita “nuova frontiera” stava suscitando
speranze tra i democratici di tutto il mondo. Nell'ottobre 1962 Kennedy deve
affrontare la crisi dei missili a Cuba: sostegno dell'Urss a Fidel Castro e
decisione americana di attuare il blocco navale per impedire alle navi
sovietiche di portare aiuti militari e installare loro missili. Si era arrivati
sull'orlo di una nuova guerra, questa volta nucleare. Molti nodi vengono al
pettine, sia nel mondo politico mondiale che nella Chiesa.
Da poco
tempo è stato eletto al soglio pontificio Giovanni XXIII. Rispetto alla curia
ed al mondo che lo circonda, Papa Giovanni ha sensibilità diverse, si presenta
subito come il buon pastore: egli afferma che il compito del Papa per tutta la
Chiesa, e dei vescovi per le loro diocesi, è quello di predicare il Vangelo a
tutta la “famiglia umana”. Al di sopra di tutte le opinioni e i partiti che
agitano e travagliano la società e l'umanità intera, è il Vangelo che si leva
(discorso dell'incoronazione del 4.11.1958). Non è un teologo, non intende
elaborare nuovi dogmi o restaurare quelli di sempre, ma vuole procedere con
determinazione a un rinnovamento pastorale e morale perché il cristianesimo è
essenzialmente vita vera, vissuta nelle circostanze storiche in cui si è
chiamati a vivere.
Secondo lo
storico Guido Verucci, sul lato pratico, nei primi tempi, deve fare i conti col
potere curiale, ma a partire dalla seconda metà del 1961 l'ispirazione
pastorale di Giovanni XXIII, in collegamento con i problemi del mondo, riesce a
sopravanzare. Con il Radio messaggio del 10 settembre 1961 si rivolge a tutti
“i nostri figlioli credenti e anche non credenti”; significativo il fatto che
Krusciov, dopo queste parole, invia un messaggio di auguri al Papa in occasione
dei suoi 80 anni. Con l'enciclica “Pacem in terris” redatta pochi mesi prima
della morte (3.6.1963), completa la sua opera di pace rivolta a tutti gli
uomini di buona volontà. Un messaggio profondamente umano e universale, prima
che religioso. Egli vede i segni dei tempi in tre fenomeni che caratterizzano
l'epoca moderna:
a) anzitutto
nell'ascesa economico sociale delle classi lavoratrici;
b) nell'ingresso
della donna nella vita pubblica dove esige di essere considerata persona come
nella vita domestica;
c) nella
famiglia umana, a partire dall'indipendenza dei popoli ex coloniali (non più
popoli dominatori e popoli dominati). D'estrema attualità il riferimento al
diritto dei migranti (punto 12):
Ogni essere
umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell'interno della
comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi
interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi
in esse. Per il fatto che si è cittadini di una determinata comunità politica,
nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in qualità di membri, alla
stessa famiglia umana; e quindi l'appartenenza, in qualità di cittadini, alla
comunità mondiale.
Papa
Giovanni tra il 1925 e il 1944 era stato delegato apostolico in Oriente
(Bulgaria, Turchia) e Grecia, poi in Francia, quindi era sensibile alle
questioni internazionali e all'ecumenismo e aveva maturato una moderna visione
alla mondialità. Aveva vissuto la tragedia della guerra armata e ora doveva
affrontare “la guerra fredda” e l'equilibrio del terrore tra blocchi ideologici
contrapposti. Desiderava trasformare la
Chiesa occidentale in Chiesa universale recuperando così l'originario
significato del cattolicesimo come universalità. E lo fece convocando il
Concilio Vaticano II che ebbe l’effetto di svegliare la Chiesa e riportarla a
Cristo, anche se ancora oggi la sua applicazione è frenata dall’opposizione
tradizionalista il cui elemento di spicco è stato Giovanni Paolo II.
Durante il
pontificato di Giovanni Paolo II, la Chiesa mostra tutte le contraddizioni e le
debolezze che ne avevano accompagnato lo sviluppo. Il Papa è impegnato a donare
alla Chiesa ed al papato quell’importanza politica a livello mondiale cui il
suo predecessore aveva posto le radici con la parola delle sue encicliche.
