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Le esegesi riportate in questo blog non sono frutto delle mie capacità, in realtà molto modeste. Le ricavo leggendo diversi testi dei più importanti specialisti a livello mondiale, generalmente cattolici, ma non disdegno di verificare anche l’operato di esegeti protestanti, in particolare anglicani. Se si escludono alcuni miei approfondimenti specifici, per la parte tecnica dell’analisi critica il mio testo di riferimento è questo:

- Giovanni Leonardi
, Per saper fare esegesi nella Chiesa, 2007 Ed. Elledici (testo promosso dall’Ufficio Catechistico nazionale). Questo testo è molto semplice, veramente alla portata di tutti; per migliorare la capacità di analisi deve essere affiancato da altri due testi per la parte linguistica, anch’essi a livello divulgativo:

- Filippo Serafini,
Corso di greco del nuovo testamento, 2003 Ed. San Paolo.
- Luciana Pepi, Filippo Serafini,
Corso di ebraico biblico, 2006 Ed. San Paolo (da usare solo nel caso si voglia approfondire l’etimologia semitica sottesa ai vocaboli greci).

I testi della Bibbia in lingua originale sono pubblicati da varie case editrici; in particolare per i Vangeli segnalo l'ottimo testo della Edizioni Enaudi e quello sinottico della Edizioni Messagero in quanto hanno i testi greco ed italiano a fronte. Si trovano anche in vari siti in rete, ma non sempre sono testi aggiornati con le ultime scoperte a livello archeologico o paleografico.
Per la parte sostanziale normalmente faccio riferimento a documenti prodotti dalle fonti seguenti, che riporto in ordine decrescente di frequenza di utilizzo:

- École biblique et archéologique française de Jérusalem (EBAF), retto dai Domenicani e dove ha lavorato anche il Card. Martini.
- Centro Studi Biblici “G. Vannucci” – Montefano (An), retto dall’Ordine dei Servi di Maria.
- Sito www.Nicodemo.net gestito da P. Alessandro Sacchi.
- Università degli studi di Torino – Corso di Letteratura cristiana antica – Prof.essa Clementina Mazzucco.
- Fr. Dante Androli, OSM, docente di esegesi alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum – Roma
- Università degli studi La Sapienza di Roma – Corso di Storia del Cristianesimo e delle Chiese – Prof.essa Emanuela Prinzivalli.
- Biblia, Associazione laica di cultura biblica – Settimello (Fi)


sabato 14 agosto 2010

… lo sollevò sulle sue ali …

Pensieri in libertà di un vecchio rompiscatole

(Parte seconda, pagg 75 – 81)

 

 

Pochi giorni dopo la nascita di Sandro, Giuliana cadde ammalata. La diagnosi di depressione post partum fu, secondo me, superficiale ed affrettata. In realtà si seppe in seguito che il suo tracollo psicologico, e conseguentemente fisico, fu dovuto ad un insieme di cause legate alla catena di disgrazie familiari che erano accadute in pochissimo tempo e che l'avevano prostrata: la morte straziante del padre, la morte prematura del fratello e quella della madre, avvenuta durante la gravidanza, risultarono un insieme di pressioni affettive culminate nello stress del parto. Le conseguenze furono continui ricoveri in ospedale, non sempre utili; Giuliana rinacque a nuova vita dopo quattro anni grazie all'abnegazione di due specialisti che la seguirono giorno per giorno. Il verdetto finale fu unanime: mai più figli, altrimenti il fragile equilibrio raggiunto si sarebbe incrinato con conseguenze non prevedibili e quasi sicuramente definitive.

Una bomba, che esplose silenziosamente nel nostro matrimonio. Io e Giuliana avevamo sperimentato come la parte sessuale del nostro amore aveva un effetto cementante importantissimo. Iniziava così una battaglia tra precetto morale e vita reale che ha segnato profondamente il nostro rapporto con la Chiesa ma non con Dio.

 

 

La fede e l'amore coniugale

Durante il periodo in cui ho esercitato il ministero di Diacono presso la mia parrocchia, ho avuto l'occasione di essere avvicinato da alcune coppie che avevano diversi problemi di ordine morale e comportamentale, in alcuni casi sinceramente banali, in altri più complessi.

