Domenica 26 maggio 2013 – Santissima Trinità
Gv 16,12-15
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Nel secondo discorso d'addio(1) (capp. 15-16), dopo aver messo in luce gli effetti positivi del rapporto che ha stabilito con i suoi discepoli, Gesù mostra loro come esso sia destinato ad attirare su di essi l'odio del mondo(2). Egli sottolinea come questo odio non sia altro che il prolungamento di quello che il mondo ha avuto nei suoi confronti, che a sua volta è espressione del rifiuto colpevole che esso ha opposto a Dio (Gv 15,18-25). All'odio del mondo si oppone però la testimonianza dello Spirito e quella dei discepoli stessi, i quali sono stati con Gesù fin dal principio (Gv 15,26-27); il discorso sulla venuta dello Spirito è ripreso poi in Gv 16,12-13. In questi due testi lo Spirito riceve l'appellativo di Paraclito(3), tradotto normalmente con il termine «consolatore», che in senso proprio significa «avvocato difensore».
Nel testo liturgico proposto per questa dmenica Gesù prosegue poi osservando: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.". Questa frase funge da transizione con il brano seguente, nel quale lo Spirito viene presentato nella suo ruolo di guida dei discepoli. Essa sembra in contrasto con quello che Gesù aveva detto poco prima: «Vi ho detto amici, poiché vi ho fatto conoscere tutto ciò che ho udito dal Padre mio» (Gv 15,15). Questo contrasto si illumina distinguendo due fasi della rivelazione, quella connessa con la sua vita terrena e quella successiva al suo ritorno al Padre. La prima era sì completa, ma era rimasta oscura ed enigmatica per l'incapacità dei discepoli a coglierne il senso profondo(4). Perciò si rende necessaria una rivelazione ulteriore, che Gesù inizierà nelle sue apparizioni ai discepoli dopo la sua risurrezione.
Questa ulteriore rivelazione però non sarà portata a termine da Gesù. Egli infatti prosegue: "Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità,...". Sarà quindi lo Spirito colui che porterà a termine la rivelazione di Gesù, diventando così il mediatore della rivelazione completa e definitiva. Nell'AT Jahweh è descritto come pastore e guida del popolo di Israele nell'esodo dall'Egitto; Gesù si è proclamato buon Pastore che conduce le sue pecore (cfr. Gv 10,16); ora è lo Spirito della verità che viene presentato come colui che guida i discepoli alla piena verità(5). Con queste espressioni l'evangelista vuole affermare che, durante la sua vita terrena Gesù non ha potuto comunicare pienamente ai suoi discepoli il suo insegnamento. Solo alla fine, posti di fronte al suo gesto supremo di amore, liberati dai condizionamenti di un rapporto ancora troppo umano e terreno, essi cominceranno a capire in profondità chi egli è veramente, e qual è il progetto per il quale ha speso tutta la sua vita.
"…perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future." L'insegnamento dello Spirito scaturirà dall'ascolto della rivelazione stessa di Gesù, cioè non conterrà elementi nuovi rispetto ad essa; egli «annunzierà le cose che vengono», cioè farà comprendere nel loro vero significato gli eventi concernenti la crocifissione e la glorificazione di Gesù alla destra del Padre, o meglio farà sì che ogni generazione futura comprenda in funzione della propria situazione di vita il significato di ciò che Gesù ha detto e fatto. Mentre Gesù aveva il compito di condurre gli uomini al Padre, lo Spirito li guiderà a Gesù rendendo attuale per tutti i tempi il suo insegnamento. Lo Spirito non ha dunque il compito di annunziare cose nuove, che servano ad integrare o ampliare quanto Gesù ha già detto, ma di dare una più piena e personale comprensione delle parole di Gesù. La sua funzione specifica sarà quella di far assimilare ai discepoli la rivelazione di Gesù, per abilitarli alla loro missione.
"Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà»".
Gesù conclude osservando che lo Spirito lo glorificherà. Per la sua intima unione con il Padre Gesù è stato il rivelatore per eccellenza del Padre e la guida verso di lui, Gesù aveva svolto la sua missione di glorificare il Padre annunziando e attuando il suo disegno di salvezza; di riflesso lo Spirito santo «glorificherà» Gesù manifestando la sua grandezza alla destra del Padre.
Con l'andare del tempo, sulla scorta dai ricordi ricevuti dai primi testimoni e illuminati dalle esperienze fatte, i credenti hanno capito sempre meglio non solo la persona di Gesù, ma anche le implicazioni del suo insegnamento nelle nuove situazioni in cui venivano a trovarsi. Questo progresso nella conoscenza è stato attribuito da Giovanni e in genere dal cristianesimo primitivo all'opera dello Spirito, in cui trova forma l'attrattiva profonda che l'esempio e le parole di Gesù hanno esercitato nei credenti. Il vangelo di Giovanni è esso stesso un tentativo di esprimere la vita e l'insegnamento di Gesù alla luce di questa nuova e più profonda comprensione che è data dallo Spirito. Perciò è chiamato "vangelo spirituale".
Note: 1. L'esegesi di questo brano è liberamente tratta da un articolo di P. Alessandro Sacchi pubblicato in Nicodemo.net. – 2. In questa parte del Vangelo di Giovanni si riflette la situazione della comunità cristiana che, verso la fine del primo secolo (periodo nel quale è stato divulgato il Vangelo di Giovanni) sperimenta la persecuzione da parte dei Romani e dei Giudei. Infatti verso il 90 d.C. i cristiani sono espulsi dalle sinagoghe, mentre già dal 64 d.C., sotto il regno di Nerone (54-68 d.C.), erano iniziate a Roma le persecuzioni. – 3. Il termine greco Parakletos (che solo in Giovanni designa lo Spirito Santo), può essere tradotto con il termine consolatore, ma il suo significato originario è "avvocato", "difensore", "intercessore". Il termine evoca anche il proclamatore della sinagoga che, dopo aver compreso il testo biblico, lo spiega a tutti ("vi insegnerà ogni cosa"). La traduzione con il termine consolatore è più vicina al contesto dei discorsi dell'addio, in quanto si dice che lo Spirito rimarrà con i discepoli, quasi a "consolarli". – 4. È evidente l'incapacità dei discepoli di accettare la resurrezione, nonostante che gli ultimi libri della Bibbia, scritti poco più di un secolo prima e noti a tutto il popolo che frequentava le sinagoghe, avessero presentato questa possibilità come il destino comune a tutti. A scusante dei discepoli, bisogna però dire che erano occorsi più di 18 secoli prima che il popolo ebreo arrivasse a concepire, sotto la spinta della filosofia platonica ed aristotelica, il proseguire della vita dopo la morte; per cui pensare che in un secolo si arrivasse ad accettare anche la resurrezione era certamente superiore alle povere forze di un gruppo di pescatori galilei. – 5. Nella concezione ebraica la verità non è un concetto assoluto (oggi diremmo concetto etico-filosofico), ma rappresenta il contenuto del patto tra Dio e gli uomini, quindi mutabile in relazione ai patti; in questo caso si tratta del nuovo patto o alleanza sancita dal sacrificio della croce.