martedì 13 dicembre 2016
Programma 01
Ci rivediamo il giorno dopo l'Epifania; tra il 7 gennaio ed il 28 febbraio posterò l'esegesi di due sacramenti: Battesimo e Confermazione (Cresima). Ne consegue che con questo post vi faccio i miei migliori auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
lunedì 5 dicembre 2016
L'Avvento - Storia e significato di una tradizione-3
4. Istituzione del Tempo di Avvento
Fin dal secolo V troviamo l'uso di fare delle
esortazioni al popolo per disporlo alla festa di Natale; ci sono rimasti a
questo proposito due sermoni di san Massimo di Torino, senza parlare di
parecchi altri attribuiti in un primo tempo a sant'Ambrogio e a sant'Agostino,
e che sembrano essere invece di san Cesario d'Arles. Se tali documenti non ci
indicano ancora la durata e gli esercizi di questo tempo sacro, vi riscontriamo
almeno l'antichità dell'uso che distingue mediante particolari predicazioni il
tempo dell'Avvento.
Sant'Ivo di Chartres, san Bernardo, e parecchi altri
dottori dell'XI e del XII secolo hanno lasciato speciali sermoni de adventu
Domini, completamente distinti dalle Omelie domenicali sui Vangeli di
questo tempo.
Nei Capitolari di Carlo il Calvo dell'anno 864, i
vescovi fanno presente a quel principe che egli non deve richiamarli dalle loro
chiese durante la Quaresima né durante l'Avvento sotto il pretesto degli
affari di Stato o di qualche spedizione militare, perché essi hanno in quel periodo
dei doveri particolari da compiere, principalmente quello della predicazione.
Un antico documento in cui si trovano, precisati, in
maniera sia pure poco chiara, il tempo e gli esercizi dell'Avvento, è un passo
di san Gregorio di Tours, al decimo libro della sua Storia dei Franchi
nel quale riferisce che san Perpetuo, uno dei suoi predecessori, che occupava
la sede verso il 480, aveva stabilito che i fedeli digiunassero(1)
tre volte la settimana dalla festa di san Martino fino a Natale(2).
Con quel regolamento, san Perpetuo stabiliva un'osservanza nuova, o sanzionava
semplicemente una legge già esistente? È impossibile determinarlo con esattezza
oggi. Rileviamo almeno questo intervallo di quaranta giorni o piuttosto di
quarantatré giorni, designato espressamente, e consacrato con la penitenza come
una seconda Quaresima, sebbene con minor rigore(3).
Troviamo quindi il nono canone del primo Concilio di
Mâcon, tenutosi nel 583, il quale ordina che, durante lo stesso intervallo da
san Martino al Natale, si digiunerà il lunedì, il mercoledì, il venerdì, e si
celebrerà il sacrificio secondo il rito Quaresimale. Qualche anno prima, il
secondo Concilio di Tours, tenutosi nel 567, aveva ordinato ai monaci di
digiunare dall'inizio del mese di dicembre fino a Natale. Questa pratica di
penitenza si estese a tutti i quaranta giorni per i fedeli stessi; e si chiamò
volgarmente la Quaresima di san Martino. I Capitolari di Carlo Magno, al
libro sesto, non ne lasciano alcun dubbio; e Rabano Mauro attesta la medesima
cosa nel secondo libro della Istituzione dei chierici. Si facevano anche
particolari festeggiamenti nel giorno di san Martino, come si fa ancor oggi
all'avvicinarsi della Quaresima e a Pasqua.
L'obbligo di questa Quaresima che era cresciuto
successivamente fino a diventare una legge sacra, diminuì grado a grado; e i
quaranta giorni da san Martino a Natale si trovarono ridotti a quattro
settimane. Si è visto come l'usanza di tale digiuno fosse cominciata in
Francia; ma di qui si era diffusa in Inghilterra, come apprendiamo dalla Storia
del Venerabile Beda; in Italia, come consta da un diploma di Astolfo, re dei
Longobardi († 753), in Germania, in Spagna(4), ecc., ma se ne
possono vedere le prove nella grande opera di dom Martène Sugli antichi riti della
Chiesa. Il primo indizio che riscontriamo della riduzione
dell'Avvento a quattro settimane si può ritenere che sia, fin dal IX secolo, la
lettera del Papa san Nicola I ai Bulgari. La testimonianza di Raterio di Verona
e di Abbondio di Fleury, autori appartenenti entrambi allo stesso secolo, serve
anche a provare che fin d'allora si discuteva molto per diminuire d'un terzo la
durata del digiuno dell'Avvento. È vero che san Pier Damiani, nell'XI secolo,
suppone ancora che il digiuno dell'Avvento fosse di quaranta giorni e che san
Luigi, due secoli dopo, continuava ad osservarlo in questa misura; ma forse
questo santo re lo praticava in tal modo per un trasporto di devozione
particolare.
La disciplina della Chiesa d'Occidente, dopo essersi
rilassata sulla durata del digiuno dell'Avvento, si raddolcì presto al punto da
trasformare tale digiuno in una semplice astinenza; si trovano inoltre dei
Concili fin dal XII secolo, come quello di Selingstadt del 1122, che sembrano
obbligare soltanto i chierici a tale astinenza(5). Il Concilio di
Salisbury, nel 1281, pare anch'esso obbligarvi solo i monaci. D'altra parte, è
tale la confusione su questa materia, senza dubbio perché le diverse chiese
d'Occidente non ne hanno fatto l'oggetto di una disciplina uniforme, che, nella
sua lettera al Vescovo di Braga, Innocenzo III attesta che l'uso di digiunare
per tutto l'Avvento esisteva ancora a Roma al suo tempo, e Durando, sempre nel
XIII secolo, nel suo Razionale dei divini Uffici, testimonia ugualmente
che il digiuno era continuo in Francia per tutta la durata di quel tempo sacro.
