Pentecoste – Gv
15,26-27;16,12-15
Quando verrà il
Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal
Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché
siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora
da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà
lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà
da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da
quel che è mio e ve lo annuncerà.
Nel secondo discorso d’addio(1) del vangelo di Giovanni (capp.
15 e 16), dopo aver messo in luce gli effetti positivi del rapporto che ha
stabilito con i suoi discepoli, Gesù mostra loro come esso sia destinato ad
attirare su di essi l’odio del mondo. Egli sottolinea come questo odio non sia
altro che il prolungamento di quello che il mondo ha avuto nei suoi confronti,
che a sua volta è espressione del rifiuto colpevole che esso ha opposto a Dio (Gv 15,18-25). All’odio del mondo si
oppone però la testimonianza dello Spirito e quella dei discepoli stessi, i
quali sono stati con Gesù fin dal principio (Gv 15,26-27); il discorso sulla venuta dello Spirito è ripreso poi
in Gv 16,12-13.
Per
celebrare la solennità della Pentecoste il liturgista ha costruito il brano di
questa domenica cucendo insieme le due parti del vangelo di Giovanni nelle
quali Gesù parla di Spirito, non tanto descrivendo la sua essenza, quanto
parlando della sua azione.
Anche
il Catechismo della Chiesa Cattolica preferisce non definire lo Spirito se non
rifacendosi alla definizione trinitaria (cfr. n. 685) e si limita a descriverne
le attività.
Per
avere una definizione di Spirito occorre rivolgersi ai teologi di questi ultimi
anni che, superando le definizioni dogmatiche che sono fortemente limitative
nel significato e nella comprensione(2) a fronte degli sviluppi del
pensiero moderno, salgono a più alti livelli cercando la diretta sorgente dello
Spirito:
“A eccezione dell'uomo, tutti gli esseri viventi nell'espressione della loro energia sono determinati
dalla massa corporea. Anche l'energia libera rispetto alla massa corporea che produce il movimento che chiamiamo vita si
esprime comunque in modo necessitato, perché è
la natura che comanda e che guida mediante gli istinti. Da parte dei viventi
non umani non c'è nessuna possibilità di porre qualcosa di imprevedibile, di creativo, di trasgressivo-innovativo. e infatti ripetono oggi quello che facevano
all'inizio della loro comparsa sulla terra (a meno che la mutazione
dell'ambiente non li abbia costretti a loro
volta a mutare, ma anche in questo caso si tratta comunque di mutazioni
indotte per necessità, non spontanee, non
libere).
Anche gli uomini, per quanto attiene alle
strutture basilari del loro essere naturale, ripetono oggi esattamente quello che facevano
all'inizio della loro comparsa sulla terra, ma c'è qualcosa di più. Questo «di più» presente nel fenomeno
umano è ciò che ha permesso lo sviluppo della civiltà
in tutte le molteplici manifestazioni, talora nel male, ma perlopiù nel bene. Questo surplus rispetto alla dimensione
biologica che abita il fenomeno uomo si chiama libertà
se lo si analizza in senso dinamico
(«pragmatico», direbbe Kant), oppure
spirito se lo si analizza in
senso ontologico.”(3)
Ecco
quindi che lo Spirito è insito nella natura stessa dell’uomo, connaturato alla
vita che è dono di Dio, anzi, è la vita di Dio, la sua espressione amorevole
nei confronti di ogni uomo. Questa constatazione fa comprendere come il
racconto dell’evento pentecostale (At
2,2-4) non si riferisce ad un evento storico, bensì all’effetto che l’amore
di Dio ha su ogni uomo per aiutarlo a comprendere sia il senso della vita nel
mondo che il suo fine ultimo.
Ecco
perché Gesù, in questi due brani, chiama lo Spirito con il nome di Paraclito, tradotto
normalmente con il termine «consolatore», che accompagna l’uomo nelle
difficoltà della vita(4).
“Quando verrà il Paràclito, che io vi
manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà
testimonianza di me;…”
Come indica l’espressione «Spirito
della verità, che procede dal Padre», la funzione dello Spirito è collegata
all’attività rivelatrice di Gesù. Perciò la missione dello Spirito dipende da
Gesù che lo manderà «dal» Padre. Egli
avrà il compito di rendergli testimonianza nel mondo e di confermare la
validità della sua predicazione. Lo Spirito, tuttavia, procede dal Padre, in
quanto la sua missione nel mondo, in unione con quella del Cristo, ha la sua
origine nell’iniziativa salvifica del Padre.
Gesù prosegue: “…e anche voi date
testimonianza, perché siete con me fin dal principio”. I
discepoli testimonieranno in favore di Gesù tenendo vivo, mediante il rapporto
vitale con lui, il suo messaggio e attuando il suo progetto. La loro
testimonianza quindi non sarà costituita solo da parole, ma anche e soprattutto
da opere, che rappresentano il «frutto» della loro unione con lui. La
testimonianza dei discepoli non è separata da quella dello Spirito, perché
questi parlerà per bocca loro (cfr. Mc
3,11 e At 5,3.32;15,28). È
attraverso i discepoli che lo Spirito testimonierà in favore di Gesù,
dimostrando la fondatezza (la verità) della sua parola.
