XXXII Domenica del Tempo
Ordinario
Mc 12,38-44[.13,1-2]1
Diceva loro nel suo insegnamento:
«Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere
saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei
banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere.
Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro,
osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma,
venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora,
chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa
vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti
infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria,
vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
[Mentre usciva dal
tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che
costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà
lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta»].
L’interpretazione
tradizionale di questo brano è un esempio di come si possa travisare completamente
il significato delle parole di Gesù se non si conoscono le tecniche letterarie
usate dagli evangelisti e le tradizioni ebraiche di quel periodo. Nella tradizione(2) questo brano viene
presentato come un elogio di Gesù ad una povera disgraziata, una povera vedova
che si svena per… mantenere Dio. Vedremo che invece, usando la tecnica letteraria
del trittico, l'evangelista intende dire esattamente il contrario.
La struttura letteraria del brano è composta da tre quadri; secondo tale
tecnica il primo ed il terzo quadro contengono le indicazioni, cioè le chiavi
di lettura del secondo quadro che è quello più importante, cioè l’essenza
dell’insegnamento che ci vuole tramettere Gesù.
Tracciamo uno schema per essere più chiari:
(Gli scribi giudicati da Gesù –
vv 38-40)
Diceva loro nel suo insegnamento:
«Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere
saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei
banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere.
Essi riceveranno una condanna più severa».
(L’obolo della vedova – vv
41-44)
Seduto di fronte al tesoro,
osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma,
venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora,
chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa
vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti
infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria,
vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
(Discorso escatologico.
Introduzione – vv 13,1-2)
Mentre usciva dal
tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che
costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà
lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta».
Sia
nella prima che nella terza parte vi sono dei giudizi negativi nei confronti
degli scribi e nei confronti del Tempio, che ci guidano a comprendere in senso
negativo l’episodio della vedova. Ma andiamo con ordine.
“Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano
passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi
nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e
pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa»”.
Abbiamo qui due
categorie di persone, gli scribi e le vedove: gli scribi erano dei teologi che,
dopo una vita dedicata allo studio della Bibbia, all'età di quarant'anni(3)
ricevevano tramite l'imposizione delle mani lo spirito di Mosè per essere
l'autorità che spiega la Bibbia. La loro autorità era pari a quella di Dio:
erano il magistero infallibile dell'epoca.
Le vedove non sono
tanto le donne che hanno perso il loro marito, ma sotto le immagini della vedova,
dello straniero e dell'orfano, nella Bibbia si indicano le persone che non
hanno nessuna protezione. La vedova non aveva un uomo che la potesse difendere.
L'immagine degli scribi che divorano le case delle vedove sta a significare il
divorare il patrimonio di quelli che non hanno nessuna protezione.
Vediamo il contesto
nel quale si situa questo episodio. Nell'episodio del tempio (cfr. Mc 11,15-19), Gesù elimina il culto e
mette la scure alla radice del tempio causando un grande allarme, perché se la
gente non porta più le offerte al culto, è la fine, è il terremoto. Le
autorità, impaurite e allarmate, cercano il modo di far morire Gesù, ma devono
aspettare a causa della gente che è ammirata dal suo insegnamento. Non potendo
catturare Gesù e ammazzarlo subito, l'intero Sinedrio, che era composto dai
sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani, scatena contro Gesù un'ondata di
tranelli e di agguati, tutti tesi a fargli perdere il consenso della folla.
Contro Gesù si scagliano tutti quanti i farisei, gli scribi, i sadducei, ma il
risultato di questi attacchi è che tutti rimangono scornati; la popolarità e la
fama di Gesù aumentano e, scrive l'evangelista, "la folla numerosa lo
ascoltava volentieri" (Mc 12,37).
Allora Gesù passa al
contrattacco, si rivolge alla folla e la mette in guardia dagli scribi. Non è
facile far comprendere la gravità di questo attacco; per farlo rifacciamoci
alla cultura dell’epoca riportata dal Talmud.
Scrive il Talmud che
"la parola di uno scriba ha lo stesso valore della parola di Dio;
quando tra la sentenza di uno scriba e ciò che è detto nella Bibbia si trova
contrasto, si deve credere a quello che dice lo scriba". Queste
persone, pertanto, hanno un'autorità incredibile, illimitata. Ebbene Gesù, si
scatena con una violenza unica, rara, contro questa categoria e la demolisce(4).
La demolisce
prendendola in giro di fronte alla gente con tre sue caratteristiche. Anziché
vestirsi come i comuni mortali, scrive l'evangelista che Gesù dice: "amano
passeggiare in lunghe vesti". Cioè gli scribi amavano indossare un
abito particolare che facesse vedere alla gente quanto loro erano vicini al
Signore, portavano dei distintivi religiosi che indicassero chiaramente alle
persone che loro, e non la gente, erano in contatto diretto con Dio. Ma
l'abbondanza della stoffa, utilizzata per confezionare questi abiti particolari
dalle lunghe maniche che dovevano servire a dimostrare agli altri la
familiarità e assiduità con il Padreterno, non riesce a mascherare e nascondere
la sfrenata ambizione che queste persone hanno.
