(segue da 2. Storia ed
evoluzione del matrimonio naturale)
Quando Matteo scrive la sua opera
si conosceva già il vangelo di Marco, che è il più antico. In questo vangelo la
frase di Gesù non conosce alcuna eccezione: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio
verso di lei” (Mc 10,11), e
neanche il vangelo di Luca ammette l’eccezione di Matteo.
Matteo scriveva sulle
esperienze vissute nella sua comunità, che probabilmente aveva riscontrato
difficoltà ed ingiustizie nell’applicazione della regola dell’indissolubilità
senza valutare i casi singoli. Matteo ha potuto aprire una spiraglio in caso di
adulterio perché le prime comunità cristiane non hanno mai ritenuto i vangeli
un codice di comportamento fissato una volta per sempre, bensì un testo
vivente, in crescita, al quale ogni comunità era tenuta ad aggiungere e
arricchire la propria esperienza di Gesù risorto: la parola di Gesù non è stata
considerata la lettera che uccide ma lo Spirito che vivifica (2Cor 3,6), per questo l’evangelista
introduce nella comunità cristiana un caso che può giustificare il ripudio,
quello della porneia, parola greca
che è stata tradotta, in modo un po’ superficiale, con l’italiano “concubinato(1)”;
per comprendere questa parola è utile segnalare che da essa deriva la parola
italiana pornografia. Non è facile interpretare correttamente questa frase, che
potrebbe indicare sia una degenerazione dei rapporti matrimoniali per
comportamento indegno di uno dei due coniugi, come uno stato di impurità rituale
del rapporto (francamente un po’ difficile trovare tale motivazione nel primo
cristianesimo), ovvero un significato vicino all’ebraico “zenut” con il quale si intende un qualcosa di assai
simile a “prostituzione”.
La Chiesa
primitiva, all’eccezione riportata da Matteo, aggiungerà presto anche quella di
Paolo che affronta una nuova situazione nell’ambito della comunità: quella di
coppie dove uno solo dei coniugi è credente.
Nella prima
lettera ai Corinti si legge: “Se il non
credente vuole separarsi, si separi(2); in queste circostanze il
fratello o la sorella non sono sottomessi a schiavitù; Dio vi ha chiamati alla
pace” (1Cor 7,27).
Per Paolo
la pace, cioè la felicità personale, viene prima del vincolo matrimoniale.
Questo deve produrre e manifestare felicità, quando avviene il contrario cessa
di esistere. E’ questo il “privilegio
paolino” col quale si autorizza lo scioglimento del matrimonio.
Secondo
Matteo e secondo Paolo, per Gesù l’unico motivo che può sciogliere il vincolo
matrimoniale è la constatazione evidente che esso non esiste più. Ciò può
avvenire con l’adulterio, che non va inteso come colpa occasionale, ma come
scelta definitiva di uno dei coniugi di un altro partner. E’ l’amore quel che
realizza l’unione tra i due: senza amore cessa l’unità e con esso il vincolo
matrimoniale.
E’ questa
anche la scelta di San Girolamo, primo traduttore della Scrittura e tra i primi
traduttori e commentatori del vangelo: “Solo
l’adulterio può vincere l’amore alla propria moglie. Quella carne che era una
ella l’ha divisa unendosi a un altro, il suo adulterio l’ha separata dal
marito… Dunque, ovunque vi è adulterio… si è liberi di ripudiare la moglie”
(Girolamo, Com. Mat. Lib. 3,19,9).
Il
matrimonio è una scelta d’amore e come tale esiste finché l’amore è presente,
manifesto e operante. Se questo amore viene meno, viene meno anche il
matrimonio che non può sussistere laddove c’è indifferenza, freddezza, o
addirittura l’avversione e l’odio. Il Dio che ci “ha chiamati alla pace” (1Cor
7,15) non può imporre ai suoi figli un’esistenza infelice.
3. Storia ed evoluzione
del matrimonio cristiano.
Come si vede i pareri
presenti nel NT sono diversi ed hanno dato luogo a scelte diverse: la Chiesa
Cattolica fa riferimento a Marco e quindi alla stretta indissolubilità del
matrimonio.
La Chiesa Ortodossa,
invece, facendo riferimento a Matteo e alla misericordia divina(3),
consente la ripetizione del matrimonio per un massimo di due volte.
I Protestanti fanno
riferimento a Lutero che, pur affermando l'origine divina del matrimonio, aveva
anche sostenuto che esso era stato istituito non in rapporto alla salvezza,
bensì legato all'ordine naturale dei rapporti umani e quindi non era un
sacramento. Di conseguenza Lutero inserì il matrimonio nel diritto civile,
ammettendo in alcuni casi il divorzio, e giudicò illegittimo tutto ciò che si
opponeva all'unione dell'uomo e della donna.
