(segue dalla domenica precedente)
Il sacerdozio di Cristo,
di cui si parla nella lettera agli Ebrei, è un sacerdozio laico, non clericale
ed è infatti definito “al modo di Melchisedek”, il re e sacerdote di
Salem (antico nome di Gerusalemme), un sacerdozio cosmico, universale,
contrapposto al sacerdozio aronita.
Gesù è l’unico, eterno
sacerdote, colui che ci ha rivelato Dio e con Lui ci ha riconciliato: “Dio,
nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, è lui
che lo ha rivelato” (Gv 1,18).
Gesù mostra che la strada che porta a Dio e solo quella dell’amore vicendevole.
Allora, nel battesimo, tutti i cristiani diventano sacerdoti per la
partecipazione al sacerdozio di Cristo, e il Concilio Vaticano II ha ribadito
che il sacerdozio è della Chiesa e non di una parte di essa (Ap 5,9-10) e ha affermato, nella Presbiterorum Ordinis, che la celebrazione del battesimo è la
consacrazione sacerdotale del popolo Santo Di Dio.
Infatti la comunicazione
tra Dio e l’umanità è ora continua perché il velo del Tempio è squarciato e non
più richiudibile: “Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a
fondo” (Mt 27,51).
Esiste invece un
sacerdozio detto ministeriale, con ministeri diversi, ossia di chi si mette al
servizio della comunità, ma pochi se ne ricordano. Bisogna inoltre ricordare
che il sacerdozio ministeriale nella Chiesa (cattolica e ortodossa) è precluso
alle donne, per la volontà discriminatoria di Dio (o forse di qualcun altro!).
Gesù è stato un
antagonista dell’istituzione religiosa ed e sempre vissuto fuori dal sacro,
eppure, per noi cattolici, c’è stato un ritorno all’ebraismo, si è riformato un
ordine sacro (ordine, dal latino “ordo”, che indicava il corpo di chi comandava), che, si dice, è stato
istituito da Gesù stesso durante
l’ultima cena, cosa che io ho cercato e ricercato, ma non ho trovato, mentre si
trova chiarissimo, in Giovanni, l’istituzione della diaconia, del servizio per amore,
che però sembra non essere attraente per i capi.
Gesù non ha parlato
di sacerdoti e non poteva parlarne perché il sacerdote è il gestore del sacro e
nel cristianesimo non c'è il sacro. Che cosa sia il sacro merita uno studio a
parte, qui è sufficiente sottolineare la critica che Gesù ne fa. Del tempio non
rimarrà pietra su pietra e sarà sostituito dalla sua umanità che muore sulla
croce e dopo tre giorni risorge. Alla sua morte il velo del tempio si squarcia
da cima a fondo, significando con ciò la fine del suo ruolo. Forte è la critica
alla legislazione rituale rappresentata dal sacerdote e dal levita nella
parabola del buon samaritano. Il puro e l'impuro, che seguono le categorie del
sacro e del profano, sono oggetto di scherno. Anche la inviolabile sacralità del
riposo sabbatico viene subordinata all'uomo, ossia perde il carattere primo
della sacralità. Come giudice della storia Cristo ci chiederà conto se
l'abbiamo riconosciuto nel volto degli ultimi, non certo sulla partecipazione
ai riti del tempio (Mt 25,31-46).
Il termine sacerdote
compare nel terzo secolo. Per la prima volta Tertulliano distingue all'interno
della comunità cristiana due ordini: il clero (gli scelti) e la plebe.