Continua Gesù dicendo
che hanno la brama di essere riveriti e di "ricevere i saluti nelle
piazze". Siccome non si vive soltanto per la gloria e per lo spirito,
il desiderio di avere i primi posti nelle sinagoghe, denuncia Gesù, va di pari
passo con quello di assicurarsi i "primi posti nei banchetti".
Queste persone hanno una voracità insaziabile, divorano le case delle vedove e
questo è il crimine più grave che Gesù imputa loro, perché nell'AT, nel libro
del Deuteronomio, la Legge aveva stabilito che con i proventi del tempio si
sfamassero gli indigenti e in particolare le vedove (Dt 14,28-29.26,12-15).
Gli scribi, tradendo
e trasformando l'insegnamento di Dio, dicono il contrario e cioè che sono le
vedove, con i loro proventi, che devono mantenete il tempio. Un tradimento
assoluto: e Gesù non tollera questo.
Gesù non tollera
coloro che, pretendendo di essere la voce ufficiale di Dio, anziché nutrire le
vedove le affamino.
“Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi
gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera,
vi gettò due monetine, che fanno un soldo”.
Proprio mentre sta
facendo questo discorso di denuncia agli scribi che divorano le case delle
vedove, scrive l'evangelista che Gesù vede una povera vedova gettare due
spiccioli nel tesoro.
Il tesoro era la
banca del tempio, cioè una speciale stanza, come scritto nel libro dei
Maccabei, che "era colmo di ricchezze immense tanto che l'ammontare del
capitale era incalcolabile" (cfr. 2Mac
3,6). Ecco chi è il vero Dio del tempio! Non il Padre che si occupa dei
poveri, ma il tesoro, Mammona, il dio profitto. E la vedova, anziché venire
sfamata con i contributi del tempio, getta nel tesoro - che è il nemico di Dio,
è l'anti-dio per eccellenza - tutto quello che aveva per vivere.
Il mostro, il tesoro
ingoia tutto quanto, ingoia con quegli spiccioli anche l'ultima speranza di
vita della povera donna. Naturalmente il tesoro non va a Dio, ma va nelle
tasche dei sacerdoti e degli scribi.
“Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico:
questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti
infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria,
vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»”.
Gesù constata il
fallimento dei suo insegnamento, perché il suo insegnamento si scontra con la
forza di una tradizione che è sostenuta proprio dalle vittime di questo
sfruttamento. Le vittime del tempio sono le più convinte sostenitrici di
un'istituzione religiosa che deve la sua ragione di esistere allo sfruttamento
della gente.
Gesù non elogia né
apprezza il gesto della povera donna, che getta nel tesoro tutto quello che
aveva per vivere. Le parole di Gesù non sono un elogio per il gesto della
vedova, ma un lamento per la vittima di una religione, una vittima che si svena
per mantenere in piedi quella struttura che la sta sfruttando. Gesù non può tollerare
che il Padre, che è conosciuto nella Bibbia con il titolo di difensore delle
vedove, venga trasformato in un dio sanguisuga che le svena.
“Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi
discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù gli
rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su
pietra che non venga distrutta».
Ecco perché, nella
terza parte del trittico, Gesù dice che di questo tempio "non rimarrà
qui pietra su pietra". Gesù ha tentato di abolire il culto nel tempio,
ma proprio le vittime di questo culto ne sono le sue sostenitrici. Allora Gesù
dice che ci vuole una soluzione radicale: questo tempio non ha più diritto di
esistere.
Il
tempio, simbolo di questo vampiro che dissangua le persone anziché mantenerle,
per Gesù dovrà scomparire perché frutto e conseguenza della mentalità e
dell’insegnamento degli scribi: il popolo viene dissanguato. Non più le offerte
a Dio, ma l’eliminazione di qualunque forma di culto che privi in qualche
maniera l’uomo della sua dignità e del suo benessere. Il Dio di Gesù non chiede
nulla agli uomini, ma è lui che si dà tutto.
Note: 1. Il
brano tra parentesi quadra non è stato compreso dal liturgista nel brano di
questa domenica, ma la lettura di questa parte è indispensabile per la
comprensione del significato dei versetti precedenti. – 2. L’esegesi di questo
brano è liberamente tratta da un’omelia tenuta da P. Alberto Maggi la
domenica XXXII del TO l’8 novembre 2009.
– 3. Dato che la vita media in Israele in
quell’epoca era di circa quaranta anni per l’uomo e venticinque per la donna,
gli scribi venivano “ordinati” (non è il verbo giusto, ma lo uso per farmi
capire) in età molto avanzata e quindi esercitavano per pochi anni. – 4. Per
avere un’idea del coraggio di Gesù, riportiamo ai nostri giorni il suo atto:
come se un famoso e stimato teologo si mettesse a parlare in Piazza San Pietro,
di fronte alla folla, e ridicolizzasse i cardinali dichiarando i vizi e le
malefatte di ciascuno.