XXXIII
Domenica del Tempo Ordinario - Mc 13,[1-23]124-32
[Mentre usciva dal tempio, uno dei
suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù
gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra
che non venga distrutta».
Mentre stava sul monte degli Ulivi,
seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano
in disparte: «Di' a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno
quando tutte queste cose staranno per compiersi?».
Gesù si mise a dire loro: «Badate
che nessuno v'inganni! Molti verranno nel mio nome, dicendo: «Sono io», e
trarranno molti in inganno. E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre,
non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti
nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi
luoghi e vi saranno carestie: questo è l'inizio dei dolori.
Ma voi badate a voi stessi! Vi
consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti
a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. Ma prima è
necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. E quando vi
condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte,
ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma
lo Spirito Santo. Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i
figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da
tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà
salvato.
Quando vedrete “l'abominio della devastazione”
presente là dove non è lecito - chi legge, comprenda -, allora quelli che si
trovano nella Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla terrazza non scenda
e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, e chi si trova nel campo non
torni indietro a prendersi il mantello. In quei giorni guai alle donne incinte
e a quelle che allattano!
Pregate che ciò non accada
d'inverno; perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai
stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi
sarà. E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma,
grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni.
Allora, se qualcuno vi dirà: «Ecco,
il Cristo è qui; ecco, è là», voi non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi
e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli
eletti. Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto.]
In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cielisaranno sconvolte.
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cielisaranno sconvolte.
Allora vedranno il
Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e
radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità
del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai
il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. 29Così
anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è
alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione
prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie
parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa,
né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.
Ci risiamo.
Scusatemi ma sono molto arrabbiato. Come è accaduto altre volte, il liturgista
estrae da un lungo e complesso discorso di Gesù un piccolo brano che, preso a
se stante, da la sensazione che Gesù parli della fine del mondo, del Giudizio
Universale. Secondo me è fatto ad arte; non posso pensare che i liturgisti
siano così ignari(2) delle esegesi di questi brani da non conoscerne
il vero significato e quindi sapere che non si può spezzettare il discorso perché
se ne perde la comprensibilità.
Il discorso
che fa Gesù è molto complesso sia per il modo con cui è stato scritto sia per
il significato delle sue parole. Da questo brano Matteo ricaverà, quarant’anni
più tardi, un brano del tutto analogo (Mt
24,37-44). Ugualmente farà Luca (Lc 21,8-36).
Come ho
fatto spiegando il brano di Matteo(3), ripeto e ribadisco anche qui
che Gesù non sta parlando della fine del mondo(4) e che il lettore,
che non ha particolari cognizioni specifiche, può interpretare il brano in
questo senso fondamentalmente a causa di una traduzione un po’ carente(5).
Gesù,
alla fine del cap. 12, si trova nel tempio di Gerusalemme dove ha avuto scontri
con gli scribi e con i sadducei, ha messo in guardia il popolo dal
comportamento di questi signori e dal loro potere, ed è andato in bestia
nell’osservare come le norme instaurate dai farisei costringessero una povera
vedova a dare al tesoro del tempio i pochi spiccioli che possedeva nonostante
che la legge di Mosè indicasse il contrario, cioè che la vedova dovesse essere
aiutata a vivere con il tesoro del tempio.
Gesù
è quindi nella migliore condizione psicologica per formulare un’invettiva
potente contro il potere politico e religioso del suo tempo - e di tutti i
tempi - che non dedica nemmeno un istante ad aiutare il popolo a migliorare la
propria condizione di vita: il brano che stiamo esaminando contiene proprio
questa invettiva.
“Mentre usciva dal tempio, uno dei
suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!»”. Nella lingua greca(6)
questo discepolo si riempie la bocca di ammirazione perchè il suono delle
parole rende quest’idea: quando dice “guarda
che pietre” in greco suona “potapoi
litoi”, una frase che riempie la bocca!
“Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui
pietra su pietra che non venga distrutta»”.