Comunque sia, questa usanza venne sempre più
diminuendo di modo che tutto quello che poté fare nel 1362 il Papa Urbano V per
arrestarne la caduta completa, fu di obbligare tutti i chierici della sua corte
a conservare l'astinenza dell'Avvento, senza alcuna menzione del digiuno, e
senza comprendere affatto gli altri chierici, e tanto meno i laici, sotto
questa legge. San Carlo Borromeo cercò anch'egli di risuscitare lo spirito, se
non la pratica, dei tempi antichi nelle popolazioni del Milanese. Nel suo
quarto Concilio, ordinò ai parroci di esortare i fedeli a comunicarsi almeno
tutte le domeniche della Quaresima e dell'Avvento, e indirizzò quindi ai
suoi stessi diocesani una lettera pastorale in cui, dopo aver loro ricordato le
disposizioni con le quali si deve celebrare questo sacro tempo, faceva istanza
per condurli a digiunare almeno il lunedì, il mercoledì e il venerdì di
ciascuna settimana. Infine, Benedetto XIV ancora arcivescovo di Bologna ha
consacrato la sua undicesima Istituzione Ecclesiastica a ridestare nello
spirito dei fedeli della sua diocesi la sublime idea che i cristiani avevano in
passato del tempo dell'Avvento, e a combattere un pregiudizio diffuso in quella
regione, cioè che l'Avvento riguardava le sole persone religiose, e non i
semplici fedeli. Egli dimostra che questa asserzione, salvo che la si intenda
semplicemente del digiuno e dell'astinenza, è di per sé temeraria e
scandalosa, poiché non si potrebbe dubitare che esiste, nelle leggi e nelle
usanze della Chiesa universale, tutto un insieme di pratiche destinate a
mettere i fedeli in uno stato di preparazione alla grande festa della Nascita
di Gesù Cristo.
Ma se le pratiche esteriori di penitenza che
consacravano una volta il tempo dell'Avvento presso gli Occidentali, si sono a
poco a poco mitigate, in maniera che oggi non ne resta alcun vestigio fuori dei
monasteri, l'insieme della Liturgia dell'Avvento non è cambiato; ed è nello
zelo per appropriarsene lo spirito che i fedeli daranno prova d'una vera
preparazione alla festa di Natale.
5. Variazioni
nella Liturgia.
La forma liturgica dell'Avvento, quale si ha oggi
nella Chiesa Romana, ha subito alcune variazioni. San Gregorio (590-604) sembra
aver istituito per primo questo Ufficio che avrebbe abbracciato dapprima cinque
domeniche, come si può vedere dai più antichi Sacramentari di quel Papa. Si può
anche dire a questo proposito, secondo Amalario di Metz e Bernone di Reichenau,
seguiti da Dom Martène e da Benedetto XIV, che san Gregorio sembrerebbe essere
l'autore del precetto ecclesiastico dell'Avvento, benché l'uso di consacrare un
tempo più o meno lungo a prepararsi alla festa di Natale sia del resto
immemorabile, e l'astinenza e il digiuno di questo tempo sacro siano iniziati
dapprima in Francia. San Gregorio avrebbe determinato, per le Chiese di rito
romano, la forma dell'Ufficio durante questa specie di Quaresima, e sanzionato
il digiuno che l'accompagnava, lasciando tuttavia una certa libertà alle
diverse Chiese circa la maniera di praticarlo.
Fin dal IX e X secolo, come si può vedere da Amalario,
san Nicola I, Bernone di Reichenau, Reterio di Verona, ecc., le domeniche erano
già ridotte a quattro; è lo stesso numero che porta il Sacramentario gregoriano
dato da Pamelio, e che sembra sia stato trascritto a quell'epoca. Da allora,
nella Chiesa Romana, la durata dell'Avvento non ha subito variazioni, ed è
sempre consistito in quattro settimane, di cui la quarta è quella stessa nella
quale cade la festa di Natale, a meno che tale festa non capiti di domenica. Si
può dunque assegnare all'usanza attuale una durata di mille anni, almeno nella
Chiesa Romana; poiché vi sono delle prove che fino al secolo XIII alcune Chiese
di Francia hanno conservato l'usanza delle cinque domeniche(6).
La Chiesa ambrosiana conta ancor oggi sei settimane
nella sua liturgia dell'Avvento; il Messale gotico o mozarabico mantiene la
stessa usanza. Per la Chiesa gallicana, i frammenti che Dom Mabillon ci ha
conservati della sua liturgia non ci attestano nulla a questo riguardo; ma è
naturale pensare con questo studioso la cui autorità è rafforzata anche da
quella di Dom Martène, che la Chiesa delle Gallie seguiva su questo punto, come
su tanti altri, le usanze della Chiesa gotica, cioè che la liturgia del suo Avvento
si componeva ugualmente di sei domeniche e di sei settimane(7).
Quanto ai Greci, le loro Rubriche per il tempo
dell'Avvento si leggono nei Nenei, dopo l'Ufficio del 14 novembre. Essi
non hanno un Ufficio proprio dell'Avvento, e non celebrano durante questo tempo
la Messa dei Presantificati, come
fanno in Quaresima. Si trovano soltanto, nel corpo stesso degli Uffici dei
Santi che occupano il periodo dal 15 novembre alla domenica più vicina a
Natale, parecchie allusioni alla Natività del Salvatore, alla maternità di
Maria, alla grotta di Betlemme, ecc. Nella domenica che precede il Natale,
celebrano quella che chiamano la Festa dei santi Avi, cioè la
Commemorazione dei Santi dell'Antico Testamento, per celebrare l'attesa del
Messia. Il 20, 21, 22 e 23 dicembre sono decorati del titolo di Vigilia
della Natività; e benché in quei giorni si celebri ancora l'Ufficio di
parecchi Santi, il mistero della prossima Nascita del Salvatore domina tutta la
Liturgia.