Dopo una cordiale chiacchierata nel quale esprimevo il mio parere, al mio invito di rivolgersi al Parroco per ogni ulteriore approfondimento, la risposta, più o meno diversamente articolata, era questa: "… ma cosa ne sa il Parroco, non ha mica esperienza in queste cose …".

Certo, la mia casistica personale non ha e non può avere valore statistico, i casi sono troppo pochi e magari troppo particolari, pur tuttavia sono tali da richiedere almeno una riflessione. Se poi a questo si aggiunge una considerazione fattami da una coppia sulla contraccezione, la riflessione diventa un obbligo: mi spiegavano infatti che il seguire l'astinenza periodica (il metodo naturale di Ogino - Knaus) creava problemi in famiglia.

Mi sottolineavano che la vita di coppia porta spesso a screzi, discussioni, ostilità che alterano la serena vita familiare a scapito del rapporto di coppia e della vita dei figli. Queste dispute si stemperano, e talvolta si appianano, per la maggior parte dei casi, a letto; ma se la coppia si trova in periodo di astinenza, le divergenze si aggravano e spesso trascendono in dispute aperte a scapito della serenità dei figli.

Concludeva la coppia, all'unisono, meglio contravvenire ad un precetto che non provoca nessun male a se stessi o ad altri, piuttosto che rischiare la pace familiare con conseguenze spesso imprevedibili. Il Papa, mi aggiunse il marito, queste cose non le sa, non ne ha esperienza.

Non ho potuto far altro che, dentro di me, dare loro ragione. Infatti gli stessi problemi li avevamo riscontrati mia moglie ed io; ricordo l'ansia che alle volte si percepiva tra di noi durante i periodi di astinenza, le baruffe, le discussioni, i malumori e poi i sensi di colpa a vedere nostro figlio fuggire in camera sua.

Come ho già detto, Paolo VI, nel 1968, pubblica l'enciclica Humanae vitae nella quale definisce il concetto di paternità responsabile.

Lo scopo di questa enciclica avrebbe dovuto essere quello di valorizzare l'amore coniugale e di proporre una sessualità che andasse al di là del solo scopo di trasmettere la vita. Questo scopo fu però scarsamente capito dal popolo di Dio: in effetti troppo dominante fu il messaggio principale dell'enciclica secondo cui "il concepimento può essere impedito solo ricorrendo a metodi naturali". Questo messaggio è appena stato confermato da Benedetto XVI, senza "se" e senza "ma".

Parlando dell'Humanae Vitae non si può dimenticare che la maggioranza della Commissione, costituita nel 1962 da Giovanni XXIII per valutare questa problematica ed allargata da Paolo VI, aveva votato per una paternità responsabile senza mettere al bando alcun metodo di contraccezione. Fu Paolo VI che non seguì l'orientamento fortemente maggioritario della Commissione ma decise che la posizione minoritaria diventasse la dottrina ufficiale della Chiesa.

Questa decisione ha avuto gravi conseguenze: non ci fu né comprensione né concreta accettazione dell'enciclica; così la Chiesa cattolica ha perso in gran parte competenza e credibilità in materia di sessualità umana e di vita sessuale.

L'enciclica ha diviso la Chiesa, anche nei suoi vertici, ha sconfessato i più importanti teologi cattolici, è stata la causa di sofferti problemi di coscienza. E' inevitabile che in futuro la Chiesa dovrà pentirsi di questa sua linea di oggi.

Le reazioni negative sull'enciclica furono fortissime, sia dal mondo laico che da quello ecclesiastico.

A livello laico rimase famosa l'azione intrapresa da La Stampa (1). Quando la stagione di De Benedetti (2) si sta avviando alla conclusione, nell'estate del 1968, quattro mesi prima di dire addio al giornale, l'anziano direttore (che ormai si avvicinava agli ottant'anni, un'età proibitiva per il suo mestiere) impegna il giornale in una campagna laicista in difesa degli anticoncezionali, e contro l'enciclica Humanae vitae di papa Paolo VI che li mette al bando.

E' l'ultima zampata del vecchio leone, una vera campagna in cui gioca tutte le carte a sua disposizione: la penna tagliente di Gorresio (3), l'opinione di un grande filosofo, le corrispondenze dall'estero che danno conto dell'arretratezza italiana, soprattutto le lettere di Specchio dei tempi, come voce di una protesta anonima ma sgorgata dalle vite di donne e uomini e come immagini di un pezzo di mondo cattolico che non può credere alla condanna.

