XXVI Domenica del Tempo
Ordinario - Mc 9,38-41.45.47-48
Giovanni gli disse: «Maestro,
abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo,
perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è
nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me:
chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un
bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico,
non perderà la sua ricompensa.
(1) [Chi scandalizzerà
uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli
venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.Se la tua mano
ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una
mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco
inestinguibile.] E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio
per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere
gettato nella Geènna. [ 46] E se il tuo occhio ti è motivo di
scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio
solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si
estingue.
Gesù ha appena
iniziato un complesso discorso sulla necessità di essere servi degli altri per
divenire primi nella comunità portando come esempio il garzone che gli era
vicino, che subito, in aperto contrasto con quanto Gesù stava proclamando,
viene interrotto da Giovanni:
“«Maestro, abbiamo visto uno che
scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva»”.
Tipico(2) dell'incomprensione
costante dei discepoli, è interrompere Gesù nel suo insegnamento con delle
affermazioni che suonano esattamente il contrario di quel che Gesù sta
affermando. Anche al momento del terzo e definitivo annuncio della sua
passione, Giacomo e Giovanni(3) interromperanno Gesù avanzando la
richiesta dei posti d'onore (cfr. Mc
10,35).
Spinto dal suo zelo, Giovanni crede di
ricevere la lode di Gesù per aver tentato di impedire il lavoro di un individuo
che scacciava i demòni(4). La ragione addotta da Giovanni per
giustificare il gesto è (traduzione letterale) “…perché non seguiva a noi.”
Il pronome (noi) si riferisce ai Dodici: Giovanni esclude ogni sequela
di Gesù che non includa la sequela dei Dodici.
L’azione di Giovanni ricorda quella di
Giosuè, colui che “dalla sua giovinezza era al servizio di Mosè” (cfr. Nm 11,28-29). Costui vedendo che lo
Spirito scendeva anche su alcuni uomini che non avevano partecipato alla
cerimonia di investitura profetica, corre da Mosè e protesta: “Mosè, signore
mio, impediscili!”. Ma Mosè gli rispose: “Sei tu geloso per me? Fossero
tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dar loro il suo
spirito!”.
Gesù, quando aveva convocato i Dodici, li
aveva invitati a stare con lui e a predicare, con la capacità di espellere i
demòni (cfr. Mc 3,14-15). Ma i Dodici
sono incapaci di esercitare questa azione liberatrice, in quanto essi stessi
condizionati dalla mentalità tradizionalista che vedeva nel Messia il
trionfatore (cfr. Mc 9,28).
Giovanni pertanto pretende di impedire
all'individuo di esercitare quella capacità che Gesù aveva concesso ai Dodici (cfr.
Mc 6,7) ma che essi non sono capaci
di esercitare.
“Ma Gesù disse: «Non glielo impedite,
perché non c'è nessuno che faccia un miracolo(5) nel mio nome e
subito possa parlare male di me…”
Per comprenderlo meglio, traduciamo in modo
letterale dal greco: “…perché non c'è nessuno che agisca con potenza [dynamin]
nel mio nome e possa subito maledirmi [kakologê-sai]…”
Con il termine potenza [dynamis],
l’evangelista ha indicato una forza che esce da Gesù e salva la donna con
flusso di sangue (cfr. Mc 5,30). La potenza
è la forza che deriva dalla presenza dello Spirito e che può essere
trasmessa per comunicare vita. E’ questa che, comunicata alla persona, la
libera dai demòni, cioè da qualunque ideologia contraria alla vita che lo
Spirito comunica. L'individuo è un uomo che, con la potenza dello Spirito,
porta a compimento la stessa attività di Gesù, senza appartenere al numero dei
Dodici e senza essere chiamato discepolo. Gesù afferma che colui che agisce in
virtù dello Spirito che possiede, comunicando vita, dimostra di aver dato
fedele adesione a lui, quindi fa parte a pieno titolo della sua comunità.
“…chi non è contro di noi è per noi.”
L’orizzonte dei Dodici è limitato al regno
d’Israele. Quello di Gesù si estende al regno di Dio. Il primo è ristretto a un
popolo, il secondo abbraccia tutta l’umanità.
Ogni uomo che lavori per il bene degli altri,
anche se non segue i suoi discepoli, Gesù lo considera suo collaboratore
nell’attività di liberazione dell’uomo. Quel che determina essere o no con Gesù
è l’attività. Se l’individuo agisce a favore dell’uomo, Gesù non lo considera
un suo rivale, bensì suo collaboratore(6).
“Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere
d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà
la sua ricompensa.”
