XXI
Domenica del Tempo Ordinario - Mt 16,13-20
Gesù, giunto nella
regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice
che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista,
altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi
dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né
carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a
te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze
degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei
cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò
che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli
di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
In Matteo, diversamente da Marco, questo brano
occupa un posto centrale, in quanto egli ha scritto il suo vangelo appunto con
lo scopo di proclamare la messianicità di Gesù. Per sottolineare l’importanza
della professione di Pietro l’evangelista aggiunge subito dopo un brano in cui
Gesù lo elogia per quanto ha appena affermato; la conclusione (v. 20) è ripresa
nuovamente da Marco.
Il
brano, usato dopo l’VIII secolo per giustificare l’autorità del vescovo di Roma
su tutta la Chiesa, è stato oggetto di traduzioni ed interpretazioni mirate a
questo scopo che non rispecchiano il testo originale greco. Per questo in
questa spiegazione si farà ricorso al testo originale e non alla traduzione CEI
2008.
Vediamo
gli antefatti che hanno portato agli eventi descritti nel brano.
Gesù1
aveva messo in guardia i suoi discepoli dal «lievito dei farisei» (Mt 16, 5-12), cioè dalla mentalità e
dalla dottrina dei farisei; e per essere sicuro che i suoi discepoli fossero
lontani dall’influsso nefasto dei farisei li porta in territorio pagano, a
Cesarea.
“Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo…”: l’evangelista ci dà
un’indicazione geografica non per pura pignoleria, ma per farci comprendere
tutto quello che viene di seguito. E’ la classica chiave di lettura che gli
evangelisti usano mettere per facilitare la comprensione dei loro scritti.
Infatti a Cesarea di
Filippo c’erano le sorgenti del fiume Giordano: questa sorgente, nella
tradizione ebraica, veniva considerata l’ingresso alla dimora dei morti2.
Inoltre Cesarea di Filippo, chiamata così per non confonderla con Cesarea
Marittima, città prettamente romana, era una città in costruzione e quindi era
un grande cantiere. Questi dati sono da tenere presenti per comprendere poi le
immagini successive.
“…domandò ai suoi discepoli: «La gente3, chi
dice che sia il Figlio dell'uomo?»
La risposta è
deludente. Gesù aveva mandato i discepoli a predicare (Mt 10,1-16). I discepoli poco avevano capito, peggio avevano
predicato; avevano fatto una grande confusione.
Le risposte confuse
che adesso loro danno sono la conseguenza della predicazione confusa dei
discepoli e quindi quello che viene fuori è un guazzabuglio.
Infatti rispondono:
“«Alcuni dicono Giovanni il Battista…”, si
credeva infatti a quell’epoca che i martiri sarebbero ritornati in vita (2Mac 7,8).
“…altri Elia…”, perché la tradizione orale diceva che Elia,
misterioso profeta dell’AT, sarebbe apparso per preparare la strada al Messia (Mt 3,3 e Gv 1, 23).
“…altri Geremia…”, Geremia venne condannato alla
lapidazione, ma, secondo una tradizione orale nata al di fuori della Bibbia,
Dio aveva trasformato Geremia in una pietra e lo aveva salvato.
“…o qualcuno dei profeti». E’ una
confusione totale. Gesù li ha mandati ad annunziare lui e il suo messaggio, i
discepoli non hanno capito niente e, soprattutto, non hanno fatto capire niente
agli altri; inoltre, ciò che preoccupa maggiormente Gesù, è che la sua
identificazione è avvenuta con individui che appartengono tutti al passato,
nessuno ha compreso la novità portata da Gesù.
Ecco «il lievito dei Farisei», la tradizione; non
c’è niente di più terribile dell’attaccamento alla tradizione religiosa, perché
se uno intende la tradizione religiosa come un fattore positivo non se ne
staccherà mai, ma per comprendere la novità portata da Gesù bisogna recidere
l’attaccamento alla tradizione religiosa4.
Gesù si rivolge
nuovamente a tutti quanti: "Disse
loro: «Ma voi, chi dite che io sia?»". A Gesù interessa sapere cosa i
discepoli hanno capito della sua predicazione.