La questione riguardava la liceità, per i credenti, della cosiddetta pillola, in commercio dalla metà degli anni Sessanta, e apriva una discussione sul controllo delle nascite e la pianificazione familiare. La materia era regolata dal principio che la sessualità nel matrimonio era ammessa per il fine della procreazione, l'unica deroga consentita era il metodo chiamato Ogino-Knaus, che si basava sull'astensione dei rapporti nel periodo di fecondità della donna, per cui implicava calcoli, né semplici, né sicuri, sulle cadenze del ciclo mestruale. Questo metodo era considerato secondo natura, perché sfruttava un dato naturale della fisiologia femminile, mentre erano condannati i contraccettivi che Pio XII nel 1958 aveva definito "una sterilizzazione diretta".

"Un documento che mal si concilia con la realtà del mondo d'oggi" è il titolo del commento di Gorresio, sulla prima pagina della Stampa, all'indomani della presentazione dell'Humanae vitae. Appare sotto il servizio del vaticanista Umberto Furno, che è presentato con un titolo a cinque colonne di un'incisiva asprezza: "La pillola non è lecita. Dura enciclica del Papa". Nell'articolo si ricorda come Paolo VI avesse vietato al Concilio di pronunciarsi sulla liceità o meno di metodi contraccettivi per la regolazione delle nascite, riservando la questione al proprio giudizio. Si ricorda anche un numero crescente di diocesi straniere si erano pronunciate in maniera diversa, in Francia e in Olanda, in Germania e in America, riconoscendo che il ricorso a sistemi di controllo e di limitazione delle nascite era sempre più giudicato un problema di coscienza esclusivo dei coniugi. "Dal Papa si aspettava comprensione – scrive Gorresio –, ed è venuta una condanna".

Dobbiamo immaginare che De Benedetti si fosse convinto ad avversare l'enciclica di Paolo VI per due ragioni.

In primo luogo, contrastava una diffusa convinzione collettiva e rientrava in concezioni che appartenevano al passato; il direttore capiva che il suo pubblico, anche la parte di cattolici praticanti, era deluso della risoluzione cui era giunto alla fine il Papa, e la delusione serpeggiava sia tra i ceti borghesi sia fra quelli più popolari, più per ragioni di principio fra i primi, più per ragioni pratiche fra gli altri.

In secondo luogo, l'enciclica era un caso in cui misurare il fondamento morale del giornalismo: il suo dettato offuscava la libertà di coscienza delle persone e limitava il diritto di scelta delle donne. Ci fu anche chi denunciò un cinismo del direttore. Certo, è possibile che il direttore si fosse consigliato con i collaboratori, ma non c'è dubbio che si trattò di una sua scelta di campo, tanto è vero che si avvalse per quella campagna laicista dello spazio del giornale di cui era più geloso: Specchio dei tempi. Nella rubrica delle lettere compaiono una serie di messaggi di protesta.

Ma il pezzo forte è l'intervento del filosofo Nicola Abbagnano (4), punto di riferimento in Italia dell'esistenzialismo, che il 7 agosto, dopo tre giorni di sciopero dei quotidiani, firma un ampio elzeviro in terza pagina: "Controllo delle nascite e la legge della natura". E' un testo impegnativo, di non facile lettura, che mette e disposizione della campagna giornalistica una riflessione storica e un'analisi critica sui principi filosofici cui l'enciclica appare ispirata. Abbagnano indica come elemento fondamentale di tutto l'impianto di Paolo VI l'affermazione che legge naturale e legge divina coincidono (5). Ai suoi occhi, tale identificazione "è propria di una cosmologia primitiva antiquata e oggi insostenibile"; è parte integrante delle concezioni contro le quali si è battuta la scienza moderna, a cominciare da Galileo.