Da notare che nelle parti tralasciate dal liturgista, la testimonianza
dello Spirito è preceduta e seguita da un riferimento alle persecuzioni contro
i discepoli (cfr. Gv 15,18-25;16,1-4a).
Lo Spirito avrà il compito di assistere i discepoli nella proclamazione del
vangelo, rendendola efficace e convincente. Essi saranno quindi i mediatori e
gli strumenti della missione o testimonianza che lo Spirito renderà a Gesù.
Sempre nei versetti non riportati nel brano liturgico, dopo aver concluso
il tema della persecuzione che attende i discepoli, Gesù riprende a parlare
dello Spirito che egli invierà dopo essere ritornato al Padre. Egli afferma
anzitutto che il compito dello Spirito sarà quello di convincere il mondo
quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio: il peccato consiste nel non
credere in lui, la giustizia nel fatto che egli va al Padre, e il giudizio nel
fatto che il principe di questo mondo è stato condannato (cfr. Gv 16,8-9). In altre parole lo Spirito,
mostrando nella vita dei discepoli la realtà della giustizia (fedeltà5)
di Dio rivelata nel ritorno di Gesù al Padre, smaschera di riflesso il peccato
di coloro che l’hanno rifiutato e al tempo stesso sconfigge il desiderio di
potere(6) che l’ha provocato.
Nella restante parte del testo liturgico, Gesù prosegue poi osservando “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non
siete capaci di portarne il peso”.
Questa frase funge da transizione con il brano seguente, nel quale lo
Spirito viene presentato nella suo ruolo di guida dei discepoli. Essa sembra in
contrasto con quello che Gesù aveva detto poco prima: «Vi ho detto amici,
poiché vi ho fatto conoscere tutto ciò che ho udito dal Padre mio» (Gv 15,15). Questo contrasto si illumina
distinguendo due fasi della rivelazione, quella connessa con la sua vita
terrena e quella successiva al suo ritorno al Padre. La prima ora sì completa,
ma era rimasta oscura ed enigmatica per l’incapacità dei discepoli a coglierne
il senso profondo.
Gesù
sta preparando i discepoli a quello che accadrà, soprattutto alla sua passione.
Sa che, una volta soli, si troveranno in balia degli eventi e sa, soprattutto,
che i discepoli non hanno compreso molto del suo messaggio(7). È
questo un dato caratteristico del vangelo di Giovanni, presente, sia pure con
minore intensità, anche negli altri vangeli: la incapacità di comprendere dei
discepoli(8).
Essi
sono ancorati ancora alla tradizione del pensiero ebraico, quello che attendeva
il Messia re, il condottiero che avrebbe ricostruito e liberato Israele, un
uomo possente ed invincibile: come è possibile che questo uomo venga messo a
morte? E sopratutto, che cosa vuole dire quando parla di risurrezione(9)?
Gesù
vorrebbe approfondire il proprio insegnamento, rendere i discepoli protetti dai
problemi che incontreranno e dalle persecuzioni cui andranno incontro(10),
ma i discepoli non sono in grado di seguirlo su questa strada; potranno solo
farlo quando il Padre manderà il suo Spirito.
“Quando verrà lui, lo Spirito della verità,
vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto
ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.”
È
la quinta ed ultima promessa del Paraclito; egli dovrà guidare i discepoli in
futuro, illuminandoli sulla pienezza della “verità”(11), cioè
facendo comprendere la rivelazione di Cristo in tutte le sue dimensioni,
mostrando loro che sono giunte a compimento le Scritture e svelando il senso
ultimo della storia della salvezza.
Nell’AT JHWH è descritto come pastore e guida del popolo di Israele
nell’esodo dall’Egitto; Gesù si è proclamato buon Pastore che conduce le sue
pecore (Gv 10,16); ora è lo Spirito
della verità che viene presentato come colui che guida i discepoli alla piena
verità.
Lo Spirito non ha il compito di annunziare cose nuove, che servano ad
integrare o ampliare quanto Gesù ha già detto, ma di dare una più piena e
personale comprensione delle parole di Gesù. La sua funzione specifica sarà
quella di far assimilare ai discepoli la rivelazione di Gesù, per abilitarli
alla loro missione.
“Egli mi
glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello
che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio
e ve lo annuncerà.”
Gesù conclude osservando che lo Spirito lo glorificherà, poiché riceverà del suo e lo annunzierà ai discepoli; e specifica che ciò deve avvenire perché tutto quello che il Padre possiede è suo. Per la sua intima unione con il Padre, Gesù è stato il rivelatore per eccellenza del Padre e la guida verso di lui; Gesù aveva svolto la sua missione di glorificare il Padre annunziando e attuando il suo disegno di salvezza; di riflesso lo Spirito santo «glorificherà» Gesù manifestando la sua grandezza alla destra del Padre.