Gesù
annunzia la rovina del tempio di Gerusalemme e quindi della istituzione
giudaica(7). Il discepolo non sembra spaventato, anzi dice: «Di' a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando
tutte queste cose staranno per compiersi?». Non è spaventato perché si credeva che
nel momento di massimo pericolo per Gerusalemme ci sarebbe stato l’intervento
di Dio.
Gesù
inizia allora ad annunciare la distruzione di Gerusalemme e la chiama “…questo è l'inizio dei dolori” traduzione che non esprime il senso delle
parola di Gesù perché il termine usato dall’evangelista è “i dolori del parto”, dolori quindi finalizzati ad una nuova vita e
che vengono cancellati dalla gioia. Gesù non sta parlando di una dramma, della
fine di tutto: per Gesù la distruzione di Gerusalemme è un fatto positivo,
perché incomincia ad eliminare tutto ciò che impedisce la comunione tra Dio e
gli uomini; certamente, però, sarà dolorosa come un parto: “Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi
nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per
dare testimonianza a loro… Il fratello farà morire il fratello, il padre il
figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete
odiati da tutti a causa del mio nome… ”.
In
tutto questo disastro ecco una luce: “…Ma prima è
necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni”. Gesù è convinto che la sua parola,
testimoniata dalla sua morte in croce, si diffonderà ovunque e sarà causa e
principio di questi avvenimenti.
“Quando vedrete l'abominio della
devastazione presente là dove non è lecito - chi legge, comprenda -,
allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla
terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, e chi si
trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. In quei giorni guai
alle donne incinte e a quelle che allattano!”. Gesù riprende qui, a titolo di
esempio (“…chi legge, comprenda…”) un
avvenimento accaduto nel II secolo a.C. quando Antioco Epifane vietò i
sacrifici a Jahve nel tempio e li sostituì con quelli
a Giove Olimpo per indicare che quando il tempio sarà profanato occorrerà
fuggire il più rapidamente possibile da Gerusalemme perché le conseguenze per
chi rimarrà saranno spaventose(8).
Siamo giunti
al brano di questa domenica che mostra, da subito, la gioia dopo i dolori del
parto(9): “In quei giorni,
dopo quella tribolazione, il sole si
oscurerà, la luna non darà più
la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le
potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. L’evangelista, per
sottolineare che si tratta di una fase lieta, scrive: “…dopo quella tribolazione…” e prosegue adoperando espressioni prese dal
profeta Isaia nei capitoli 13,14 e 34, quindi questo è un linguaggio
profetico che va interpretato alla luce della storia di Israele e della sua
cultura.
Nel
mondo pagano che circondava Israele, il sole e la luna erano degli dei. Dare
culto a Jahve invece che a queste divinità era quello che distingueva Israele
dai pagani, ma nonostante tutto il culto degli astri costituiva una grande
tentazione per il popolo giudaico.
Israele,
almeno fino alla deportazione a Babilonia, non era un popolo monoteista, cioè non
aveva la credenza in un dio solo; la teofania sul monte Sinai, più che un avvenimento
è stata la sintesi fatta durante la deportazione in Babilonia di un processo di
revisione teologica che è durato secoli.
La
cosa che più imbarazza gli archeologi israeliani è portare alla luce tanti
santuari dove, a fianco della stele di Jahve, c’è la stele di sua moglie Ashera
o Asera (o, secondo la dicitura fenicia, Astarte).
È
stato un processo lento di elaborazione teologica che è possibile ricostruire
leggendo attentamente i profeti; all’epoca di Gesù il processo si era concluso
da tempo e gli astri erano considerati ormai false divinità, per cui quello che
descrive Gesù riguarda il mondo pagano. Non si tratta di un giudizio finale, né
tanto meno della fine del mondo, ma di un cambiamento d’assetto del mondo allora
conosciuto. Sole e luna rappresentano le divinità pagane e l’evangelista vuole
indicare che la religione pagana perde il suo splendore e l’idrolatria entra in
crisi, perché Gesù, nel versetto 10, aveva detto: “prima è necessario che il
vangelo sia predicato a tutte le nazioni pagane, a tutti i pagani”. Viene
escluso un giudizio contro l’umanità o contro determinati popoli, ma è
l’eclissi delle false divinità quale frutto dell’annunzio del messaggio di
Gesù.