D'altronde, Abbagnano argomenta che ciò che si chiama natura non corrisponde mai a una totalità assoluta, ma opera attraverso "tentativi innumerevoli e sprechi enormi". L'uomo infatti sarebbe scomparso da molti millenni se non avesse fatto in tutti i campi proprio ciò che l'enciclica condanna nel campo matrimoniale. "Prevedere, pianificare, progettare, prepararsi in anticipo i mezzi per combattere i mali della natura, il freddo, le intemperie, la fame, la malattia e le incessanti minacce che la natura gli fa pendere ad ogni istante sul capo". Il filosofo smonta le basi teoriche dell'Humanae vitae, ne mette a nudo il carattere strumentale. Se il Papa aveva voluto derivare il divieto ai contraccettivi e al controllo delle nascite non da un precetto dottrinale, né da una linea pastorale, bensì da una conformità della vita sessuale a un ordine naturale della trasmissione della vita, contro questa pretesa il filosofo propone i capisaldi di un manifesto del laicismo.

Ma, come dicevo, i commenti più duri provennero dall'ambiente ecclesiale. A titolo di esempio, si riportano qui di seguito i commenti rilasciati dal Card. Martini sul suo libro "Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede", scritto in collaborazione con Georg Sporschill ed edito da Mondadori nel 2008.

In un capitolo del libro, il bersaglio esplicito è l 'enciclica Humanae Vitae. Martini l'accusa d'aver prodotto "un grave danno" col divieto della contraccezione artificiale: "molte persone si sono allontanate dalla Chiesa e la Chiesa dalle persone".

A Paolo VI, Martini imputa d'aver celato deliberatamente la verità, lasciando che fossero poi i teologi e i pastori a rimediare, adattando i precetti alla pratica: "Io Paolo VI l'ho conosciuto bene. Con l'enciclica voleva esprimere considerazione per la vita umana. Ad alcuni amici spiegò il suo intento servendosi di un paragone: anche se non si deve mentire, a volte non è possibile fare altrimenti; forse occorre nascondere la verità, oppure è inevitabile dire una bugia. Spetta ai moralisti spiegare dove comincia il peccato, soprattutto nei casi in cui esiste un dovere più grande della trasmissione della vita".
In effetti, prosegue il cardinale, "dopo l'enciclica Humanae Vitae i vescovi austriaci e tedeschi, e molti altri vescovi, seguirono, con le loro dichiarazioni di preoccupazione, un orientamento che oggi potremmo portare avanti". Un orientamento che esprime "una nuova cultura della tenerezza e un approccio alla sessualità più libero da pregiudizi".
Dopo Paolo VI venne però Giovanni Paolo II, che "seguì la via di una rigorosa applicazione" dei divieti dell'enciclica. "Non voleva che su questo punto sorgessero dubbi. Pare che avesse perfino pensato a una dichiarazione che godesse il privilegio dell'infallibilità papale".

E dopo Giovanni Paolo II è venuto Benedetto XVI. Martini non ne fa il nome e non sembra fare su di lui affidamento, ma azzarda questa previsione: "Probabilmente il papa non ritirerà l'enciclica, ma può scriverne una nuova che ne sia la continuazione. Sono fermamente convinto che la direzione della Chiesa possa mostrare una via migliore di quanto non sia riuscito alla Humanae Vitae. Saper ammettere i propri errori e la limitatezza delle proprie vedute di ieri è segno di grandezza d'animo e di sicurezza. La Chiesa riacquisterà credibilità e competenza".

Quali sono queste verità negate da Paolo VI? Possimo comprenderle leggendo quanto dice a proposito di contraccenzione il Catechismo della Chiesa Cattolica:

2370. La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi (6) sono conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l'educazione ad una libertà autentica. Al contrario, è intrinsecamente cattiva «ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione (7)».

«Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. [...] La differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali [...], coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili (8)».

Possono rilevarsi due cose evidenti anche ad una lettura superficiale: prima di tutto manca un riferimento alla Sacra Scrittura mentre è presente quello autoreferenziale alla enciclica Humanae vitae e alla esortazione apostolica Familiaris consortio, cosa che distingue queste affermazioni da quelle fatte dalla Gaudium e spes; queste ultime risultano così di più alto valore morale e teologico.

In secondo luogo risulta evidente la valutazione riduttiva fatta dal Catechismo nei confronti del dono reciproco dei coniugi che passa da quello incondizionato: "… E così l'uomo e la donna, che per il patto di amore coniugale "non sono più due, ma una sola carne" (Mt. 19, 6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e delle attività…" a quello condizionato dall'obbligo della procreazione.