“Rispose Simon Pietro5:…” Gesù non ha chiesto a
Simon Pietro, Gesù ha chiesto a tutti quanti, ma ancora una volta c’è questo
discepolo che presume di essere il portavoce degli altri dicendo «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente6».
La risposta di Pietro
in parte è esatta, soprattutto per quello che riguarda «il Figlio del Dio vivente». Il grande equivoco che si faceva nei
confronti di Gesù è che Gesù veniva riconosciuto come «figlio di Davide» e
Pietro, una volta tanto, non è caduto nel tranello della tradizione.
Per figlio, nella
cultura ebraica, non si intende uno nato da qualcuno, ma colui che assomiglia
al padre nel comportamento. Gli ebrei attendevano un Messia figlio di Davide,
cioè un Messia che assomigliasse a Davide, che era stato l’unico re che era
riuscito a radunare tutte e dodici le tribù e inaugurare il Regno di Israele7.
Naturalmente lo aveva fatto mediante la violenza e l’oppressione; Salomone manterrà
con difficoltà i confini ricevuti da Davide e dopo la sua morte ci sarà nuovamente
la scissione.
La gente aspettava la
rivincita: il Messia doveva essere come Davide, cioè uno che attraverso la
violenza inauguri il Regno di Israele.
Simon Pietro, per la
prima volta nei vangeli, riconosce che Gesù non è il figlio di Davide, non è
uno che attraverso la violenza inaugurerà il regno, ma riconosce che Gesù
assomiglia a Dio, non solo, ma a Dio che comunica vita. Questa è la risposta
esatta, è la definizione esatta di Gesù.
E adesso seguono i
tre versetti, i più difficili, i più complicati e soprattutto i più polemici
non solo del vangelo di Matteo ma di tutto il NT. I tre versetti che hanno
causato la grande divisione tra le varie confessioni cristiane.
Io voglio prescindere
ora da queste divisioni e attenermi semplicemente al testo, il testo originale greco,
e comprendere quello che l’evangelista ci vuol dire.
“E Gesù gli disse: «Beato sei tu…”; innzitutto Gesù
proclama Simone beato, e si riallaccia alle beatitudini che sono presenti nel
vangelo di Matteo, in particolare alla beatitudine «beati i puri di cuore perché vedranno Dio», cioè le persone che
sono limpide, trasparenti, e per questo riescono a percepire la realtà di Dio
già nella loro esistenza.
“«Beato sei tu, Simone, figlio di Giona…”; lo chiama per nome,
però aggiunge “…figlio di Giona…”. Non
è un appellativo simpatico: Giona è
l’unico dei profeti dell’AT che ha fatto esattamente il contrario di quello che
Dio gli aveva chiesto (Gn 1,1-3). L’unico,
non ne esistono altri. Dio aveva detto "Giona, vai a Ninive", cioè a
oriente, in questa grande città pagana, "perché se non si convertono, io
la distruggo". Giona aveva pensato "Ah sì, quindi se io vado a
Ninive, predico la conversione e quelli si convertono, tu non li distruggi? Va
bene". Allora è andato al porto, si è imbarcato su una nave per Tarsis,
cioè per la Spagna. Il Signore gli aveva detto "vai in oriente", e
lui ha preso esattamente la direzione opposta. Perché? Perché così il Signore
sterminava Ninive, perché erano dei pagani e non meritavano niente. Conoscete
tutti quanti il seguito della storia.
Gesù vedendo Simone gli dice "tu sei figlio di Giona", cioè "farai
sempre il contrario di quello che io ti dico", però ci sarà una possibilità
per Pietro ”…perché né carne né sangue te lo
hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”.
Gesù riconosce in
Simone un puro di cuore che è riuscito a percepire la realtà di Gesù, che non è
il figlio di Davide, uno che togliendo la vita agli altri rinnoverà il regno di
Israele, ma colui che dà la propria vita per gli altri, che assomiglia al Dio vivificante,
cioè al Dio la cui unica azione nei confronti degli uomini sarà sempre ed
esclusivamente quella di comunicare e trasmettere vita.
“E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa”, è il famoso versetto 18. Questo versetto in greco vuol
dire una cosa; tradotto in italiano ne dice un’altra a meno di non scegliere
con attenzione i vocaboli8.