La Chiesa cristiana dei primi secoli viveva ed operava
all’interno della struttura legislativa dell’Impero Romano e quindi è stata
obbligata a riconoscere le unioni contratte secondo il diritto romano,
avanzando però una propria visione etico-religiosa della vita matrimoniale,
come simbolo dell'unione di Cristo con la Chiesa.
Dopo l’editto di Milano(4) (313 d.C.) la
Chiesa sollecitò alcune modifiche al diritto allora vigente, in particolare
l'introduzione del divieto di divorzio ed anche il divieto di seconde nozze per
i vedovi, ma fu solo nel 542 che l'imperatore Giustiniano ridusse i motivi
legittimi di divorzio unilaterale e soppresse quello consensuale, reintrodotto
però nel 566 dal suo successore Michele III.
Nella sesta edizione della sua «Storia del
diritto romano»(5) Vincenzo Arangio-Ruiz così si esprimeva: “…Così le leggi augustee "de maritandis
ordinibus", che con ogni mezzo imponevano il matrimonio non soltanto ai
celibi e alle nubili ma anche ai vedovi, sono abrogate, e le seconde nozze sono
anzi avversate dai nuovi legislatori; il divorzio, praticato con suprema
indifferenza nella Roma classica, viene sottoposto a regole limitatrici, con sanzioni
patrimoniali a carico di chi gli dia causa o di chi ripudii senza giusta causa
l'altro coniuge, e perfino col tentativo d'impedire che, senza una ragione
sufficiente, il matrimonio si sciolga di comune accordo…”
Nei primi secoli il pensiero cristiano subisce alcuni
influssi da parte della filosofia greca, e raggiungerà il culmine con Plotino(6),
secondo il quale vi è netta separazione tra anima e corpo e quest’ultimo è
privo di realtà e in antitesi con l’essere supremo universale. Questa
concezione ha portato a considerare la sfera sessuale come estranea al bene
dell’uomo fino a identificare la donna con il demonio.
Esempio di questo modo di pensare sono Ignazio di
Antiochia(7) e Giovanni Crisostomo(8):
“Gli sposi e le
spose devono stringere la loro unione con l’approvazione del vescovo, e così il
matrimonio non avverrà per concupiscenza, ma sarà conforme al volere del
Signore”(9).
“Il matrimonio è stato dato per procreare
figli, ma molto più per mitigare l’ardore della natura. Lo attesta Paolo quando
dice: “A causa dell’impudicizia, ciascuno abbia la propria moglie” (1Cor 7,2):
non per avere figli. Inoltre, egli comanda di stare insieme non perché
diventino genitori di molti figli, ”ma perché Satana non vi tenti”, dice (1Cor
7,5). Più avanti soggiunge: “Si sposino, non se desiderano figli, ma se non
sanno contenersi” (1Cor 7,9).
Dall’inizio, dunque, il matrimonio ha questi due scopi; ma quando la terra,
il mare e il mondo intero sarà popolato, gli resterà uno scopo solo: rimuovere
la sfrenatezza e la licenziosità. Peraltro, a coloro che anche ora si rivoltano
in questi vizi, bramando di vivere da porci e di finire i propri giorni nelle
case di tolleranza, il matrimonio giova non poco a che, liberi dall’impudicizia
e da tali loro necessità, si custodiscano nella santità e nella castità”(10).
Il testo di Giovanni Crisostomo è basato su una
evidente distorta interpretazione delle parole di Paolo che, nei testi citati,
non parlava in senso generale, ma rispondeva, punto per punto, a domande
specifiche su casi particolari poste a Paolo in lettere precedenti di cui,
purtroppo, non è pervenuto il testo, anche se è facilmente intuibile. Si
nota come in questo caso l’influenza del pensiero di Plotino, e non di Gesù,
sia prevalente.
Il pensiero di Paolo sul matrimonio
non è certo quello citato da Giovanni Crisostomo; nel brano che segue si ha il
suo vero pensiero. Da questo brano è stato tratto il concetto di sacramento del
matrimonio. Il brano può suonare male alle nostre orecchie, ma occorre pensare
che è stato scritto in un mondo che considerava la donna di importanza
inferiore all’asino: Paolo fa fare alla donna un enorme balzo in avanti
rispetto al pensiero espresso dal Talmud.
“Le mogli siano sottomesse ai mariti come al
Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della
Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a
Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha
dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro
dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua
Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e
immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il
proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai
infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura,
come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo
l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due
formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a
Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria
moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito”(11).