Qui sorge il contrasto più stridente con quanto indicato dal Concilio Vaticano II che aveva elevato il rapporto tra i coniugi a valore intrinseco di relazione di vita, ben superiore di quello della semplice procreazione; perché questo ritorno indietro? Perché è evidente la sfiducia nella capacità decisionale dei coniugi da parte della Chiesa, a partire da Paolo VI, che, pur di garantire la conservazione della vita, preferisce nascondere ai coniugi quella libertà decisionale che invece la Sacra Scrittura conferisce loro in quanto "…immagine di Dio…" (9).

Mi si potrebbe eccepire che, proseguendo nella lettura di Gn 1, si incontrano i versetti che danno all'uomo la responsabilità della conservazione della specie: "…Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra…" (10). Verissimo, ma è necessario interpretare la frase con l'intelligenza che Dio ci ha donato e non come dei ciechi.

L'espressione "…siate fecondi e moltiplicatevi…" compare, nel racconto della Creazione, per la prima volta in Gn1,22, in relazione agli animali acquatici e ai volatili, che sono destinati a pullulare nell'acqua (v. 20), a riempire i mari (v. 22) e ad essere numerosi sulla terra. E' singolare che questi verbi non siano usati per gli animali terrestri, a proposito dei quali è solo detto che "…Dio vide che era cosa buona…".

Vediamo il significato dei verbi usati andando agli originali ebraici: al cap. 8, 17, accanto all'ebraico pru u-rvu (scusate la trasletterazione approssimativa) viene usato un altro verbo, almeno per quanto riguarda l'uomo: we-sharetsù che generalmente viene tradotto, quando si riferisce ad animali (1,20) con "brulicate", " pullulate"; e questo ci fa pensare a vermi, a serpentelli, a rettili, al massimo a topolini. Ma si può immaginare l'essere umano che brulica? No, di certo. Ed allora? E' la Bibbia stessa che viene in nostro soccorso. Al succitato versetto 17, il secondo emistichio è diviso da un parallelismo secondario, segnato dal zaqef qatan dei massoreti:

"'we-sharetsu 'al ha-arets — ufru u-rvu 'al ha-arets".

Pare chiaro che questo suggerisce di leggere "sharetsu" nel senso di "espandetevi", "propagatevi". In altre parole, una popolazione umana, come qualsiasi altra, aumenta di numero nel tempo ma anche nello spazio.

Se questa lettura è corretta, il "…siate fecondi e moltiplicatevi…" va inteso nel duplice senso di "aumentate di numero" e "coprite nuovi territori".

Per dirlo in chiave moderna, una popolazione prolifica di piccole dimensioni, in presenza di un ambiente favorevole e di abbondanti risorse alimentari, dovrebbe essere caratterizzata da una crescita malthusiana (11), cioè in progressione geometrica. Il grafico che la descrive è quello di una curva esponenziale.

In realtà, come ci insegnano Wilson (12) e Bossert, "… qualsiasi popolazione cui fosse, per assurdo, consentito di accrescersi anche per pochi anni secondo la sua piena capacità esponenziale, crescerebbe tanto che arriverebbe infine a pesare quanto tutto l'universo visibile e a espandersi a una velocità prossima a quella della luce…". La specie umana potrebbe raggiungere questo traguardo entro soli 5000 anni! (ma l'umanità provvede con le guerre e con i massacri a scongiurare questo pericolo a cui si aggiunge l'opera della natura con le epidemie).

La crescita esponenziale (con tasso di crescita costante nel tempo) è tuttavia possibile e concretamente osservabile per periodi brevi, sia con l'occupazione di nuove terre precedentemente disabitate, che con cambiamenti radicali e innovazioni rivoluzionarie nella produzione di alimenti.

Vi è dunque, implicita nella benedizione di pru u-rvu la sollecitazione a diffondersi sulla Terra.
Ma diffondersi solo orizzontalmente o anche verticalmente? Invadere nuove aree o dare vita a grandi città, a concentrazioni di popolazioni? La Bibbia pone, per la verità, anche questo problema, con l'episodio della Torre di Babele, primo grattacielo della storia umana, che viene palesemente condannato. Dunque, la preferenza netta che ci trasmette il testo biblico è per la diffusione sul territorio, non per le grosse concentrazioni.
(Incidentalmente, con questo episodio la Bibbia parrebbe suggerirci che non sarebbe la dispersione orizzontale quella che genera il plurilinguismo, ma al contrario: verrebbe prima la differenziazione linguistica, poi da questa deriverebbe di necessità la spinta a disperdersi. Non è detto che si debba accettare questa ipotesi, ma certamente è un concetto che fa riflettere).