Note: 1. Sembra
opportuno ricordare che il digiuno non è una pratica propria del cristianesimo,
anzi Gesù l’ha sempre rifiutata. Il digiuno è una pratica tipica della liturgia
ebraica ed è ad essa che fanno riferimento alcuni padri della Chiesa per
indicarne l’uso. Paolo, nella lettera ai Colossesi, condannerà la
mortificazione come azione più consona alla carne (quindi all’egoismo) che alla
spiritualità. – 2. Secondo i più recenti lavori dei liturgisti, si possono
segnalare testimonianze ancora più antiche di questa. Così un frammento di un
testo di sant'Ilario, quindi anteriore al 366, dice che "la Chiesa si dispone al ritorno annuale
della venuta del Salvatore, con un tempo misterioso di tre settimane".
Il Concilio di Saragozza, da parte sua, fin dal 380 impone ai fedeli di
assistere agli uffici dal 17 dicembre al 6 gennaio. In questo periodo di ventun
giorni, la parte che precede il Natale formava un quadro ben indicato per la
preparazione di questa festa e costituiva una specie di Avvento. Ma siccome si
era introdotto l'uso, nel IV secolo, di considerare l'Epifania e il Natale
stesso come festa battesimale, potrebbe qui trattarsi solo d'una preparazione
al battesimo e non d'una liturgia dell'Avvento. In Oriente, nel V secolo, a
Ravenna, nelle Gallie e nella Spagna, una festa della Vergine era celebrata la
domenica prima di Natale, e talvolta anche una festa del Precursore la domenica
precedente. Si avrebbe qui ancora una breve preparazione al Natale, un Avvento
primitivo, a meno che non si tratti d'un semplice ampliamento della festa di
Natale. Infine, il Rotolo di Ravenna, di cui sarebbe autore san Pier Crisologo
(433-450), possiede 40 orazioni che possono essere considerate come
preparatorie al Natale. – 3. Bisogna notare anche che questo digiuno non era
proprio del Tempo dell'Avvento, poiché, tra la Pentecoste e la metà di
febbraio, i fedeli digiunavano due volte la settimana e i monaci tre volte. Il
carattere penitenziale dell'Avvento derivò a poco a poco, a causa dell'analogia
che si presentava naturalmente tra questa stagione e la Quaresima. – 4. Forse
il digiuno esisteva già in Spagna a quell'epoca. Una lettera del 400 circa, ci
parla di tre settimane che pongono fine all'anno e ne cominciano uno nuovo,
comprendenti la festa di Natale e quella dell'Epifania, durante le quali
conviene darsi al ritiro e alle pratiche dell'ascetismo: la preghiera e
l'astinenza (Rev. Bén. 1928, p. 289). Le chiese d'Oriente che ricevettero
dall'Occidente la celebrazione della Natività di Nostro Signore, adottarono
ugualmente, nell'VIII secolo, il digiuno dell'Avvento. – 5. Il Concilio di
Avranches (1172) prescrive il digiuno e l'astinenza a tutti coloro che lo
potranno, in particolare ai chierici e ai soldati. Il coinvolgimento dei
militari in queste pratiche devozionali lascia abbastanza sorpresi. – 6. Si può oggi stabilire in una maniera molto più
dettagliata lo sviluppo della Liturgia dell'Avvento. Mentre il Sacramentario
leoniano, (fine del VI secolo) non porta alcuna messa, il che sembra indicare
che a quell'epoca Roma ignorava ancora l'Avvento, il Sacramentario gelasiano
antico (fine del VI e inizio del VII secolo) contiene cinque messe "De
adventu Domini". Il Sacramentario gelasiano d'Angoulême e gli altri
Sacramentari dell'VIII secolo contengono essi pure cinque messe. Infine, nel
Sacramentario gregoriano, troviamo delle messe per quattro domeniche e per le
tre ferie delle Quattro Tempora. Forse anche la messa dell'ultima domenica dopo
la Pentecoste era considerata come messa "de Adventu". Aggiungiamo
infine che san Benedetto († dopo il 546) ha scritto, nella sua Regola, un
capitolo sulla Quaresima, che parla del Tempo pasquale ma non menziona
l'Avvento. – 7. Segnaliamo che il Sacramentario mozarabico: Liber mozarabicus sacramentorum
(del IX secolo, ma che rappresenta la liturgia del VII), contiene cinque
domeniche, e infine che i Lezionari gallicani portano sei domeniche
dell'Avvento.
mercoledì 30 novembre 2016
L'Avvento - Storia e significato di una tradizione-2
3. Il Natale nei primi secoli del
Cristianesimo
La celebrazione del Natale non è presente nei primi
elenchi delle festività cristiane, per esempio in quello di Ireneo e in quello
di Tertulliano; addirittura Origéne ricorda che nella Scrittura solo i
peccatori festeggiavano la data del compleanno.
Le prime evidenze di una celebrazione provengono da Alessandria
d’Egitto, circa nel 200 d.C., quando Clemente di Alessandria disse che certi teologi
egiziani, "molto curiosi", definirono non solo l'anno, ma anche il
giorno della nascita di Gesù il 25 Pachon, corrispondente al 20 maggio del
ventottesimo anno di Augusto ma fecero questo non perché ritenessero che il Cristo
fosse nato quel giorno ma solo perché quel mese era il nono del loro calendario
(1). Altri scelsero le date del 24 o 25 Pharmuthi (19 o 20 aprile).(2)
Un testo del 243, De paschae computus,
attribuito a Cipriano ma probabilmente apocrifo, dichiara che la nascita di
Cristo fu il 28 marzo perché fu in quel giorno che il sole fu creato.(2)
Clemente dichiara anche che i Balisilidiani
celebravano l'Epifania e con essa, probabilmente, anche la nascita di Gesù, l’11
o il 15 Tybi (corrispondenti al 6 o 10 gennaio).
