(segue dalla domenica precedente)
3.2. L'Eucaristia come sacramento.
I teologi ritrovano nell'eucaristia
tutti gli elementi costitutivi del sacramento: è un segno esteriore (pane,
vino, mangiare, bere), che significa e produce l'unione con Cristo stesso,
fonte della grazia; fu istituito da Lui, come abbiamo visto nel cap. precedente.
La particolarità di questo sacramento è la sua permanenza; gli altri,
consistendo in un atto, compiutosi l'atto, si compiono e passano. La sua
essenza sta tanto nelle specie del pane e del vino, quanto nel corpo di Cristo.
Il pane, richiesto per la validità del sacramento, può essere o azimo o
fermentato; il vino dev'essere puro di vite: pane e vino costituiscono la
"materia" del sacramento. La "forma" di esso sono le parole
dell'istituzione, ripetute dal sacerdote: "Questo è il mio corpo";
"Questo è il mio sangue". La Chiesa ortodossa ritiene, invece, sia
l'epiclesi cioè l’invocazione dello Spirito Santo.
Gli effetti proprî di questo sacramento sono: aumento
della grazia santificante, remissione dei peccati veniali, preservazione dai
mortali, remissione della pena temporale dovuta per i peccati, aumento di
devozione cioè di alacrità nell'amore di Dio e del prossimo, unione dei fedeli
tra loro.
I teologi aggiungono: diminuzione del forme della
concupiscenza, e un germe di risurrezione deposto nel corpo. Circa la necessità
di questo sacramento, la dottrina cattolica ritiene che sia necessario per la
salvezza eterna, non per necessitȧ di mezzo, come dicono i teologi, perché per
la vita eterna è necessaria in questo modo soltanto la grazia, e l'eucaristia
non dà la grazia prima ma solo l'aumenta; ma è necessario di precetto, cioè per
un espresso comando di Cristo (Giov 6,
54) e della Chiesa nel Concilio Lateranense IV (1215).
Hus e Calvino ritennero obbligatoria la comunione
sotto l'una e l'altra specie; la Chiesa cattolica non ritiene necessaria, salvo
che per il celebrante, la comunione se non sotto la specie del pane. Non sono
pochi i teologi che considerano questa limitazione come un ulteriore segno
distintivo tra il clero ed il popolo, in quanto il sangue, nella tradizione
ebraica filtrata nella tradizione cattolica, è considerato la sede della vita (Lev 17,11) appartiene a Dio e quindi
riservato al sacerdote.
È stato lungamente dibattuto, in varî secoli, sulla
frequenza con cui si deve ricevere l'eucaristia; Pio X troncò la secolare
questione, consigliando la massima frequenza, anche quotidiana, e la comunione
ai fanciulli, appena incominciano a capire.
3.3. L'Eucaristia come sacrificio.
Il sacrificio è definito dai teologi
come "offerta che il legittimo
sacerdote fa a Dio di una cosa sensibile, e distruzione - reale o equivalente -
di essa, in riconoscimento del supremo dominio di Dio e della soggezione
dell'uomo a lui".
L'Eucaristia è il vero e proprio sacrificio del NT;
questo sacrificio è celebrato e compiuto nella messa. La teologia cattolica non
è tuttavia concorde nell'assegnare la parte essenziale della messa, in quanto
sacrificio: chi dice che il sacrificio sta nella consacrazione e nella
comunione (Card. Roberto Bellarmino, 1542 - 1621), chi nella sola consacrazione
(quasi tutti i moderni). Non esistono pareri concordi nell’indicare ciò che
rende sacrificio la messa: le opinioni sono varie.
Quanto è stato esposto costituisce, ridotto soltanto
alle nozioni schematiche e fondamentali, l'insegnamento della Chiesa circa
l'eucaristia.