Ma, come abbiamo detto, la stessa crescita malthusiana non può protrarsi all'infinito; in effetti, a partire da un certo momento, il tasso di crescita non si mantiene costante ma si riduce, sia perché cala la natalità sia perché aumenta la mortalità.

La curva di crescita della popolazione non è più una esponenziale ma mostra una caratteristica forma a "S", che si chiama "curva logistica". Essa ci insegna che una popolazione, supposta isolata, si autolimita nel suo accrescimento. Una popolazione piccola ha una crescita esplosiva, perché può ancora trovare abbondanza di mezzi di nutrizione; ma più cresce più tende a stabilizzarsi attorno a una dimensione numerica costante.

Riassumendo: la crescita della popolazione ha dei limiti. Il limite di stabilità nel tempo, cui tende una popolazione supposta isolata, su un territorio dato, ma poi, anche un limite nello spazio, perché se è vero, biblicamente, che la benedizione-augurio di Dio all'uomo è di riempire la Terra, ne deriva che, poiché la Terra stessa non è infinita, è "riempibile"; dunque, il pru u-rvu avrebbe un limite intrinseco. Il precetto di Dio non potrebbe quindi essere ottemperato per sempre.

Questo, dal punto di vista scientifico. Dal punto di vista storico, la cosa è ancora più chiara.

La parte più importante della Bibbia, quello che oggi chiamiamo il documento sacerdotale, a cui la frase "…siate fecondi e moltiplicatevi…" appartiene, è stata scritta durante l'esilio in Babilonia (586 – 538 a.C.).

Tra gli esiliati alcuni passarono dalla parte dei vincitori, altri tentarono di trovare nel passato di Israele qualcosa su cui fondare una fede e una speranza capaci di fronteggiare la nuova situazione. Soprattutto ci si sforza di ricuperare l'eredità del passato per trovarvi la risposta a questa domanda: su cosa basarsi per continuare a vivere in mezzo alle nazioni? Se il redattore deuteronomista aveva indicato come essenziali per la fede cinque cose: un Dio, una terra, un popolo, una legge, un tempio, il redattore sacerdotale può constatare che sono rimasti solo il Dio e la legge. Per sostituire la terra, venuta meno, il documento insiste sull'appartenenza ad un popolo (vedi le genealogie), e sulla circoncisione come segno di appartenenza.

La mancanza del tempio viene colmata con l'indicazione del tempo da dedicare a Dio, rivalutando o inventando il sabato come tempo consacrato a Dio. Il richiamo alla storia patriarcale mostra che la situazione in cui si trovano non è completamente inedita. Dietro quest'opera di sintesi, trapela il ruolo dei sacerdoti che, con saldezza di fede che ancora lascia sorpresi, hanno saputo fronteggiare una situazione inedita.

Da tutto questo nascerà il Giudaismo, cioè un modo diverso di esprimere la fede attraverso i riti: se il Tempio è lontano, ai sacrifici si sostituisce la lettura dei testi sacri nelle assemblee (sinagoghe) che unita al sabato ed alla circoncisione rende Israele singolare tra gli altri popoli.

Ma esiste una spinta che corre nel popolo come atto di resistenza alla schiavitù: non fare più figli per non dare altri schiavi all'oppressore babilonese (13). I redattori del documento sacerdotale vedono in questo proposito, pienamente comprensibile, il rischio dell'estinzione del popolo di Israele. Nel riscrivere la storia della creazione inseriscono l'invito di Dio "…siate fecondi e moltiplicatevi…": Israele deve vivere. Questo precetto funziona, così Israele continua a vivere e ritornerà in Gerusalemme.

Questo ci fa comprendere come spesso occorre posizionare le parole della Bibbia nel loro ambiente storico e valutare così le motivazioni che hanno portato alla loro costruzione. Questo modo di procedere è normalmente seguito per molti precetti ebraici che oggi consideriamo inapplicabili. Alcuni esempi:

Es 35,2 dice chiaramente che chi lavora il sabato dovrebbe essere messo a morte. Ve lo immaginate applicarlo oggi?