Abraham Ecchelensis (1600-1664) riferisce di avere individuato la
presenza di un dies Nativitatis et Epiphaniae in una costituzione della chiesa
di Alessandria al tempo del Concilio di Nicea (325).
Epifanio nelle sue opere parla di una cerimonia dai tratti
gnostici ad Alessandria d’Egitto in cui, la notte tra il 5 e il 6 gennaio, un
disco solare inquartato (oggi noto come "croce celtica") detto Korê
era portato in processione attorno a una cripta, al canto Oggi a quest'ora
Korê ha dato vita all'Eterno.
Giovanni Cassiano (360-435) scrive, tra il 418 e il 427,
che “i monasteri egiziani ancora osservano
gli antichi costumi” in merito
alle date e alla liturgia della natività.
Il 1º gennaio 433 Paolo di Emesa predica presso
Cirillo di Alessandria, e i suoi sermoni mostrano che la celebrazione del
Natale nel mese di dicembre era già fermamente stabilita; se ne può concludere
che la festa si era diffusa in Egitto tra il 427 e il 433.
A Cipro, alla fine del IV secolo, Epifanio dichiara
contro gli Alogiani(3) che Cristo era nato il 6 gennaio ed
era stato battezzato l'8 novembre.
Efrem il Siro (i cui inni si riferiscono all'Epifania e non al
Natale) prova che la Mesopotamia festeggiava la nascita tredici giorni dopo il
solstizio d'inverno, ovvero il 6 gennaio.
Anche in Armenia la data di dicembre era ignorata, e
tuttora gli Armeni celebrano il Natale il 6 gennaio (4).
In Anatolia, i sermoni di Gregorio di Nissa (morto
prima del 1º gennaio 379) su Basilio Magno e i due successivi tenuti durante la
festa di Santo Stefano, provano che nel 380 il Natale era già celebrato il 25
dicembre.
Nel V secolo Asterio di Amaseia e Anfilochio di
Iaconio, contemporanei di Basile e Gregorio, mostrano che nelle loro diocesi le
feste dell'Epifania e del Natale erano separate.
Nel 385 Egeria(5) scrive di essere rimasta
profondamente impressionata dalla festa della Natività in Gerusalemme; il
vescovo si recava di notte a Betlemme, tornando a Gerusalemme il giorno della
celebrazione, il 6 gennaio, e la festa continuava per gli otto giorni dopo
quella data. La presentazione di Gesù al tempio era celebrata quattordici
giorni dopo. Successivamente menziona solo le due feste maggiori dell'Epifania
e della Pasqua. Per cui il 25 dicembre, nel 385, non era osservato a
Gerusalemme.
Giovanni di Nikiu, per convincere gli armeni a
osservare la data del 25 dicembre, dà notizia di una corrispondenza tra Cirillo
di Gerusalemme e papa Giulio(6) in cui Cirillo dichiara che il suo
clero non può, nella singola festa della nascita e del battesimo, effettuare
una doppia processione tra Betlemme e il Giordano e chiede a Giulio di
stabilire la vera data della Natività dai documenti del censimento portati a
Roma da Tito; Giulio stabilisce il 25 dicembre.
Sofronio Eusebio Girolamo, scrivendo nel 411, rimprovera ai
palestinesi di mantenere la celebrazione della nascita di Cristo nella festa
della Manifestazione (Epifania).
Ad Antiochia, dopo una lunga resistenza, la data del
25 dicembre venne accolta nel 386 grazie all'opera di san Giovanni Crisostomo;
durante la festa di san Filogonio del 386 predicò un importante sermone: in
reazione ad alcuni riti e feste ebraiche, invitò la chiesa di Antiochia a
celebrare la nascita di Cristo il 25 dicembre quando già parte della comunità
la celebrava in quel giorno da almeno dieci anni; dichiarò che in occidente la
festa era già celebrata e che egli desiderava introdurla, che questa era
osservata dalla Tracia a Cadice e che la sua miracolosamente rapida diffusione
era un segno della sua genuinità.
Per giustificare la decisione interpretò gli episodi
evangelici dicendo che il sacerdote Zaccaria entrò nel Tempio ricevendo
l'annuncio del concepimento di Giovanni Battista in settembre; il vangelo data
il concepimento di Gesù dopo sei mesi, ovvero in marzo, per cui la nascita
sarebbe avvenuta in dicembre.
Infine Crisostomo dichiarò di sapere che i rapporti
del censimento della Sacra Famiglia erano ancora a Roma e quindi Roma doveva
aver celebrato il Natale il 25 dicembre per un tempo abbastanza lungo da
consentire a Crisostomo di riportare con certezza la tradizione romana(7).
Il riferimento agli archivi romani è antico almeno quanto Giustino da Nablus e
Tertulliano. Papa Giulio I, nella falsificazione cirillina citata in
precedenza, afferma di aver calcolato la data basandosi su Flavio Giuseppe,
sulla base della stessa considerazione riguardante Zaccaria.
Nel 379-380 Gregorio Nazianzeno si fa iniziatore
presso la Chiesa di Costantinopoli della nuova festa, proposta in tre sue
omelie predicate in tre giorni successivi nella cappella privata chiamata
Anastasìa; dopo il suo esilio nel 381, la festa scomparve.