Gesù conclude osservando che lo Spirito lo glorificherà, poiché riceverà del suo e lo annunzierà ai discepoli; e specifica che ciò deve avvenire perché tutto quello che il Padre possiede è suo. Per la sua intima unione con il Padre, Gesù è stato il rivelatore per eccellenza del Padre e la guida verso di lui; Gesù aveva svolto la sua missione di glorificare il Padre annunziando e attuando il suo disegno di salvezza; di riflesso lo Spirito santo «glorificherà» Gesù manifestando la sua grandezza alla destra del Padre.
Con l’andare del tempo, sulla scorta dai ricordi ricevuti dai primi
testimoni e illuminati dalle esperienze fatte, i credenti hanno capito sempre
meglio non solo la persona di Gesù, ma anche le implicazioni del suo
insegnamento nelle nuove situazioni in cui venivano a trovarsi. Questo
progresso nella conoscenza è stato attribuito da Giovanni, e in genere dal
cristianesimo primitivo, all’opera dello Spirito, in cui trova forma
l’attrattiva profonda che l’esempio e le parole di Gesù hanno esercitato nei
credenti. Il vangelo di Giovanni è esso stesso un tentativo di esprimere la
vita e l’insegnamento di Gesù alla luce di questa nuova e più profonda
comprensione che è data dallo Spirito. Perciò è chiamato “vangelo spirituale”.
Note: 1. L’esegesi che segue è stata redatta utilizzando parte di un
articolo pubblicato su Nicodemo.net da P. Alessandro Sacchi. – 2. L’aver
vincolato la dottrina in dogmi immutabili è una grande palla al piede del
cattolicesimo. Questo fatto ha impedito lo sviluppo libero del pensiero teologico
nell’ambito della Chiesa cattolica e quindi lo sviluppo della fede verso più
alti stadi di spiritualità, favorendo l’allontanamento delle menti migliori. –
3. Vito Mancuso, Io e Dio, Garzanti Ed., 2011, pag. 422. – 4. Il termine
greco Parakletos (che solo in Giovanni designa lo Spirito Santo), può essere
tradotto con il termine Consolatore, ma il suo significato originario è
“avvocato”, “difensore”, “intercessore”. Il termine evoca anche il proclamatore
della sinagoga che, dopo aver compreso il testo biblico, lo spiega a tutti (“vi insegnerà ogni cosa”). La traduzione
con il termine Consolatore è più vicina al contesto dei discorsi dell’addio, in
quanto si dice che lo Spirito rimarrà con i discepoli, quasi a “consolarli”. –
5. Ricordo che nella mentalità ebraica la parola “giustizia” non indica
un’attività di giudizio con conseguente assoluzione o condanna come noi la
intendiamo, ma semplicemente la fedeltà alla parola data. – 6. Ricordo inoltre
che in tutti i vangeli quando si parla di principe
di questo mondo ma anche di satana,
diavolo o demonio, si intende sempre il potere o il desiderio di potere sugli
altri. – 7. Basti come esempio quello che poco prima ha chiesto Filippo (Gv 14,8): “Mostraci il Padre e ci basta”.
– 8. In At 1,1-8 Luca, a dimostrazione
di questa difficoltà a comprendere, pospone l’ascensione di Gesù di quaranta
giorni durante i quali egli ripropone ai discepoli tutto il suo messaggio, in
una sorta di “ripetizione” generale. – 9. È evidente l’incapacità dei discepoli
di accettare la resurrezione, nonostante che gli ultimi libri della Bibbia,
scritti poco più di un secolo prima e noti a tutto il popolo che frequentava le
sinagoghe, avessero presentato questa possibilità come il destino comune a
tutti. A scusante dei discepoli, bisogna però dire che erano occorsi più di 18
secoli prima che il popolo ebreo arrivasse a concepire, sotto la spinta della
filosofia platonica ed aristotelica, una vita dopo la morte; per cui pensare
che in un secolo si arrivasse ad accettare anche la risurrezione era certamente
superiore alle povere forze di un gruppo di pescatori galilei. – 10. In questa
parte del Vangelo di Giovanni si riflette la situazione della comunità
cristiana che, verso la fine del primo secolo (periodo nel quale è stato
divulgato il Vangelo di Giovanni) sperimenta la persecuzione da parte dei
Romani e dei Giudei. Infatti verso il 90 d.C. i cristiani sono espulsi dalle
sinagoghe, mentre già dal 64 d.C., sotto il regno di Nerone (54-68 d.C.), erano
iniziate a Roma le persecuzioni. – 11. Nella concezione ebraica la verità non è
un concetto assoluto (oggi diremmo concetto etico-filosofico), ma rappresenta
il contenuto del patto tra Dio e gli uomini; in questo caso si tratta del nuovo
patto o alleanza sancita dal sacrificio della croce.