Offrire da bere, nella cultura ebraica, era
segno di accoglienza e di ospitalità (cfr. Gv
4,7). La prima volta che Gesù parla di se stesso come del Messia è per
invitare i Dodici ad accettare il suo stile, che non è quello di un
trionfatore, ma di colui che si fa ultimo e servo di tutti. “Essere di
Cristo (del Messia)” significa assomigliare a Gesù facendosi ultimi e servi
di tutti. Avvicinandosi agli altri con lo stesso atteggiamento di Gesù Messia,
i discepoli daranno la possibilità alla gente di fare l’esperienza di Dio.
Infatti, come chi accoglie il garzone accoglie Gesù e il Padre, così chi
accoglierà i suoi discepoli, accoglierà il Padre. La presenza del Signore nella
comunità è garantita dall’accoglienza degli ultimi i quali, come Gesù, vanno
situati nel posto centrale. Chi non è contro è con Gesù, ovvero chiunque è a
favore degli uomini è considerato da Gesù suo collaboratore.
Qui sorge la domanda: e chi è contro? L'ambizione
di essere al di sopra degli altri conduce gli uomini inevitabilmente ad
opprimere quanti devono servire da piedistallo alla loro mania di grandezza.
Costoro sono contro Gesù, si allontanano dal Signore che si pone invece
sempre dalla parte degli oppressi della società.
L'evangelista è cosciente che quando,
all'interno della comunità dei credenti, si infiltra il desiderio di dominare
gli altri, la comunità riceve una ferita mortale. Per questo ora fa seguire
queste severissime parole di Gesù:
“Chi scandalizzerà uno solo di questi
piccoli [mikrôn]
che credono in me, è molto meglio per lui che gli
venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”.
Alla categoria dei garzoni Gesù
affianca quella dei piccoli o insignificanti [mikrôn](7).
Nella casa dove Gesù si trova finora erano apparsi i Dodici, il garzone e
ora i piccoli. Gesù ne parla come ha fatto per il garzone (uno di
questi) confermando l'identità dell'uno e dell'altro.
Gesù
oppone il piccolo all’ambizione dei discepoli di essere il più grande
(cfr. Mc 9,34). Chiamati a farsi ultimi di tutti e
servitori di tutti, i discepoli aspirano a essere i più grandi e importanti
nella comunità. E’ questo lo scandalo che uccide la comunità. Laddove i
credenti pretendono di essere serviti anziché di servire, ponendosi al di sopra
dei piccoli come superiori a questi, la comunità non è più credibile e diviene fonte
di scandalo.
Il
severo monito di Gesù è rivolto a quanti, con la loro ambizione di grandezza e
quindi col disprezzo verso gli ultimi, sono causa di caduta (scandalo)
per quelli che vengono ritenuti gli infimi della comunità, quelli di poco conto(8).
Quanti
hanno creduto di trovare nella comunità di Gesù amore e uguaglianza, si trovano
di fronte a gelosie e rivalità come in ogni altro gruppo umano. Anziché trovare
il servizio generoso e gioioso, vedono ambizioni sfrenate e la scalata al
potere. Invece di umiltà e semplicità trovano uomini divorati dall’arroganza e
dalla vanità. Questo è causa di inciampo, di caduta (scandalo). Sono
costoro quelli che Gesù considera contro di sé perché sono contro i
fratelli.
Le
indicazioni che offre loro Gesù sono le più severe e drammatiche di tutto il
vangelo. Con una precisione di dettagli inusuali nel suo insegnamento, Gesù
afferma che a costoro deve essere appesa al collo una macina, e specifica anche
che non dev’essere la piccola macina domestica che veniva girata a braccia ed
era adoperata per il grano, ma quella grande, girata dall’asino nel frantoio.
Poi Gesù sentenzia che colui che è stato causa di scandalo deve essere gettato
nel mare(9).
Chi,
a motivo della sua ambizione, è causa di caduta per gli altri non ha diritto alla
vita eterna.
Dopo
il primo annuncio della passione, Gesù aveva sgridato Pietro chiamandolo satana
e aveva denunciato questo discepolo perché “non pensa come Dio ma come
gli uomini” (Mc 8,33). Ora,
dopo il secondo annuncio, Gesù si rivolge ai suoi discepoli che continuano a
pensare secondo gli uomini, coltivando manie di grandezza convinti di seguire
il Messia trionfante e vittorioso, dominatore dei suoi nemici.
La
severità di Gesù è motivata dal fatto che i suoi discepoli, con la loro attività
a favore degli uomini, devono consentire loro di fare esperienza della buona
notizia, rendendo così visibile la presenza di Dio nell'umanità. Se questa
comunità non assolve a questo compito non ha diritto d'esistere.
“Se la tua mano ti è motivo di scandalo,
tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le
due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è
motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede
solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio
ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio
con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si
estingue.”