Secondo Giovanni di Nikiu, Onorio, presente durante
una delle sue visite, si accordò con Arcadio perché fosse osservata la festa
nella stessa data di Roma. Kellner colloca questa visita nel 395; Baumstark tra
il 398 e il 402; l'ultima data si basa su una lettera di Giacomo di Edessa
citata da George di Beeltân, che dichiara che il Natale fu portato a
Costantinopoli da Arcadio e Crisostomo dall'Italia dove secondo la
tradizione si era tenuta fin dai tempi apostolici. Crisostomo fu vescovo tra
il 398 e il 402, e quindi la festa sarebbe stata introdotta in questo periodo
da Crisostomo vescovo allo stesso modo in cui era stata introdotta ad Antiochia
da Crisostomo presbitero; però Lübeck prova che le evidenze su cui si basa la
tesi di Baumstark non sono valide.
Secondo Erbes la festa è stata introdotta da Costantino
I tra il 330 e il 335 probabilmente consigliato della madre Elena e dai vescovi
del Concilio di Nicea.
La prima celebrazione del Natale a Roma avvenne nel 336,
fino ad allora era definita come celebrazione pagana dedicata al Sole,
Sul finire del IV secolo la festa passò a Milano e per
poi diffondersi nelle altre diocesi dell'Italia settentrionale: Torino e
Ravenna in primis.
Sulla base di quanto sopra riportato se ne può
concludere che la solennità del Natale celebrata il 25 dicembre in occidente
divenne comune tra la fine del IV secolo e l’inizio del V. Diverse tradizioni,
di cui la più comune è quella del 6 gennaio, rimasero e rimangono nelle chiese
orientali in particolare nella ortodossia.
Un’ultima notazione: la tradizione del presepe con la
presenza della grotta, del bue e dell’asino, si sono formati in occidente
durante il X-XI secolo quando il popolo, allontanatosi dalle chiese a causa
dell’uso del latino come lingua celebrativa, cominciò a costruirsi riti e
celebrazioni proprie sia nel caso del Natale (presepe) sia nel caso della
Pasqua (Via Crucis e Mortuori). Dato che il popolo non conosceva a sufficienza
i Vangeli, la costruzione di questi riti propri fu fatta su basi popolari che
non erano contenute nei testi sacri come la grotta, il bue e l’asino nel caso
del presepe.
Note: 1. Strom., I, xxi
in P.G., VIII, 888. – 2. Per un approfondimento su questo tipo di ipotesi, che
si basa molto sul significato simbolico attribuito nell'antichità ai numeri,
cfr. il lavoro di Duchesne, cit. in Susan K. Roll, Toward the Origin of
Christmas, 1995, pag. 89). – 3. Gruppo eretico (II – IV secolo d.C.) che
negava la divinità di Cristo (negavano il logos, da cui a-logi o alogiani.). –
4. Epifanio, Haer.,
li, 16, 24 in P. G., XLI, 919, 931. – 5. Egeria, anche
nota come Eteria, è stata una scrittrice
romana del IV-V secolo, autrice di un Itinerarium in cui racconta il suo
viaggio nei luoghi santi della cristianità. – 6. Giulio I fu il 35° vescovo di Roma e papa della Chiesa Cattolica,
che lo venera come santo. Fu papa dal 6 febbraio 337 alla sua morte avvenuta il
12 aprile 352. – 7. La Catholic
Encyclopedia riporta che l'anno fu il 386 ma nota che Clinton ritiene fosse
il 387 e Usener il 388 (Religionsgeschichtl. Untersuch., pp. 227-240),
ma queste datazioni sono contestate da Kellner, Heortologie, Freiburg,
1906, p. 97, n. 3.
lunedì 21 novembre 2016
Avvento - Storia e significato di una tradizione - 1
1. Significato del nome
Il nome Avvento significa: venuta, dal latino Adventus, o meglio verso la venuta. Ha quindi, insito nel
nome, l’idea del movimento, del cammino. Il termine preesisteva al cristianesimo
e nel linguaggio religioso del paganesimo, adventus indicava la venuta
periodica di Dio e la sua presenza nel tempio. Significava, dunque:
ritorno, o anniversario.
Dal punto di vista cristiano, il termine adventus
ha un duplice significato, indica le due venute di Gesù. La prima è la
venuta storica di Gesù a Betlemme, la seconda venuta sarà quella alla fine dei
tempi. Queste due venute sono considerate come un'unica venuta, sdoppiata in
due tappe. Questa duplice dimensione di attesa caratterizza tutto l'Avvento.
Il tempo di Avvento segna anche l'inizio del nuovo
Anno liturgico
E’ evidente che il periodo dell’Avvento, quindi
dell’attesa, presuppone che si conosca l’oggetto dell’attendere, quindi, dal
punto di vista storico, la nascita del Tempo dell’Avvento segue l’istituzione,
dal punto di vista della tradizione e della liturgia, della solennità del
Natale.
2. Origine della festività del
Natale
La teologa Robin M. Jensen (1) dopo aver
osservato un mosaico presso la Necropoli Vaticana rappresentante Cristo come
Sol Invictus, osservò come tale
immagine “…indichi un modo dei convertiti al Cristianesimo di esprimere la loro
fede per mezzo di un simbolismo religioso già conosciuto…”.(2).
Infatti il solstizio invernale e il culto del Sol
Invictus nel tardo impero romano hanno verosimilmente avuto un ruolo
nell'istituzione e nello sviluppo del Natale(3), anche se non ci sono evidenze
definitive di questa relazione.
La festa si sovrappone approssimativamente alle
celebrazioni per il solstizio d'inverno e alle feste dei saturnali romani (dal
17 al 23 dicembre). Inoltre già nel calendario romano il termine Natalis veniva
impiegato per molte festività, come il Natalis
Romae (21 aprile), che commemorava la nascita dell'Urbe, e il Dies Natalis Solis Invicti, la festa
dedicata alla nascita del Sole-Mitra(4), introdotta a Roma da Eliogabalo
(imperatore dal 218 al 222) e ufficializzato per la prima volta da Aureliano
nel 274 d.C. nel giorno del 25 dicembre(5).