Poiché il vangelo non è un trattato
sistematico, in cui l’annuncio morale viene organizzato in una serie di
principi e di precetti, i primi Padri e scrittori cristiani, nella ricerca(12)
di un’etica sessuale da proporre alla chiesa nel suo rapido diffondersi,
preferirono appoggiarsi agli schemi filosofici loro disponibili; questo è un
punto da capire bene, perché costituisce un problema ancora oggi: la maggior
parte dei precetti della chiesa in campo sessuale non provengono dal vangelo ma
da insegnamenti filosofici greci e quindi pagani.
Le stesse
lettere di Paolo, presentano precetti e consigli legati a situazioni
particolari, e soprattutto elenchi di vizi che sono quasi tutti ripresi dalla
morale stoica o cinica o comunque di derivazione aristotelica(13),
che Paolo conosceva bene. I comandamenti vengono ricordati sommariamente in Rm 12, e solo per far vedere che tutti
derivano dall’unico e supremo comandamento dell’amore.
L’organizzazione
sistematica della riflessione umana sul Vangelo, nella e per la vita della
chiesa, avviene solo dopo il 1000, con Anselmo(14) e soprattutto con
Tommaso(15).
La dottrina
morale dei Padri, ripresa poi dai libretti di confessione e dalla spiritualità
monastica, è legata alla elaborazione pagana sia di derivazione platonica (si
pensi alle dottrine sulla creazione di Orìgene16) sia di derivazione
aristotelica. Spesso è difficile distinguere nello stesso autore i due
influssi. Almeno in materia di sessualità, l’idea che ci si dovesse attenere
alla legge naturale sembra dominare fino ad Agostino(17): nella
tradizione filosofica latina, la legge che regola la natura è espressione della
volontà del creatore o di una qualche divinità o interiore coscienza, comunque
concepita, e come tale è doveroso moralmente comprenderla e seguirla (si pensi
all’importanza etica di Cicerone o di Seneca). Più spesso la legge naturale è
vista come legge di un’etica eudemonistica(18).
In ambedue i
casi l’uomo – animale razionale – deve compiere con la ragione le opere che gli
altri animali compiono per istinto. Così l’attività sessuale riceve
l’approvazione etica quando è mirata alla procreazione.
Nella
predicazione cristiana le leggi della natura sono espressione della volontà di Dio
e, come tali, devono essere seguite (così ad esempio si presenta la morale
sessuale di Ambrogio19). Nella lettura della sessualità domina
l’elemento procreazionista, e dominerà fino ad oggi.
Una svolta
significativa, e più severa, si ha in Agostino: qui il modello filosofico
platonico è dominante. La corporeità viene sempre considerata un elemento
negativo rispetto alla vocazione tutta spirituale dell’uomo. Di conseguenza
ogni comportamento di risposta allo stimolo carnale è per se stesso un allontanarsi
dalla perfezione di Dio, ma Dio stesso ha voluto che la coppia uomo-donna
procreasse: ciò, dopo il peccato originale, non può purtroppo avvenire che come
risposta all’istinto carnale. E perciò esclusivamente come risposta alla
vocazione a procreare l’attività sessuale trova la sua giustificazione
morale. Il sesso è sempre un disordine morale, e solo con questa precisa
intenzione è accettabile. Alla lettura procreazionista dell’attività
sessuale si aggiunge così una componente pessimistica.
Tale
impostazione di un’etica sessuale cristiana rimane praticamente stabile fino a
Tommaso, pur con diverse accentuazioni nel diritto, nella predicazione, nella
prassi confessionale, nella spiritualità. Non è certo estranea ad essa (e in
particolare alla spiritualità monastica) la graduale introduzione del celibato
ecclesiastico.
Tommaso,
strettamente legato ad Aristotele (in allora da poco tradotto in latino), esce
decisamente dall’eredità di Platone: l’istinto è parte della natura ed è quindi
in sé buono, a patto che non si vanifichi la sua naturale finalità, valida per
tutto il mondo animale. Ed è questa la dottrina e la disciplina ufficiale
ancora vigente nella chiesa, nonostante che il Concilio Vaticano II nella
Costituzione Gaudium et spes presenti una lettura della sessualità
profondamente diversa e assai più ricca, a cui accennerò in seguito.
Nei 700 anni
trascorsi da Tommaso al Concilio molte cose sono successe nella morale
cristiana in materia di sessualità.
È da notare
che resta sempre più accentuata la centralità del comportamento fisico: quando,
fra il ‘500 e il ‘600, nasce la teologia morale come disciplina autonoma, essa
diviene rapidamente una prassi dei confessori piuttosto che una vera
teologia. Il richiamo al testo biblico è solo occasionale, per versetti
isolati, senza alcuna preoccupazione per una visione globale della sessualità
umana: si ha invece una casistica sterminata e puriginosa sui singoli
comportamenti sessuali dentro e fuori del matrimonio; leggendo questi manuali
si ha la sensazione che il teologo spii dal buco della serratura ogni camera da
letto.