4. Storia del dogma e della sua teologia.
4.1. Nella Bibbia.
Trascurando per ora i tentativi di
ritrovare un precedente, anzi una fonte, dell'eucaristia nel totemismo e
nell'omofagia (cfr. dal punto di vista cattolico, H. Pinard De la Boullaye, L'étude
comparée des religions, II, Parigi 1925, pp. 58-59), i passi essenziali che
nel NT parlano dell'eucaristia sono:
Giovanmi 6,
specialmente 25-59. L'esegesi di
questo celebre capitolo ha tutta una storia. La Chiesa in nessun documento
autentico ha sin qui dichiarato che bisogna vedervi una promessa esplicita dell'eucaristia,
ma i teologi sono quasi concordi nel vedercela. La maggior parte dei critici
indipendenti accetta la tesi, ma o negando la paternità giovannea del IV
Vangelo, o affermando che in quel capitolo si esprimono piuttosto teorie della
fine del I sec. Che non pensieri e parole di Gesù Cristo.
Matteo 26;
Marco 14; Luca, 22; I Cor. 11. Come già visto, in questi quattro luoghi è contenuto il
racconto dell'istituzione. Sino al sec. XVI, tranne casi rari, non sorse dubbio
sopra la verità dell'istituzione nel senso rilevato sopra. Col protestantesimo
cominciarono le teorie che, negando la presenza reale, davano alle parole
dell'istituzione un significato simbolico.
Un libro di Harnack (Brot und Wasser, die
eucharistichen Elemente bei Justin, in Texte und Untersuchungen,
VII, 2, pp. 115-144, Lipsia 1891) aprì una nuova epoca per lo studio di quei
passi. Un elenco dei migliori critici sull'argomento, con esposizione
ragionata, in C. Ruch, Eucharistie d'après la sainte Écriture, in Dictionnaire
de théologie catholique, V, 1, coll. 1024-1121. Si citano altri passi
biblici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, nei quali si sono voluti vedere,
in un modo o nell'altro, accenni o profetici o storici all'eucaristia.
Particolare importanza ha Malachia 1,10-11.
4.2. Nella Chiesa primitiva.
Una triplice fonte di attestazioni,
in riguardo, l'abbiamo dagli scritti dei Padri, dalle liturgie primitive, dai
monumenti archeologici. La Didachè, 9,2-3, implicitamente; S. Ignazio,
esplicitamente e "in senso
strettamente realistico", non simbolico (Harnack, Dogmengeschichte,
3ª ed. I, 202); S. Giustino, descrivendo la liturgia eucaristica (Apolog.,
I, 65-66); S. Ireneo (Adv. Haer. IV, 18; V, 2-3); Tertulliano in
molti passi, e S. Cipriano assai più completamente e chiaramente; Clemente
d'Alessandria e Origene, raramente e di sfuggita; Dionigi di Alessandria e
Ippolito di Roma, riassumono la prima era patristica, tutt'altro che scarsa e
priva di valore per il dogma eucaristico. Il sec. IV ha dato luogo a una
letteratura estesissima di indagini e ricerche circa i numerosissimi luoghi
eucaristici dei Padri di quel secolo; sarebbe evidentemente impossibile
tentarne qui anche un compendio.
4.3. Dal Medioevo a oggi.
Con il vivo movimento liturgico
iniziato da Pipino il Breve e validamente sostenuto e ampliato da Carlo Magno,
fu naturale che i maggiori liturgisti dell'età carolingia si occupassero
dell'eucaristia. Con il suo De corpore et sanguine Domini, Pascasio Radberto
iniziò invece una vera discussione teologica circa l'identità fra il corpo
storico e il corpo eucaristico di Cristo: il libro è dell'831. Ratramno di
Corbie nell'859 scrisse un trattato con lo stesso titolo. Rabano Mauro verso
l'854 attaccò la dottrina di Pascasio. Altri scritti dell'epoca attestano la
vivacità degli studî eucaristici nel sec. IX. Anche il sec. X se ne occupò; nel
sec. XI, oltre al rifiuto dell'eucaristia da parte dei primi circoli catari(1),
Berengario di Tours cominciò a negare la transustanziazione e forse anche la
presenza reale. Quasi contemporaneamente (sec. IX-XI) si svolgeva la
controversia tra greci e latini circa l'uso del pane azimo o fermentato per
l'eucaristia; controversia che ancora oggi costituisce un punctum dolens tra
i cattolici e gli ortodossi. Nel sec. XII la teologia eucaristica, pure
partendo dai dati precedenti, diviene più ampia, più chiara, più definita, sia
pure a costo di nuove ingenuità e imprecisioni. Guitmondo d'Aversa, Algeri di
Liegi, Gregorio da Bergamo continuano, nella direzione di Lanfranco, la lotta
anti berengariana.