È soprattutto quest'ultima festa a polarizzare
l'attenzione degli studiosi. Se già verso il 200 era ampiamente diffusa nelle
comunità cristiane dell'oriente greco la celebrazione del 6 gennaio come giorno
della nascita di Gesù, successivamente si registra il prevalere della data del
25 dicembre, e questo pare spiegarsi con la grande popolarità, al tempo, della
devozione al Sole Invitto(6). Alcune coincidenze storiche sono
infatti particolarmente significative, tra le quali:
1. la corrispondenza delle date,
2. il fatto che il periodo nel quale
prende probabilmente forma la festività cristiana corrisponde
approssimativamente con il picco dei culti solari sostenuti dallo Stato romano,
3. la diffusione di analogie solari con
il Cristo negli scritti patristici di quei secoli. Queste sono state ispirate
direttamente dal cantico di Zaccaria nel Vangelo di Luca, che descrive la
missione di Giovanni Battista come una preparazione alla venuta del Signore,
descritto come "un sole che sorge dall'alto": vedi Lc 1,68-79 e in
particolare il v. 78.
Il Natale costituisce probabilmente l'esempio più
significativo di come una tradizione pagana sia stata assorbita dal
Cristianesimo e abbia assunto un nuovo significato.(7)
Nonostante l'introduzione del Natale cristiano, i
culti pagani collegati alla celebrazione del sole perdurarono per molti anni,
tant'è che ancora nel Natale del 460 tale circostanza portò papa Leone I ad
affermare: «È così tanto stimata questa religione del
Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in
Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la
testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci
addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I
cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli
dei.» Papa Leone I, 7° sermone tenuto nel Natale del 460 - XXVII – 4.
Quando i missionari iniziarono la conversione dei
popoli germanici, adattarono alla tradizione cristiana molte feste pagane. Le
celebrazioni pagane vennero così ricondotte alle celebrazioni del Natale,
mantenendo però alcune delle tradizioni e dei simboli originari (fu lo stesso
papa Gregorio Magno, tra gli altri, a suggerire apertamente questo approccio
alle gerarchie ecclesiastiche). Fra i simboli moderni del Natale che appaiono
derivare dalle tradizioni germaniche e celtiche pagane compare, fra l'altro,
l'uso decorativo del vischio e dell'agrifoglio e l'albero di Natale.
In Islanda i festeggiamenti del solstizio d’inverno
continuarono ad essere celebrati per tutto il Medioevo, fino all'epoca della Riforma.
Anche in altre nazioni la sovrapposizione fra gli
antichi culti pagani del sole e la celebrazione del Natale cristiano perseverò
almeno fino alla fine del XII secolo; tale circostanza risulta testimoniata dal
vescovo siriano Jacob Bar-Salibi: «Era costume dei
pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale
accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte
a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano
fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la
"vera" Natività doveva essere proclamata in quel giorno.»
La data di nascita di Gesù è sconosciuta(8):
il giorno non è indicato nei Vangeli né in altri scritti coevi. Fin dai primi
secoli, i cristiani svilupparono comunque diverse tradizioni, basate anche su
ragionamenti teologici. Questi fissavano il giorno della nascita in date
diverse, tanto che il filosofo Clemente Alessandrino (150-215 d.C.) annotava in
un suo scritto: "Non si contentano di sapere in che anno è nato il
Signore, ma con curiosità troppo spinta vanno a cercarne anche il giorno"
(Stromata, I,21,146).
Il testo di Clemente registra comunque l'esistenza di
una tradizione antica relativa a una nascita di Gesù in una data di mezzo
inverno. Tale tradizione viene infatti fatta risalire ai seguaci di Basilide, un maestro religioso
dello gnosticismo cristiano delle origini. attivo ad Alessandria prima del 150, che celebravano
il 6 o il 10
gennaio, con il Battesimo
di Gesù, la sua nascita come Figlio di Dio (9).
Il dibattito sulla data di nascita di Gesù, rilanciato
nel XX secolo, consente di offrire una prospettiva alternativa o complementare
all'ipotesi dell'istituzione del Natale in sostituzione alla festa pagana del Sol
Invictus. Un primo riferimento, per quanto controverso, al 25 dicembre come
giorno di nascita di Gesù è presente in Ippolito di Roma nel 204(10),
circa 70 anni prima di Aureliano, e lo studioso Paul de Lagarde(11)
ha evidenziato come la data del 25 dicembre era presumibilmente calcolata in
Occidente già nel 221, nella Cronografia di Sesto Giulio Africano(12).
In generale, diversi studiosi hanno tentato una ricostruzione plausibile della
nascita di Gesù, arrivando a ritenere verosimile il 25 dicembre(13).
Tuttavia è stato grazie alle ricerche di Shemarjahu Talmon, dell'Università
Ebraica di Gerusalemme che furono compiuti concreti passi avanti in questo
senso. Talmon è stato infatti in grado di ricostruire le turnazioni sacerdotali
degli ebrei e applicarle al calendario gregoriano sulla base dello studio del Libro
dei Giubilei recentemente scoperto a Qumran.
Scrive in proposito il professor Tommaso Federici,
docente alla Pontificia Università Urbaniana in un articolo apparso
sull’Osservatore Romano: "Si spiega
il 25 dicembre come cristianizzazione di una festa pagana, il natale del Sole
invitto; oppure come equilibrio simmetrico, estetico tra il solstizio d’inverno
(21 o 22 dicembre) e l’equinozio di primavera (23 o 24 marzo). Ma una scoperta
nuova di pochi anni or sono ha portato luce definitiva sulla data del Natale.