Prima
di proseguire, per rendere chiari i concetti che seguono, è necessario dare
un’idea di come era la cultura dell’epoca, quali erano le credenze di allora in
merito alla terra ed al cielo. La terra era pensata così: al centro della terra
c’era Israele, al centro di Israele c’era la Giudea, al centro della Giudea
c’era Gerusalemme, al centro di Gerusalemme c’era il tempio e al centro del
tempio c’era il santuario con la presenza di Dio.
Gerusalemme
era quindi l’ombelico del mondo. La terra aveva il mare come confine, era
posata su delle colonne e sotto la terra c’era il soggiorno dei morti, che
nella lingua ebraica si chiama Sheol,
cioè colui che inghiotte. Nella
traduzione greca lo Sheol diventa Ade
– una delle divinità della mitologia greca – e in latino, diventa Inferi, da non confondere assolutamente con
inferno, che è una concezione teologica medievale sviluppatasi tra il IV ed il
VI secolo d.C. Sopra la terra, così credevano gli ebrei, c’erano sette cieli;
nel primo cielo erano collocati il sole, la luna – non pensavano che fossero
mobili – e le stelle. Poi c’era un secondo cielo, quindi un terzo cielo nel
quale veniva collocato il “seno di
Abramo”, dove Paolo narra che fu rapito in estasi. Poi si sale fino al
settimo cielo(10), la residenza di Dio.
La
distanza tra un cielo e l’altro, secondo gli scribi che amavano questi calcoli,
era di cinquecento anni di cammino. L’insieme dei cieli è piuttosto popolato: ci
sono la luna, il sole e le stelle e gli elementi dello zodiaco, le dodici
costellazioni che influivano notevolmente sulla vita degli uomini(11).
Nello
spazio fra la terra e il cielo c’erano i demòni che, più erano vicini al cielo,
più erano buoni, ad esempio Gadel, il
demònio della fortuna.
I
demòni cattivi erano l’ubriachezza, l’insolazione, le malattie e tutti quei
fenomeni naturali che gli ebrei allora non riescivano a spiegarsi. Un gradino
più in basso gli ebrei posizionavano i dèmoni, da non confondere con i demòni.
I dèmoni erano delle semi-divinità che potevano influire sulla vita dell’uomo,
generalmente portando malattie.
Così,
secondo gli ebrei, l’uomo è un poveretto che si trova sotto l’influsso dello
zodiaco, dei demòni maligni, dei demòni buoni e dei dèmoni.
Gli
ebrei pensavano che da Dio, che era nel settimo cielo, si espandesse una
energia vitale verso gli uomini che era contrastata da quelle che erano
chiamate le “potenze”. Forse molti ricordano che una volta, in un prefazio
della messa, si elencavano i cori angelici: Troni, Dominazioni, Principati, Potestà
e Forze; era una interpretazione arbitraria dovuta al fatto che la Chiesa non
conosceva le usanze ebraiche(12). Troni, Dominazioni, Principati,
Potestà e Forze non erano cori angelici nel senso cattolico del termine, ma
erano chiamate “potenze”, avevano usurpato il ruolo di Dio nei cieli e influivano
negativamente sugli uomini.
Riprendo
l’esame del testo e traduco letteralmente: “Il
sole e la luna perdono lo splendore e gli astri andranno - o staranno – cadendo
dal cielo” . L’evangelista non adopera, come ci saremmo aspettati, cadranno, ma adopera un tempo verbale
che in greco indica una caduta continuativa, cioè questo non è un annuncio per
il futuro, ma è un annuncio al presente ma che continua nel tempo. La caduta è
un fenomeno che avrà luogo durante tutta l’epoca che segue la tribolazione.