All'interno del clero diventa dominante il termine sacerdote ripreso
dall'Antico Testamento e configurato con le stesse caratteristiche
(Tertulliano, Cipriano, Origene, Ippolito). L'uso del termine sacerdote dipende
dal diverso modo di interpretare l'eucaristia. Gesù per lasciare un ricordo di
sé e continuare la presenza tra i suoi, ha pensato al gesto più semplice e
umano: sedere assieme a mensa condividendo il pane. Anche se è dominante il
modello di cena e di pane condiviso, sin dall'inizio è presente anche il
linguaggio sacrificale, proprio del contesto culturale in cui gli evangelisti
scrivono. Nel terzo secolo il linguaggio sacrificale diventa esclusivo, di
conseguenza la cena diventa il sacrificio, la mensa diventa altare, chi
presiede (apostolo o anziano = presbitero) diventa sacerdote. In quanto
sacerdote sacrificatore, lui stesso deve fare della sua vita un sacrificio. Il
sacrificio comporta la purità rituale, soprattutto intesa come astinenza dalla
sessualità. Qui viene continuamente richiamata la legislazione mosaica. In
precedenza era in discussione se il battesimo fosse conciliabile con la vita
sessuale nello stesso matrimonio. Ora la soluzione sta proprio nella
distinzione degli ordini. I semplici fedeli, anche se esortati alla continenza,
possono vivere la vita matrimoniale, necessaria per la riproduzione, i
sacerdoti, anche quando tengono con sé la moglie, sono tenuti all'astinenza. La
sessualità non è considerata peccaminosa in sé, come affermavano gli eretici
(ciò avrebbe comportato la condanna del matrimonio), ma come conseguenza del
peccato originale. Sta di fatto che, al dire di S. Girolamo: "Omnis coitus
immundus". La inconciliabilità tra il santo e l'immondo è la motivazione
ricorrente in questo periodo.
Analoga vicenda
riguarda il servizio militare. Nella comunità primitiva sembrava inconciliabile
con la fede cristiana. S. Massimiliano afferma con decisione: "Christianus
sum, mihi non licet militari" e coerentemente affronta il martirio.
Tuttavia dopo la vittoria di Costantino a Ponte Milvio (312) la militanza
diventa dovere per difendere l'impero cristiano. Il dilemma viene risolto: la
proibizione delle armi rimane per gli appartenenti al clero, chiamati alla
perfezione evangelica, i semplici fedeli invece debbono compiere il loro dovere
nel servizio militare a difesa della fede e per la costruzione di una pace duratura.
Tutto questo processo
rende sempre più profondo il solco tra i due ordini, come risulta dal Decretum
Gratiani(1), mentre la Chiesa si identifica con il clero che sta
organizzandosi in una struttura rigidamente gerarchica, secondo la mentalità
feudale codificata poi dallo Pseudo-Dionigi: De celesti hirarchia, De
ecclesiastica hierarchia.
In sostanza, credo
legittimo il processo sopra descritto, perché risponde alla precomprensione,
ossia alla cultura propria di quella epoca. Tuttavia noi uomini della modernità
abbiamo diritto a ripensare il messaggio cristiano in rapporto alla nostra
cultura: è questo "il sentiero interrotto" del Concilio Ecumenico
Vaticano II che è nostro specifico obbligo percorrere.
2. Struttura
del sacramento
L’ordine sacro è, nella religione cristiana,
l'insieme degli uffizi ecclesiastici di diacono, presbitero e vescovo.
Nella Chiesa Cattolica, in quelle ortodosse, e nella Chiesa
Anglicana, esso è considerato uno dei sette sacramenti. Alcune Chiese protestanti
hanno dei ministeri ordinati, ma non considerano l'ordinazione un sacramento;
altre Chiese non utilizzano il termine "ordine", quanto piuttosto
quello di "ministero".
2.1 Chiesa Cattolica
Nel
Catechismo della Chiesa Cattolica al n.1536 si legge: “L'Ordine è il sacramento
grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad
essere esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi: è, dunque, il
sacramento del ministero apostolico. [...] “
L'elenco completo dei due ordini, quello sacerdotale e
quello episcopale, è menzionato per la prima volta nella lettera del vescovo di
Roma Cornelio (251-
253) a Fabio
vescovo di Antiochia, nella quale erano indicati gli ordini allora in uso nella
Chiesa di Roma.
Prima del Concilio Vaticano II, nella Chiesa latina e di
rito orientale i diversi gradi dell'ordine erano suddivisi in due categorie:
ordini maggiori (episcopato, presbiterato, diaconato e suddiaconato) e ordini
minori (accolitato, esorcistato, letterato, ostiariato), e questi ultimi non erano
sacramenti. Nella Chiesa latina chi riceveva gli ordini, a partire da quelli
minori, veniva tonsurato e diventava chierico.
