XVI Domenica del Tempo Ordinario – Mc 6,30-34
Gli apostoli si riunirono attorno a
Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano
insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo
deserto, e riposatevi un po'». Erano infatti molti quelli che andavano e
venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la
barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e
capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso
dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano
come pecore che non hanno pastore,
e si mise a insegnare loro molte cose.
A me è stato
sempre associato l’appellativo di rompiscatole e comprendo che questo è un mio difetto;
però, come si fa a non sottolineare che l’operato dei liturgisti confina
apertamente con l’assurdo, di fronte alla scelta, per questa domenica, di un
brano di vangelo che non può rappresentare nulla in quanto è estirpato da altri
due brani, la missione dei dodici (Mc
6,7-13) e la prima moltiplicazione dei pani (Mc 6,35-7,37) ed assume significato solo se si conosce l’antefatto
e le azioni conseguenti! Per poter comprendere il brano in esame è necessario
quindi di leggere prima i due brani indicati.
“Gli apostoli si riunirono attorno a
Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano
insegnato.” La prima
sorpresa che ci riserva Marco è l’uso del termine “apostoli”, cioè inviati.
E’ la prima volta che Marco usa questo termine se si esclude Mc 3,14(1). Il termine “apostoli” nella chiesa primitiva (cioè
più o meno coeva di Marco) era usato per i predicatori e fondatori di comunità
(cfr. 1Cor 9,3;15,5-7). Luca, che
scrive circa quaranta/cinquanta anni dopo, riserva questo titolo esclusivamente
ai Dodici (cfr. Lc 6,13; 9,10; 17,5; 22,14;
24,10 e At 1,15-26).
Gesù non è particolarmente contento dell’operato dei
discepoli ed il motivo lo possiamo conoscere leggendo il brano della scorsa
domenica in cui Gesù “…e dava loro potere sugli spiriti impuri.”
(Mc 6,7b). Questo è un modo di
parlare antico e lontano dalla nostra mentalità: esso rappresenta
un’indicazione di cosa fare, quasi un ordine (“dava loro potere”), e contemporaneamente costituisce una
limitazione perché il loro potere è limitato alla diffusione del messaggio di
Gesù fino a convincere anche i più recalcitranti (“potere sugli spiriti impuri”). Niente altro. Invece i discepoli si
sono comportati in ben altro modo: “Ed
essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti
demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.” (Mc 6,12-13).
Molto spesso io affermo che più che da
discepoli, Gesù era circondato da discoli: non li aveva invitati a predicare la
conversione(2); non li aveva invitati a scacciare i demoni, aveva
dato il potere sugli spiriti impuri(3), che è tutta un’altra cosa;
ed in fine non li aveva inviati ad ungere i malati con olio(4).
I discepoli non hanno
fatto quello che Gesù ha indicato loro, hanno preferito fare cose più
gratificanti che il semplice annuncio.
“Ed egli disse loro: «Venite in
disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano infatti
molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di
mangiare.”
Gesù allora invita i discepoli a recarsi con lui in un “luogo deserto” (in greco erêmos topos, luogo
solitario, quindi senza persone), in modo da restare “in disparte” (in greco kat’idian cioè per proprio conto); questi
termini e la costruzione della frase sono usati nei vangeli in senso fortemente
negativo, come se questo presupponesse una punizione o almeno una
reprimenda. E’ per questo che ho accennato sopra che Gesù non era
particolarmente contento. Voleva evidentemente rimproverarli, anche se quel “riposatevi un po'” risulta in realtà pieno di comprensione: si prevede quindi una lavata di
capo si, ma affettuosa.
“Allora andarono con la barca verso
un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da
tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.”
Gesù non può neanche cominciare quello che aveva in mente per la presenza
della folla che lo reclama. Prova a spostarsi in un altro punto con la barca, ma
neanche questo serve; è chiaro che il viaggio di Gesù con i suoi discepoli si
svolge sulla riva occidentale del lago. Non si tratta quindi di una traversata
vera e propria e ciò è confermato dal fatto che molti, intuendo qual era il
luogo verso cui erano diretti, vi si recano a piedi e giungono prima di loro.
“Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe
compassione di loro, perché erano come
pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.”