Sole
e luna perdono la luce e le stelle incominciano a cadere dal cielo. Per
comprendere cosa sono questi astri forse ci aiuta la lettura di un brano di
Isaia, dove prende in giro il re di Babilonia: aveva voluto salire tanto in
alto che è finito tanto in basso (Is
14,12 e ss) “Come mai sei caduto dal cielo astro del mattino, figlio
dell’aurora? Come mai sei atterrato, tu che calpestavi le nazioni? Tu dicevi in
cuor tuo: «Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle
di Dio, mi siederò sul monte dell’assemblea, la parte estrema del settentrione. Salirò sulla sommità delle nubi, sarò
simile all’Altissimo»”. Astro del mattino, in latino, fu tradotto con
Lucifero, cioè portatore di luce e, nella confusione totale dei primi secoli,
venne indicato come angelo decaduto e invece era Nabucodonosor, il re di
Babilonia che non si era accontentato di essere una stella, ma voleva
raggiungere il posto di Dio; invece è stato fatto discendere nel soggiorno dei
morti.
Le
stelle indicano i potenti, i principi, i re, gli imperatori che rivendicavano
condizioni divine. A quell’epoca, il faraone era un dio, figlio di dio, l’imperatore
romano era una divinità. Tutti coloro che comandavano, pretendevano di stare
lassù, in cielo, di essere persone che avevano una condizione divina. Le stelle
che cadono dal cielo sono i re, i principi pagani e i regimi che li
rappresentano.
Queste
stelle cadono perché poggiano il loro potere sulla luna e sul sole. Quando il
sole e la luna si oscurano, cominciano a cadere una dopo l’altra perchè fondavano
il loro potere su una religione che, con l’annuncio di Gesù, si è rivelata
falsa.
“…e le
potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Abbiamo già detto chi sono queste potenze; nel vangelo di Marco sono
il simbolo dei poteri oppressori che rivendicano capacità di vita e di morte
sulle persone.
Sono
termini e concetti tanto lontani da noi, che è difficile comprendere; per far
capire direi, banalizzando, che queste potenze, oggi, sono le multinazionali
che fanno il bello e cattivo tempo, che decidono la vita e la morte dei popoli,
secondo i loro interessi.
“Allora vedranno il Figlio
dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”. L’evangelista vuol dire che l’arrivo del Figlio dell’uomo(13)
rappresenta una vittoria dell’umano sul disumano, della vita sulla morte. Ogni
volta che un uomo diventa Figlio
dell’uomo, cioè realizza tutto sé stesso in una pienezza di vita e d’amore,
quelli che lo vedranno, cioè le stelle e tutti i poteri, incominceranno a
cadere.
Ogni
volta che crolla un regime ingiusto, una dittatura, un sistema di potere, è
l’uomo che si afferma, la dignità dell’uomo viene confermata(14).
Non si tratta di una visione che si realizza in una sola occasione, ma sarà continuativa
nel tempo. Il Figlio dell’uomo lo “vedranno
arrivare nelle nubi” e le nubi non sono il veicolo, ma il contesto che circonda
il Figlio dell’uomo. Per comprendere
questo occorre ricordare che, nell’episodio della trasfigurazione, la nube conteneva
la parola di Dio, quindi Gesù vuol dire che il risollevarsi dell’uomo è
espressione della volontà di Dio. Non solo, ma “arrivare nelle nubi con grande
potenza” rappresenta la forza della vita di Dio; “e gloria”, l’aggettivo grande
riguarda sia la potenza sia la gloria. La grande gloria rappresenta la dignità dell’uomo
di fronte alle potenze di morte che vedono così contestato tutto il loro potere
e il loro rango.
Ogni
qualvolta che cade una legge ingiusta che mina, impedisce, limita la dignità
dell’uomo, si scopre sempre di più il volto di Dio. È un cammino lento
nell’umanità, ma percettibile ed incessante(15).
È
interessante che la venuta non si attribuisca a Cristo o al Signore, ma al Figlio dell’uomo: è nell’uomo che si
manifesta la pienezza di vita che porta alla condizione divina.