I
discepoli sono chiamati alla pienezza di vita e in essi non possono convivere
atteggiamenti che producono morte. Una volta che l’individuo nota in sé
comportamenti nocivi deve subito drasticamente eliminarli prima che questi lo
infettino completamente e pregiudichino la sua intera esistenza.
Attraverso
tre immagini, mano/piede/occhio, Gesù si riferisce all'attività (mano),
alla condotta/cammino (piede) e al desiderio/brama (occhio).
Se in
questi comportamenti si riscontra un motivo di caduta, occorre intervenire
rapidamente e drasticamente, perché altrimenti questi atteggiamenti conducono
l'uomo alla rovina totale, illustrata attraverso l'immagine di un fuoco
continuamente alimentato, come era quello che bruciava giorno e notte nella
discarica di Gerusalemme, la Geenna.
Se
l’attività, la condotta e i desideri del discepolo alimentano la sua ambizione
e lo pongono al di sopra degli altri, egli si distanzia dal Signore, ultimo
e servo di tutti.
Allontanandosi
da colui che può alimentare la sua vita, il discepolo pone se stesso in una
situazione di grave pericolo, che può terminare nella distruzione totale della
sua esistenza.
Gesù
invita ad abbandonare radicalmente attività, condotte e criteri che allontanano
il discepolo da lui. E se agli occhi della gente potrà sembrare un menomato, in
realtà la sua scelta sarà quella vittoriosa, perché lo avrà fatto entrare nella
pienezza di vita che solo il servizio reso per amore può dare.
Le
immagini del verme e del fuoco sono tratte dalla finale del Libro del profeta
Isaia: “Uscendo vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati
contro di me; perché il loro verme non morirà il loro fuoco non si spegnerà e
saranno un abominio per tutti” (Is
66,24).
Il
profeta non sta parlando di un castigo, ma della distruzione totale di quanti
si sono ribellati al Signore, adoperando immagini classiche della
decomposizione del cadavere, che viene distrutto attraverso il processo di
putrefazione (verme) o l’incenerimento (fuoco).
Non
si tratta pertanto di vivi che soffrono, ma di cadaveri destinati alla
distruzione totale: il verme che non muore è quello che divora tutto, come il
fuoco che non si spegne è quello che brucia tutto.
Questa
immagine indica la distruzione definitiva dell'individuo che non accoglie in sé
il messaggio della vita: è la morte seconda (cfr. Ap 2,11;20,6.14;21,8) che colpisce quanti hanno rifiutato la
proposta di Gesù di una vita per sempre, morendo per sempre.
Note: 1. I versetti tra
parentesi quadra non sono stati inseriti dal liturgista nel brano di vangelo
della XXVI domenica. Il versetto 46 non è riportato nella traduzione della CEI
del 2008 in quanto omesso nella maggior parte dei codici. – 2. L’esegesi che segue è liberamente tratta da alcuni
appunti redatti da P. Alberto Maggi OSM in preparazione della conferenza dal
titolo “Chi non e’ contro e’
con me” tenuta a Cefalù nel Maggio 2003. – 3. Giovanni,
fratello di Giacomo, uno dei Dodici, è stato caratterizzato da Gesù come “figlio
del tuono” (Mc 3,17), cioè di
indole violenta e autoritaria. – 4. Ricordo
che, nella cultura ebraica, l’atto di cacciare i demòni e l’atto di guarire
dalle malattie sono la stessa cosa. Talvolta, con l’atto di cacciare i demòni
si intende anche guarire da problemi psichici, morali o da convinzioni errate.
– 5. La parola miracolo è stata introdotta in teologia dal IV-V secolo d.C. in
poi e non compare in nessun testo originale greco dei vangeli. La traduzione
CEI di questa frase non è la migliore possibile. – 6. L’insegnamento
dell’evangelista è carico di conseguenze: si può benissimo collaborare
attivamente con Gesù senza dover appartenere a quei gruppi che pretendono di
avere il monopolio del suo insegnamento. – 7. Il vocabolo greco usato, mikrôn, ha il significato di piccolo/con poca
importanza e veniva usato dai rabbini che disprezzavano i piccoli,
categoria nella quale venivano inclusi tutti coloro che non volevano o non
potevano dedicarsi allo studio della Legge divina. – 8. “Non giudichiamoci
più gli uni gli altri; piuttosto datevi pensiero di non porre inciampo o scandalo
al fratello”, Rm 14,13. – 9. La
morte in mare era particolarmente temuta, perché era convinzione che si potesse
risuscitare soltanto se seppelliti in terra di Israele (Giacobbe morto in
Egitto viene seppellito in terra di Canaan, Gen
50,13-14). Morire in mare era considerato una morte ignominiosa: “Ti
precipiteranno nella fossa e morirai della morte degli uccisi in mezzo ai mari”,
Ez 27,8).