Dopo il Concilio Vaticano II (cfr. il decreto Presbyterorum Ordinis) gli ordini minori
sono stati ridotti e non vengono più chiamati ordini, ma Ministeri: sono quelli
dell'accolito e del lettore.
Per quanto riguarda gli ordini maggiori, oggi la teologia
cattolica non parla più di ordini (al plurale), ma di tre gradi dell'unico
sacramento dell'Ordine:
·
Episcopato: i vescovi. Sono i successori degli
apostoli. Esercitano il triplice ministero dell'insegnamento (munus
propheticum o munus docendi), del governo pastorale (munus
regalis o munus regendi), della santificazione (munus
sacerdotalis o munus liturgicum). In età apostolica le loro funzioni
erano indistinte rispetto quelle dei presbiteri. Dal II secolo sono normalmente
i pastori delle Chiese locali (diocesi).
·
Presbiterato: presbiteri o preti. Sono i
collaboratori dei vescovi con i quali condividono la predicazione della Parola di
Dio, la presidenza dell'Eucaristia e delle altre celebrazioni sacramentali,
esclusa, normalmente, la confermazione e il conferimento dell'Ordine sacro.
Sono quindi sacerdoti come i vescovi. Possono esercitare il ministero nella
guida di una parrocchia (in tal caso si dicono parroci), o in qualunque altro
ministero che venga loro affidato dal vescovo proprio, cui devono obbedienza.
Quando sono inviati dalla loro diocesi come missionari sono detti fidei donum.
·
Diaconato: i diaconi. Sono collaboratori dei vescovi
nella modalità del servizio. Predicano la parola di Dio, amministrano il battesimo,
assistono alla celebrazione del matrimomio, coordinano il ministero della
carità nella chiesa.
Questo sacramento è chiamato "ordine" in
quanto con questo termine si designava, in epoca romana, un «corpo sociale», un
gruppo di persone con funzioni pubbliche. Tale termine passò poi nella
terminologia ecclesiastica per indicare un "collegio" o comunque un
gruppo di persone incaricate di un ministero pastorale e/o dell'amministrazione
di un culto.
Come i sacramenti del battesimo e della confermazione,
nella teologia cattolica si dice che l'ordine conferisce un carattere:
l'ordine resta valido per tutta la vita di chi lo ha ricevuto (sebbene le
funzioni non possano essere lecitamente attuate), anche in seguito a condanna
alla pena della sospensione “a divinis”, alla dimissione dallo stato clericale
oppure alla decisione di abbandono del ministero.
Note: 1. Decretum Gratiani
è il nome con cui è più conosciuta una celebre opera, denominata Concordia discordantium canonum,
una raccolta di fonti di diritto canonico redatta dal monaco camaldolese
Graziano nella prima metà del secolo XII in base alle conclusioni dei concili
pregressi. Tale prima raccolta fu poi integrata attraverso numerose compilationes,
alle quali si affiancarono le più recenti norme canoniche, dette extravagantes,
perché stavano, letteralmente, extra Decretum Gratiani. Il Decretum
Gratiani è stato pubblicato ufficialmente nel 1582, insieme ad altre 5
raccolte di Decreti, con i quali forma un unico corpo normativo, denominato Corpus Iuris Canonici. Quest'ultimo fu
solennemente promulgato da papa Gregorio XIII con la bolla "Cum pro
munere" del 1580 e infine ufficialmente pubblicata nell'editio romana
due anni più tardi. Il Decretum conobbe un successo straordinario ed
ebbe un'applicazione rigorosa in tutta l'Europa cristiana sia ai fini
dell'insegnamento nelle scuole di arti liberali (quale opera
didattico-dottrinale), sia ai fini pratico-forensi nelle corti ecclesiastiche,
le quali nel medioevo avevano talvolta giurisdizione anche civile.
(segue la domenica
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