“Egli manderà gli angeli e radunerà
i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità
del cielo”. Il termine angelo
significa messaggero, inviato di Dio; in Marco esiste l’identificazione tra
angeli e uomini, infatti Marco inizia il suo vangelo dicendo “Ecco io mando il mio angelo davanti a te”
e questo angelo è Giovanni Battista. Gli angeli sono tutte quelle persone che
ci hanno fatto sentire un desiderio di cambiamento interiore e di mettere la
nostra vita in sintonia con l’amore di Dio. Noi, oggi, non usiamo questo
linguaggio, diciamo che abbiamo avuto un incontro che ha significato un passo
decisivo nella nostra crescita.
“…radunerà i suoi eletti…” splendida questa immagine della moltitudine dei discepoli
di Gesù che rialza la testa di fronte agli oppressori.
“Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa
tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi:
quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte”.
Negli altri
vangeli Gesù invita a comprendere “i
segni dei tempi”, in Marco parla del risvegliarsi del fico; il significato
è lo stesso: i discepoli di Gesù non possono estraniarsi dal mondo, ma vivere
nel mondo seguendo il modificarsi del pensiero, dei costumi, del senso etico e
comprendere, attraverso questi segni, quando i tempi sono maturi per un
risollevarsi dell’uomo, per un aumentare della sua dignità, ed agire in
conseguenza.
“In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo
avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a
quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il
Padre”. Qui è
evidente l’intervento posteriore di un secondo autore: la seconda frase si
riallaccia benissimo alla precedente “…sappiate
che egli è vicino, è alle porte” e ne è la corretta conclusione. La prima
frase, invece, torna a riguardare la caduta di Gerusalemme che, in effetti, non
ha alcuna attinenza al discorso sin qui fatto.
Gesù termina
il discorso con l’invito a vegliare, a non lasciarci andare. Questa parte non è
compresa nel brano e la potete trovare nel vangelo della prima domenica di
Avvento.
Ora
che abbiamo compreso il significato del brano che precede, capiamo subito cosa
vuole dire Gesù con il suo invito a vigilare: il crollo delle dittature, le
cadute di leggi inique o di precetti religiosi immotivati possono non iniziare
per una nostra volontà, ma devono essere completate con i nostri atti perché
solo se noi non rimaniamo addormentati o indifferenti queste cadute saranno
definitive. Se invece rimarremo addormentati queste dittature, queste leggi
inique o questi precetti religiosi immotivati saranno sostituiti con altri
peggiori e noi potremo solo rimpiangere l’occasione che abbiamo perduto.
Note: 1. La parte di brano tra parentesi quadre non è stata
compresa dal liturgista nel brano di questa domenica, ma è assolutamente
indispensabile per comprendere correttamente le parole di Gesù. – 2. Lo so, è
un eufemismo, ma non mi sembra opportuno calcare oltre la mano. – 3. Vedi
esegesi del vangelo della Prima domenica di Avvento Anno A. – 4. Tutti, dai
testimoni di Geova alle varie madonne delle apparizioni, hanno il pallino fisso
della fine del mondo. Il vangelo di Matteo, nella traduzione del 1974,
terminava con queste parole “Ecco io sono
con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. E’ stata questa
traduzione, non corretta, che ha alimentato questo tipo di credenza. Con grande
soddisfazione ho visto che, nella nuova traduzione del NT della C.E.I, la
finale del vangelo di Matteo è stata modificata: “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino a quando questo tempo sarà
compiuto”. Non si parla più della fine del mondo ma la fine di un tempo, di
un’epoca. Qui rieccheggia la concezione filosofica greca della scuola gnostica
che divideva il tempo in ere o epoche (aiȍn = eone, era, epoca). Secondo lo gnosticismo il
passaggio da un’era all’altra era segnato da sconvolgimenti e catastrofi. – 5.