Lv 19,27 vieta di rasarsi i capelli, compresi quelli vicino alle tempie. In che modo i calvi devono esser condannati e messi a morte?

Lv 21,20 afferma che non ci si può avvicinare all'altare di Dio se si hanno difetti di vista. Cosa devono fare i preti che portano gli occhiali?

Un mio amico possiede una fattoria. E' andato contro Lv 19,19 poichè ha piantato due diversi tipi di ortaggi nello stesso campo; anche sua moglie ha violato lo stesso passo, perché usa indossare vesti di due tipi diversi di tessuto (cotone e acrilico). Non solo: questo mio amico bestemmia a tutto andare. E' proprio necessario che mi prenda la briga di radunare tutti gli abitanti di Cengio per lapidarli come prescrivono le Scritture? Non potrei, più semplicemente, dargli fuoco mentre dormono, come simpaticamente consiglia Lv 20,14 per le persone che giacciono con consanguinei?

Si potrebbe andare avanti così per decine di pagine.

Questo dovrebbe indurci a condiderare con attenzione l'opportunità di applicare precetti nati in secoli passati con motivazioni che, oggi, non ci appartengono più e che, anzi, possono far soffrire le persone, in contrasto con il messaggio di Cristo.

 

Note: 1. Quanto segue è in parte liberamente tratto dal libro "Gidibì. Un maestro di giornalismo" di Alberto Papuzzi e Annalisa Magone, Donzelli Editore, 2008. – 2. Giulio De Benedetti (Roma, 1893Torino, 15 gennaio 1978) è stato un giornalista italiano. Dopo aver lavorato come stenografo riesce dal 1948 al 1968 a porsi a capo del La Stampa di Torino, portando la tiratura del quotidiano a sfiorare le 500 mila copie, quintuplicando le vendite. – 3. Vittorio Gorresio (Modena, 1910Roma, 1982) è stato un giornalista e saggista italiano. – 4. Nicola Abbagnano (Salerno, 15 luglio 1901Milano, 9 settembre 1990) è stato un filosofo italiano. Laureatosi in Filosofia nel 1922 a Napoli con Antonio Aliotta, insegna dapprima al Liceo Umberto I del capoluogo campano, per poi trasferirsi all'Università di Torino dove è professore ordinario di Storia della filosofia prima presso la Facoltà di Magistero (1936-1939), poi presso quella di Lettere e Filosofia (1939-1976). Dal 1952 è condirettore, a fianco di Norberto Bobbio, della Rivista di filosofia. Tra il 1953 e il 1962 è stato ispiratore del gruppo di intellettuali e filosofi, comprendente, tra gli altri, Bobbio e Geymonat, che prende il nome di neoilluminismo italiano, organizzando una serie di convegni rivolti alla costruzione di una filosofia "laica", aperta ai principali orientamenti del pensiero filosofico internazionale.

Dal 1964 al 1972 collabora con il quotidiano La Stampa; si trasferisce poi a Milano dove collabora con Il Giornale di Indro Montanelli e dove assume per circa un anno la carica di assessore comunale alla Cultura. È stato uno dei promotori del Centro di Studi metodologici di Torino. – 5. E' opportuno far notare come questa coincidenza contrasti in modo stridente con quanto affermato dal Concilio Vaticano II nella costituzione Gaudium e spes firmata dello stesso Paolo VI. – 6. Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 16: AAS 60 (1968) 491-492. – 7. Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 14: AAS 60 (1968) 490. – 8. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 32: AAS 74 (1982) 119-120. – 9. Gn 1, 27. – 10. Gn 1, 28. – 11. Particolare modello di crescita di una popolazione in condizioni di libertà teorica da impedimenti economici e sociali. – 12. Edward Adrian Wilson, detto uncle Bill, cioè zio Bill (Cheltenham, 23 luglio 1872Antartide, 29 marzo 1912), è stato un esploratore, fisico, naturalistapittore ed ornitologo britannico. Insieme a WH Bossert ha scritto numerosi libri di antropologia applicata. – 13. Ger 29, 4-6: "Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, a tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia: Costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti; prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie, scegliete mogli per i figli e maritate le figlie; costoro abbiano figlie e figli. Moltiplicatevi lì e non diminuite".