Già lo studioso israeliano Shemaryahu Talmon nel 1958 aveva pubblicato uno
studio approfondito sul calendario della setta di Qumran, ricostruendo senza
dubbi l’ordine dei turni sacerdotali nel tempio di Gerusalemme (cfr. 1 Cr 24,
7-18) ai tempi del Nuovo Testamento. Qui la famiglia di Abijah, a cui
apparteneva Zaccaria, padre del Prodromo e Precursore Giovanni (Lc 1, 5),
doveva officiare 2 volte l’anno, i giorni 8-14, del mese terzo, e i giorni
24-30 dell’ottavo mese. Quest’ultima
cadeva circa alla fine di settembre. Non è senza senso che il calendario
bizantino festeggi ‘la concezione di Giovanni’ il 23 settembre, e la sua
nascita 9 mesi dopo, il 24 giugno. I ‘sei mesi’ dopo dell’Annunciazione,
fissata come festa liturgica il 25 marzo, precedendo di 3 mesi la nascita del
Precursore, preludono ai 9 mesi, che cadono in dicembre: il 25 dicembre è data
storica"
Alcuni studiosi hanno inoltre suggerito una possibile
relazione con la festa ebraica della Ridedicazione del Tempio, la Hanukkah, che
cade il venticinquesimo giorno di Kislev, un mese lunare che corrisponde
approssimativamente a novembre o dicembre. La festa ha però un significato
diverso, dura otto giorni e non pare avere comunque inciso in modo
significativo sulla scelta della data del Natale.
Quindi la data del 25 dicembre sembra sia stata una
scelta sufficentemente motivata. Ma di quale anno? Qui la ricerca si fa lunga e
difficile perché mancano punti di riferimento storici e gli unici che si
possono prendere in considerazione sono quelli offerti dai vangeli di Matteo e
di Luca; e sono pure totalmente contraddittori.
Cominciamo da Matteo; Mt2,13-15.19-23: I Magi erano appena partiti, quando un
angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con
te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò:
Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si
alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove
rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal
Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio»”.
Questo brano del Vangelo di Matteo mette in
crisi la maggior parte degli esegeti perché quanto racconta Matteo ha un
importante significato teologico ma, con elevata probabilità, non ha valenza
storica.
Molti storici moderni, infatti, negano la storicità dell’episodio
che noi chiamiamo “strage degli innocenti”, dato il mancato riscontro nelle
opere di Giuseppe Flavio, fonte principale della storia giudaica del I secolo.
Paul Maier afferma che “…la maggioranza delle recenti
biografie di Erode il Grande lo rifiuta interamente…”(14). Stessa
posizione si riscontra in Geza Vermes e E.P. Sanders(15). A questi pareri deve
aggiungersi che, in qualunque modo venga fatto il calcolo, anche prendendo date
diverse di riferimento, la morte di
Erode sarebbe sopraggiunta intorno al 4 a.C.
E’ corretto però fare presente che altri studiosi
cristiani ne accettano la storicità notando come l'episodio sia compatibile con
la politica repressiva di Erode, il quale avvertendo il pericolo di un'usurpazione
non esitò a uccidere in diverse occasioni una moglie, tre cognati, una suocera,
tre figli e alcune centinaia di oppositori.
Il fatto che sia Giuseppe Flavio che gli storici
romani, come pure gli altri evangelisi, non riportino l’episodio si spiega, secondo
Giuseppe Ricciotti(16), storico biblista, con il modesto numero di
bambini presumibilmente coinvolti. I nati a Betlemme in quel periodo, essendo
circa 1000 gli abitanti adulti, potevano aggirarsi intorno ai 60 individui.
Volendo però Erode uccidere solo i bambini maschi il numero degli uccisi è
dunque, approssimativamente, di circa 30 neonati e, contando che la mortalità
infantile in vicino oriente era molto alta, il numero si può restringere a soli
20.
Possiamo quindi dire che, assumendo come
storicamente possibile la “strage degli innocenti”, per Matteo Gesù sarebbe
nato intorno al 6 a.C.
Secondo
Luca, invece, Gesù nasce a Betlemme a causa del censimento di Quirino,
governatore della Siria. Secondo Giuseppe Flavio il Censimento era stato
indetto il 6 d.C., il che sposterebbe la data della Nascita di Gesù intorno al
7-8 d.C. Quest’ultima datazione risulta eccessivamente tardiva se si considera
valida (ed esistono alte probabilità che lo sia), la data del 30 d.C. per la
sua morte.
Alla luce
dei costumi degli ebrei del primo secolo, pensare ad un Rabbì, un maestro, di
22-23 anni è molto difficile. Questa era l’età in cui si entrava nelle scuole
rabbiniche il cui accesso era consentito solo agli uomini sposati; gli
eventuali celibi (la cui esistenza era assai improbabile) sarebbero stati
considerati pubblici peccatori e quindi allontanati dalla comunità.
Sulla
base quindi dei vangeli, la data di nascita più probabile è il 6 a.C. La data
dell’1 d.C. fu calcolata dal monaco Dionigi il Piccolo nel IV secolo; tale data
ha, oggi, dei nuovi estimatori che sostengono che la morte di Erode il Grande
può essere avvenuta alcuni anni dopo e che la data del 4 a.C non corrisponde
alla morte, ma all’inizio della reggenza del figlio Archelao. Personalmente
reputo questa ipotesi molto fragile e poco suffragata da documenti.
Note: 1.