Io sono sempre quello che pensa male, ma non me la sento di dire che i
traduttori non sono stati “capaci” di tradurre un brano correttamente e
preferisco cercare di capire le motivazioni che hanno spinto a fare un certo
tipo di traduzione. I motivi possono essere legati alla tradizione antica che
la corretta traduzione potrebbe smentire; oppure legati al desiderio che il
lettore non abbia alcun dubbio su un determinato comportamento morale; oppure,
e penso che questo sia il motivo legato a questo brano, vi sia l’intenzione di
incutere timore in modo da spingere il lettore a comportarsi in modo
conseguente. Salvo poi constatare che, con questi mezzi, si allontana il popolo
dalla Chiesa e lo si spinge all’ateismo. – 6. Nel redigere questa spiegazione è
stato utilizzato materiale proveniente dalla conferenza “Il Figlio dell’uomo
nel Vangelo di Marco” tenuta da P. Andrea Maggi a Montefano (An) dal 30.06 al
5.07.2003. – 7. Se è vero che questo vangelo è stato scritto alla fine degli
anni 40, cioè circa 20 anni prima della distruzione di Gerusalemme, è probabile
supporre che questa introduzione possa essere stata modificata dopo il 70 d.C.
(da Matteo o da altri) per rafforzare il significato dell’invettiva di Gesù. –
8. Secondo Giuseppe Flavio, storico ebreo-romano e testimone della distruzione
di Gerusalemme del 70 d.C., i romani innalzarono più di 500 croci
contemporaneamente per sopprimere i ribelli. – 9. Sarebbe stato molto difficile
parlare di gioia a proposito di queste frasi di Gesù se non si fosse analizzato
e capito la parte del discorso che le precede. – 10. Da qui è presa la nostra
frase, oggi parzialmente in disuso, che, per indicare che una persona è felice
al massimo grado, si dice che è “al settimo cielo”. – 11. Ancora
oggi c’è gente superstiziosa che crede all’oroscopo: niente è cambiato!! – 12. Fino a circa il 1950 il Talmud, il libro sacro degli
ebrei che descrive la legge trasmessa oralmente da Mosè e che contiene quasi
tutte le usanze e credenze ebraiche in essere all’epoca di Gesù, non poteva essere
letto dai cristiani (ed in particolare dai cattolici) perché era considerato
opera demoniaca. Fino al 1700 se qualcuno trovava un libro del Talmud lo
bruciava nella piazza di una chiesa. Però a partire dalla metà degli anni ’50,
quasi nessun esegeta si è mai più permesso di affrontare la spiegazione di un
brano di vangelo senza disporre di un testo di Talmud. Nonostante questo ancora
oggi non sono reperibili testi del Talmud tradotti in italiano, anche se si
parla insistentemente di una traduzione che dovrebbe essere edita fra due o tre
anni. Io stesso uso un testo tradotto dall’ebraico in inglese. – 13. Mi
permetto di sottolineare qui, ma lo ripeterò in seguito, che sia Marco che
Matteo ed in seguito Luca (Lc 21,8-36)
non parlano mai della venuta di Cristo o del Figlio di Dio, ma del Figlio dell’uomo, una allocuzione che in
aramaico significa semplicemente uomo
e che in Daniele (Dn 7,13-14) acquista
il significato dell’uomo che raggiunge la
pienezza della vita e quindi entra nella sfera divina, il destino di
ciascuno dei discepoli di Gesù in ogni tempo. – 14. Luca, sviluppando questo
concetto, scriverà: “Quando cominceranno
ad accadere queste cose, risollevatevi ed alzate il capo. Perché la vostra
liberazione è vicina” (Lc 21,28). – 15. Per avere una cognizione di questo,
è sufficiente paragonare le condizioni di vita delle popolazioni nei secoli che
ci precedono con quelle attuali: pur in presenza di grosse sacche di
ingiustizia, la condizione di vita media umana è nettamente migliorata.
Attualmente, con l’imposizione di leggi a favore della finanza (“il mercato”) si cerca di invertire
questa tendenza, ma i popoli stanno reagendo, anche se, al momento,
timidamente.