L’esplosione dello scandalo della pedofilia sembra bloccare il procedere del
Papa che pensa di risolvere il problema coprendo lo scandalo invece di
estirparlo alla radice. Ma sotto l’imposizione del silenzio lo scandalo ribolle
ed esploderà in tutta la sua dilaniante potenza soprattutto negli Stati Uniti.
Durante la malattia del Papa, la curia romana si sostituisce al potere papale
esaltando le manie di grandezza dei singoli e la loro ubriacatura di potere ed
impunità, quest’ultima alimentata dalla spinta di un popolo (cieco) certo della
santità di Giovanni Paolo II.
La curia,
alla morte di Giovanni Paolo II, riesce a spingere l’elezione di Joseph Ratzinger, studioso di elevato
livello, ma uomo sostanzialmente inidoneo al comando e sensibile alle pressioni
dei cardinali confratelli. La curia cerca, sospingendo il Papa, a recuperare
almeno parte del potere che era derivato dagli atti del Concilio di Trento e,
contemporaneamente, consolidando una struttura di governo della Chiesa in modo
che possa prescindere dall’autorità papale. Ma Joseph Ratzinger, in un rigurgito di
dignità che sorprese tutti, nel concistoro ordinario dell'11 febbraio 2013 annuncia la
sua rinuncia «al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro», con
decorrenza della sede vacante dalle 8 di sera del 28 dello stesso mese.
Come dissi
quella sera guardando l’avvenimento davanti al televisore, il Signore si era
stancato; non erano bastati l’invio di uomini come Francesco, come Papa
Giovanni e tanti altri dei quali non conosceremo il nome finché non li
incontreremo nella Casa del Padre. La Chiesa andava rifondata, ricostruita da
zero; per questo è stato eletto Papa Bergoglio, il secondo Francesco, l’uomo
venuto da lontano.
Il Signore
non abbandona mai i suoi figli; manda sempre, al momento opportuno, uomini a
cui Lui dona una forza particolare, il Suo Spirito, per raddrizzare le sue vie.
E più questi uomini sono contrastati nella loro azione, più mettono in evidenza
la potenza dello Spirito. E allora Gesù? Gesù, come ha detto Paolo nelle prima
lettera ai Corinzi, è stata la “primizia”.
Note: 1. Il documento, recante la data del 30 marzo 315, afferma di
riprodurre un editto emesso dall'imperatore romano Costantino I. Con esso
l'imperatore avrebbe attribuito al Papa Silvestro I e ai suoi successori le
seguenti concessioni:
il primato (principatum) del vescovo di Roma
sulle chiese patriarcali orientali: Costantinopoli, Alessandria d’Egitto,
Antiochia e Gerusalemme;
la sovranità del pontefice su tutti i sacerdoti del
mondo;
la sovranità della Basilica del Laterano, in quanto
"caput et vertex", su tutte le chiese;
la superiorità del potere papale su quello imperiale.
Inoltre la Chiesa di Roma ottenne secondo il documento
gli onori, le insegne e il diadema imperiale ai pontefici, ma soprattutto la
giurisdizione civile sulla città di Roma, sull'Italia e sull'Impero romano
d’Occidente. L'editto confermerebbe inoltre la donazione alla Chiesa di Roma di
proprietà immobiliari estese fino in Oriente. Ci sarebbe stata anche una
donazione a papa Silvestro in persona del Palazzo del Laterano.
Nel 1440 l'umanista italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo
inequivocabile che la donazione era un falso. Lo fece in un approfondito ed
estremamente preciso studio storico e linguistico del documento, mettendo in
evidenza anacronismi e contraddizioni di contenuto e forma: ad esempio, egli
contestava la presenza di numerosi barbarismi nel latino, dunque più tardo di
quello utilizzato nel IV secolo. Altri errori, banali, erano la menzione di
Costantinopoli, allora non ancora fondata, o di parole come feudo. Tuttavia
l'opuscolo del Valla poté essere pubblicato solo nel 1517 e in ambiente
protestante, mentre la Chiesa cattolica difese per secoli la tesi
dell'originalità del documento: nel 1559 lo scritto del Valla fu incluso
nell'indice dei libri proibiti in quanto pericoloso per la fede.
(segue la domenica successiva)