Dicamo subito che la
prima parola che è stata tradotta con “Pietro” in greco vuol dire sasso, un
frammento di roccia che si può raccogliere, si può lanciare, ma si può anche
usare per costruire un muro; per semplicità lo tradurrei con il termine
italiano “mattone” che non è proprio preciso, ma rende l’idea di un qualcosa
che può essere usato in una costruzione.
La parola greca che è
stata tradotta con “pietra” in greco vuol dire “roccia” che non si può spezzare
né scolpire da quanto è dura: la roccia, nell’AT e nel NT, indica sempre Dio. Nel
vangelo di Matteo, quando Gesù dice «chiunque
ascolta le mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha
costruito la sua casa sulla roccia» (Mt
7,24), usa la stessa parola.
In conclusione, cosa sta dicendo Gesù a Simone? Sta dicendo: “Tu sei un mattone, il primo mattone che ha
capito, e sulla roccia che sta davanti a te (Gesù stesso) con te e con tanti altri mattoni come te io
costrirò la mia chiesa, la mia comunità”
Nella lingua
italiana, purtroppo, la traduzione «tu sei Pietro e su questa pietra costruirò
la mia chiesa» fa credere come se Pietro e pietra fossero il maschile e il
femminile di uno stesso nome. Ma in greco c’è la stessa differenza, tanto per
dare un’idea, che c’è nella lingua italiana tra il "porto" e la
"porta": si assomigliano, ma porto e porta non sono il maschile e il
femminile dello stesso nome, sono due realtà completamente differenti.
Questa confusione si
ha solo nella lingua italiana; la traduzione dal greco in inglese9,
per esempio, usa due differenti parole proprio per evitare questa confusione.
Che la roccia sia Gesù
e che la chiesa non sia costruita su Simone ma su Gesù è una verità che tutti i
testi del NT ci danno. Cito soltanto la Lettera agli Efesini (Ef 2, 20-22) dove Paolo dice «siete stati edificati sul fondamento degli
apostoli e dei profeti essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare sulla quale
l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando».
Quindi la roccia, la
pietra sulla quale si costruisce la comunità di Gesù, questa roccia che non si
può scalfire, è Gesù stesso; poi ognuno di noi è chiamato, come Pietro, ad
essere una pietra per costruire questa comunità.
“…e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa…”; si dovrebbe in
verità tradurre “ade”, non “inferi” perché purtroppo certe
traduzioni hanno dato origine a delle interpretazioni assolutamente sbagliate.
Gli ebrei pensavano
la terra come un rettangolo di pietra, sotto il quale c’era la caverna dei morti;
in ebraico questa caverna si chiama sheol,
che significa "colui che chiama".
Le sorgenti del Giordano erano intese come uno degli ingressi di questa caverna
sotterranea. La parola ebraica sheol ha
un equivalente in greco nella parola ade.
Ade, nella mitologia
greca, è una divinità alla quale, nella divisione dei regni, era spettato il
regno dei morti.
In latino questa
località sotterranea si chiama inferi,
dal nome delle divinità che abitava il regno dei morti, da non confondere con
inferno. L’inferno non c’è nei vangeli, è una costruzione teologica tipicamente
cristiana della prima metà del V secolo.
Quando nel Credo si
recita "Gesù Cristo morì, fu sepolto
e discese agli inferi", non si intende che discese all’inferno, ma
nella caverna sotterranea dei morti, per dare vita a chi non l’aveva più. Avesse
detto inferno nessuno della comunità di Matteo avrebbe capito perché allora
l’inferno non era stato ancora “concepito”.
Gesù sta dicendo a
Pietro che le porte dell’ade, cioè
del regno dei morti e della morte, non avranno il sopravvento contro di essa.
Gesù sta dicendo qualcosa di molto positivo: la morte non è compatibile con la
comunità cristiana. La comunità cristiana è il luogo dove sprizza effervescente
la vita, perché siamo tutti quanti pietre vive, contagiate, per così dire, dal
Dio vivificante, e tutti quanti trasmettiamo vita. Non c’è diritto di
cittadinanza per la morte, per gli aspetti di morte, all’interno della comunità
cristiana, quindi le porte dell’ade, degli inferi, di questo regno sotterraneo,
le porte della morte, non avranno il sopravvento contro di essa. Gesù ce lo
garantisce: quando la comunità è composta da persone che trasmettono vita, la
morte non ha nessun potere.