I catari movevano anch'essi, con i gruppi eretici
affini, molte difficoltà e negazioni contro l'eucaristia; alcune d'ordine
dottrinale e dialettico (e se ne trova l'eco negli anonimi opponitur dei
sommisti), altre d'ordine volgare, per far impressione sulle folle. Concilî,
lettere e consultazioni di vescovi e dottori, sermoni, opere esegetiche, opere
liturgiche (trattati e poesia), scritti di teologi e canonisti sono ricchi di
passi circa l'eucaristia, e anche di idee e sistemazioni dialettiche, che
insieme formano un materiale ingente.
Il sec. XIII, quello che a buon diritto fu chiamato il
secolo d'oro della scolastica, elaborò questi abbozzi, raggiungendo in
Bonaventura e Tommaso la linea perfetta e la giusta profondità.
Pure sulla falsariga di Pietro Lombardo, la teologia
eucaristica attinge quella perfezione, in molte parti, che resterà definitiva.
Nel sec. XIV, verso la fine, sono notevoli le affermazioni ereticali di
Wycliffe, che pure ricollegandosi (piuttosto che alla scolastica) a vecchie
posizioni catare, preludevano in qualche modo al protestantesimo. Il concilio
di Firenze (1438-1445) si occupò dell'eucaristia, ma non può, per estensione e
importanza, paragonarsi al concilio di Trento, il quale, dovendo concludere le
innumerevoli discussioni suscitate dalle varie sette protestantiche
sull'eucaristia, studiò e discusse a lungo l'argomento, e lo trattò e definì
nella sessioni XIII, XXI, XXII e, indirettamente, XXIII.
Dopo il Concilio di Trento, i libri d'insegnamento
ordinario e di edificazione sono innumerevoli. Ma anche i maggiori libri di
controversia e i più poderosi trattati teologici ormai non fanno procedere di
molto la teologia eucaristica; e di nuovo non ci sono che punti particolari e
discettazioni in margine.
Sulla fine del sec. XIX e al principio del sec. XX
sono state richiamate in discussione storica e filologica le origini e prime
attestazioni dell'eucaristia, come si è rilevato più sopra.
Note: 1. Il catarismo
è stato un movimento ereticale, diffuso in diverse zone dell'Europa
(Linguadoca, Occitania, in Francia, Italia, Bosnia, Bulgaria e Impero bizantino
durante il Medioevo, esistito dal X al XIV secolo. Appoggiandosi ad alcuni
passi del Vangelo, in particolare quelli in cui Gesù sottolinea l'irriducibile
opposizione tra il suo regno celeste e il regno di questo mondo, i catari
rifiutavano del tutto i beni materiali e tutte le espressioni della carne.
Professavano un dualismo in base al quale il re d'amore (Dio) e il re del male
(Rex mundi) rivaleggiavano a pari dignità per il dominio delle anime
umane; secondo i catari, Gesù avrebbe avuto solo in apparenza un corpo mortale
(docetismo). Essi svilupparono così alcune opposizioni irriducibili, tra
Spirito e Materia, tra Luce e Tenebra, tra Bene e Male, all'interno delle quali
tutto il creato diventava una sorta di grande tranello di Satana (una sorta di
Anti-Dio diverso dalla concezione cristiana) nel quale il Maligno irretiva lo
spirito umano contro le sue inclinazioni rette, verso lo Spirito e verso il
Tutto. Lo stesso Dio-creatore dell'AT corrispondeva al Dio malvagio, a Satana.
Basandosi su questi principi rifiutavano il consumo dei cibi di carne e delle
uova ma anche il coito: il sesso era infatti considerato cosa tanto malefica
che perfino il matrimonio era per essi peccaminoso poiché serviva solo ad
aumentare il numero degli schiavi di Satana
(segue la
domenica successiva)