Robin Margaret Jensen (1952, vivente), cattolica, è professore di Teologia
presso il Dipartimento di Teologia della University of Notre Dame (Indiana –
USA) – 2. Robin M. Jensen, "Towards
a Christian material culture", pp. 568-585. – 3. « No
litugical historian, whatever her or his position on the concrete causes of the
development and institution of the Christmas feast, goeas as far as to deny
that it has any sort of relationship with the sun, the winter solsitce and the
popularity of solar worship in the later Roman Empire. » Susan
K. Roll. Toward the Origin of Christmas, 1995, pag. 107. – 4. Mitra è un'importantissima divinità dell'induismo
e della religione persiana ed anche un dio ellenistico e romano, che fu adorata
nelle religioni misteriche dal primo secolo a.C. al quinto secolo d.C. – 5. «Trasformato
ufficialmente in culto pubblico con Aureliano, nel 274 d.C., venne fissata al
25 dicembre anche la data in cui si doveva celebrare la nascita del dio,
Natalis Solis Inuicti, dopo di che Mitra, identificato con Sol e a lui
sovrapposto, divenne il dio invitto per eccellenza». Paolo Scarpi. Le
religioni dei misteri vol. II. Milano, Mondadori/Fondazione Lorenzo Valla,
2008, p. 353. – 6. Va anche considerato che, secondo Gaston H.
Halsberghe, Aureliano riformò un culto, quello del dio Sol invictus, che aveva
perso seguito tra i fedeli negli anni precedenti, e lo fece per unificare
l'impero e rinnovare i legami con l'autorità centrale dopo le varie guerre e i
vari imperatori succedutisi rapidamente. Compì quindi non solo una riforma
religiosa ma anche una vera e propria riforma amministrativa: «La Cristianità
era infatti in pieno sviluppo -scrive Halsberghe- e i culti orientali avevano
scosso la fede nelle antiche divinità romane e le aveva derubate della loro
capacità di sostenere la devozione». Per Halsberghe quindi, in un periodo
storico in cui l'aspirazione religiosa conduceva verso il monoteismo, il nuovo
culto del Sol Invictus suggellò gli sforzi di Aureliano per stabilire la
centralizzazione e il coordinamento dell'impero: «Lo Stato romano era tornato
ad essere uno, ma aveva un leader, l'imperatore, e un unico dio per
proteggerlo, il dio Sol Invictus». Il dio Sole fu lo strumento con il quale
Aureliano si identificò nella divinità, e con il quale rafforzò la sua
autorità. La conseguenza immediata del monoteismo del Sole, dice ancora
Halsberghe, «è stata così l'unità religiosa dell'impero e la divinizzazione
dell'Imperatore nella sua persona». Cfr.: Gaston H. Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, Brill Archive,
1972, pp. 130-157. – 7. Sulle date esistono comunque delle controversie.
Secondo vari autori la festa del Sol Invistus non fu sempre celebrata il 25
dicembre, ma anche in altri periodi dell'anno, come il mese di ottobre (Cfr. M.
R. Salzman, New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore
in Rome, Transactions of the American Philological Association (111) 1981, pp.
215-227, a p. 221) o il 19 dicembre (Cfr. Lucio De Giovanni, Costantino e il
mondo pagano: studi di política e legislazione, M. D'Auria Editore, 1989).
Talley cita inoltre Gaston Halsberghe (Cfr. Gaston Halsberghe, The Cult of Sol
Invictus, Leiden 1972), secondo cui il culto del Sol Invictus non fu introdotto
per primo da Aureliano, ma anzi era già esistente e celebrato in date
differenti, come il 9 agosto o il 28 agosto. Scrive Talley: "In effetti,
Halsberghe, senza asserire che c’era già una festa cristiana il 25 dicembre,
espone la probabilità che un elemento dell’agenda religiosa di Aureliano fosse
quello di provvedere ad una alternativa autenticamente romana alla crescente e
prospera missione cristiana" (Cfr. Thomas J. Talley, "The Day of His
Coming", From The Origins of the Liturgical Year, Pueblo Books, Liturgical
Press, Collegeville: 1986 and 1991, Part Two, §§1-6, pp. 79-103). – 8. Quanto segue è tratto da: Ramsay MacMullen,
Christianity and Paganism in the Fourth to Eighth Centuries, Yale, 1997, p.
155. – 9. Basilide faceva riferimento alla teoria adozionistica gnostica secondo la
quale Gesù, nato naturalmente, divenne Figlio di Dio al momento in cui uscì
dall’acqua nel battesimo e ricevette lo Spirito di Dio. La frase che discese
dal cielo in quel momento lo confermava: “Tu
sei mio figlio, il prediletto, oggi ti ho generato”. Questa frase è
testimoniata in molti documenti anteriori al 450 d.C. Per combattere questa
teoria, condannata dal Concilio di Efeso del 431, la frase nei vangeli fu
modificata in “Tu sei mio figlio adorato,
oggi in te mi sono compiaciuto”. – 10. Joseph Ratzinger, Immagini di
speranza. Le feste cristiane in compagnia del Papa, ed. San Paolo, 2005, p. 10:
"Il primo ad affermare con certezza
che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma nel suo commento a
Daniele, scritto verso il 204”. – 11. Paul de Lagarde: (Berlino 1827 -
Göttingen 1891). Nacque a Berlino come Paul Boetticher e prese nel 1854 il
cognome di una zia materna. La sua formazione avvenne tra Berlino, Halle,
Parigi e Londra. Nel 1869 divenne professore di lingue orientali a Gottinga,
dove rimase fino alla morte. Orientalista e biblista, pubblicò versioni dei
testi sacri dal siriaco, dall’aramaico e dal copto. – 12. Sesto Giulio Africano (Sextus Iulius Africanus; 160 o 170 – 240) è
stato uno scrittore dell'Impero romano, considerato il fondatore della cronografia
cristiana. – 13. Antonio Ammassari, "Alle origini del calendario
natalizio", in Euntes Docete 45, 1992, pp. 11-16. – 14. Paul Maier "Herod and the Infants of
Bethlehem", in Chronos, Kairos, Christos II, Mercer University
Press (1998), n. 170. – 15. Geza Vermes, The Nativity: History and Legend,
London, Penguin, 2006, p. 22; E.P. Sanders, The Historical Figure of Jesus,
Penguin, 1993, p. 85. – 16. Ricciotti, Vita di Gesù, par.
9; pp. 256-257.