C’è poi un altro
versetto che ha dato origine, non capito, ad una delle pagine più sbagliate di
Pietro. Nell’iconografia classica, Pietro viene rappresentato con le chiavi in
mano. Le chiavi per entrare nel Paradiso? Niente di più inesatto.
Gli dice Gesù: “A te darò le chiavi del regno dei cieli”.
Attenzione, "regno dei cieli"10
è un’espressione che si trova quasi esclusivamente nel vangelo di Matteo, non
per indicare l’aldilà, ma per indicare la comunità cristiana.
Nella Scrittura,
nella mentalità biblica, chi teneva le chiavi di un palazzo o di una città era
il responsabile della sicurezza di coloro che stavano dentro. Colui che aveva
le chiavi della casa le aveva perché era responsabile della sicurezza della
vita di coloro che stavano dentro e doveva essere disponibile a sacrificare la
propria vita pur di difendere gli abitanti della casa. Colui che aveva le
chiavi della città non era il detentore di un potere, ma era il responsabile
della sicurezza di tutti coloro che abitavano dentro la città. Gesù, dando a
Pietro le chiavi della comunità cristiana, lo rende il responsabile della
sicurezza e della vita di quanti abitano lì dentro.
“…tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei
cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli…”; gli ha dato le
chiavi e ci saremmo aspettati che dicesse: "tutto quello che aprirai sarà
aperto e tutto quello che chiuderai sarà chiuso", invece Gesù non parla di
aprire e chiudere, stranamente dice “tutto
ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai
sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Legare e sciogliere
sono due verbi che appartengono al linguaggio rabbinico e significa l’autorità
di insegnamento della dottrina. Quando uno scriba era “ordinato” (il verbo non
è corretto, ma lasciatemi questa libertà per maggior chiarezza) durante la cerimonia si diceva proprio questa
formula.
Gesù con questa frase autorizza Simone, che lo ha riconosciuto come Dio vivificante,
di insegnare la dottrina di un Dio che trasmette vita.
Qualche capitolo più in là si capirà anche che quello che Gesù ha detto a
Simone non è esclusivamente per lui; infatti Gesù dirà a tutti i discepoli «tutto quello che legherete sulla terra sarà
legato nei cieli e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto»,
quindi è una responsabilità di tutti i credenti di trasmettere l’autentico
messaggio di Gesù.
Del resto Simone è il
primo mattone e non si costruisce una casa con un solo mattone, ci vogliono indubbiamente
le fondamenta, che sono Gesù, ci vuole un mattone, il primo, e Matteo riconosce
l’importanza di Simone in quanto il primo, ma ci vogliono anche altre pietre,
quindi è un discorso che è rivolto a tutta la comunità cristiana.
E
poi, stranamente, “Allora ordinò ai
discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.”
Ci aspetteremmo che
Gesù dicesse "adesso andate a dire alla gente che io sono il Messia".
Ma non è così: rivolgendosi
a Gesù, Simone lo ha chiamato "Il Messia", Gesù non è il
Messia, Gesù è Messia.
La differenza è netta:
se io un nome lo faccio precedere dall’articolo determinativo significa che è
un qualcosa di conosciuto. Se io dico, "una chiesa", mi riferisco a
una qualunque, se dico "la chiesa" indico una che è conosciuta.
Matteo, nel vangelo,
presenta Gesù non come "il Messia", ma come
"Messia", perché dire "il Messia" significa quello atteso
dalla tradizione, cioè quello che conquisterà con le armi il potere a Gerusalemme,
sconfiggerà i romani e inaugurerà il regno di Israele. Questo era il Messia.
Gesù non è il Messia.
Messia significa unto
del Signore, inviato del Signore, Gesù è l’inviato del Signore ma non con quei
metodi che la gente si aspetta. Ecco perché Gesù anziché dire "allora
andate a dire alla gente che io sono il Messia", dice "allora ordinò
ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Messia".
Perché Gesù è Messia,
ma non quello atteso dalla tradizione.
E qui adesso scoppia
il dramma, adesso scoppia l’incidente. Ma non rientra nel brano in esame e lo
esamineremo un’altra volta.