Al suo arrivo Gesù vi trova una grande folla; questa folla proviene dai
villaggi della Galilea e quindi è presumibilmente composta da ebrei. Questo
avrà una grande importanza nel prosieguo del brano, cioè nella conseguente
moltiplicazone dei pani(5).
“…ebbe compassione di loro…” Il verbo
«avere compassione» (in greco splanchnizomai),
veniva usato nel giudaismo ellenistico, a partire dal Testamento dei XII
Patriarchi(6), come equivalente di quei vocaboli ebraici
(specialmente rahamîm, riham e rahûm – scusate la translitterazione imperfetta) con cui nell’AT si indica la misericordia di Dio verso
Israele, la sua elezione e il perdono dei suoi peccati (cfr. Es 34,6-7). Marco, perciò, fa assumere
alla frase connotati teologici profondi: Gesù agisce quindi come l’inviato di
Dio che raduna il suo popolo e lo chiama alla vita. Il popolo è qui
rappresentato con l’immagine biblica del “gregge disperso” perché privo di
pastore: sullo sfondo di questa immagine c’è l’esperienza degli errori che hanno
spinto Israele ad abbandonare il suo Dio e ad andare dietro a falsi pastori (cfr
Nm 27,16-17; Is 53,6; Zc 13,7), ma
anche la realtà di un popolo abbandonato dalla classe dirigente che pensa
esclusivamente al proprio tornaconto.
Il fatto che Gesù “insegni” (didaskein) richiama il tema
dell’alleanza e della legge, designata in ebraico con il termine Torah,
che significa propriamente «istruzione, insegnamento»: mediante il suo inviato Dio
manifesta a Israele la sua volontà. Questa volontà sarà attentamente descritta
nel brano successivo, detto della moltiplicazione dei pani, una delle pagine di
economia politica più antiche che si conoscano.
Note: 1. L’uso del termine “apostoli”
in Mc 3,14 è dubbio: infatti solo due
codici (il Sinaitico e il Vaticano), sui circa duecentocinquanta a noi
pervenuti, lo riportano; gli altri lo omettono. – 2. Il messaggio che Gesù aveva incaricato di annunciare era molto
più semplice: Dio ama tutti senza guardare ai meriti di ciascuno (cfr Mc 1,40-42). Parlare di conversione è
più complesso perché richiede che l’ascoltatore consideri naturale amare gli
altri come Dio ama lui ed è quindi un’evoluzione successiva del pensiero. – 3.
Nella concezione ebraica scacciare i demoni corrisponde a guarire dalle
malattie. Infatti le malattie erano considerate la punizione che Dio mandava ai
peccatori tramite alcuni dei fenici che venivano chiamati, con una parola di
origine greca, demoni, che nulla
avevano a che fare con il concetto di spirito
impuro: il termine "spirito", sia nella lingua ebraica sia
in quella greca, significa "forza". Quando questa forza viene
da Dio è chiamata "santa", dal verbo santificare che significa
"separare” dal male, dall'egoismo. Quando questa forza non viene da Dio,
ma viene dall’egoismo, si chiama, secondo il linguaggio dei vangeli, "impura".
Un esempio tipico di questo modo di scrivere è riportato in Mc 1,21-28. – 4. L’uso dell’olio in
ambito sanitario è antichissima, vedi Lc
10,34:
il buon samaritano curò le ferite dell’uomo picchiato dai briganti con olio e
vino; per questo i discepoli di Gesù si servono del valore simbolico dell’olio
per accompagnare con un segno visibile la preghiera per i malati. In seguito
questo gesto ha portato al sacramento detto unzione
degli infermi. (cfr. Giac 5,14 – 15 ). – 5. La
presenza quasi esclusiva del popolo di Israele permetterà a Gesù di fare una
fondamentale lezione di economia pratica insegnando come la “condivisione” è
l’unica arma per vivere una vita serena e felice: mettendo in comune tutti i
beni, i bisogni scompaiono. - 6. Il Testamento dei Dodici Patriarchi è
un apocrifo dell’AT scritto in ebraico verso la fine del II secolo a.C., di
origine giudaica, con successive rielaborazioni cristiane. Contiene esortazioni
di Giacobbe morente ai suoi 12 figli.