In questo
quadro si inserisce la rigidità morale del giansenismo(20), con
inevitabili richiami ad Agostino. S. Alfonso(21) offre una teologia morale
legata a questo quadro generale, ma con occhio pastorale e preoccupato di
aiutare il penitente e con la preoccupazione di citare e discutere ampiamente
le opinioni dei vari autori.
Note: 1. Nella
traduzione del 2008 porneia è stata
tradotta con “unione illegittima”.
Sinceramente non si riesce a vedere un collegamento tra questa allocuzione
italiana e la parola greca se non quello avente lo scopo di allontanare dal
lettore qualsiasi dubbio sulla indissolubilità del matrimonio!! – 2. Qui non si
sta parlando di separazione senza scioglimento del matrimonio in quanto allora
questo istituto non si conosceva. Si sta parlando di scioglimento del vincolo
del matrimonio. L’usanza della separazione dei coniugi è iniziata molto tempo
dopo come alternativa creata dalla Chiesa Cattolica per “risolvere” situazioni
matrimoniali difficili in assenza dell’istituto del divorzio. – 3. E' tollerato
un nuovo matrimonio dopo il divorzio dal momento che si ritiene possibile che
il sacramento del matrimonio, ricevuto la prima volta, non sia stato accolto
con quella piena consapevolezza e responsabilità che lo rende pienamente
effettivo. Per tale motivo viene concessa una seconda possibilità. – 4. Meglio
noto come Editto di Costantino. – 5. Napoli, Casa
Editrice Dott. Eugenio Jovene, 1945, pp. 344-46. – 6. Filosofo pagano;
nacque a Licopodi, in Egitto nel 203 d.C. e morì in Campania nel 270. – 7. Ignazio di Antiochia (n.n.– Roma,
107-110) è stato un vescovo dell'Asia Minore dell'inizio del II secolo. – 8. Giovanni Crisostomo, o Giovanni d'Antiochia (Antiochia,
344/354 – Comana pontica, 14.9.407), è commemorato come santo dalla Chiesa
cattolica e dalla Chiesa ortodossa, venerato dalla Chiesa copta. Fu Patriarca
di Costantinopoli, è uno dei 33 Dottori della Chiesa. La sua eloquenza è
all'origine del suo epiteto Crisostomo
(in greco antico significa «Bocca d'oro»). – 9. Ignazio di Antiochia, Lettera a
Policarpo, 5,2. Periodo presumibile di scrittura: primi decenni del II sec.
d.C. – 10. Crisostomo Giovanni, La verginità, 19. Periodo presumibile di
scrittura: seconda metà del IV sec. d.C. – 11. Ef 5, 22 – 33. Periodo presumibile di scrittura: 58 d.C.- datazione
Robinson. – 12. Gran parte di quanto segue è liberamente tratto dagli atti del Convegno di Biblia - Mantova 31 Marzo - 1 Aprile
2001 - "Amore e
sessualità nella Bibbia" prof. Enrico Chiavacci – Facoltà Teologica di Firenze. – 13. Le
concezioni stoiche, ciniche ed aristoteliche sono concezioni filosofiche
sviluppatesi nella Grecia classica (dal V sec. a.C. al III sec. d.C.). – 14. Sant' Anselmo d'Aosta chiamato anche Anselmo di Bec o Anselmo
di Canterbury (Aosta,
1033/1034
– Canterbury,
21 aprile 1109) è stato un teologo, filosofo, arcivescovo di Canterbury e dottore della Chiesa, italiano naturalizzato britannico. Venerato come santo dalla Chiesa
cattolica, è
soprannominato Doctor magnificus e padre della Scolastica. – 15. Tommaso d'Aquino, O.P. (Belcastro, 1225 – Fossanova, 7 marzo
1274), è stato un filosofo e teologo italiano, della scuola scolastica,
definito Doctor Angelicus o Doctor Universalis dai suoi
contemporanei. Rappresenta uno dei principali pilastri teologici della Chiesa
cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia
classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Avicenna, Aristotele, Platone e
Socrate, poi passati attraverso il periodo ellenistico della tarda grecità. –
16. Orìgene Adamànzio (Alessandria d’Egitto, 185 – Tiro, 254) è stato
un teologo, scrittore e catechista greco antico. È considerato uno tra i
principali scrittori e teologi cristiani nei primi tre secoli. Di famiglia
greca, si formò alla scuola catechistica di Alessandria d’Egitto. – 17. A questo proposito non si può trascurare il pensiero di Agostino che
atribuisce alla via sessuale la trasmissione ereditaria alla disobbedienza di
Adamo ed Eva pur non esistendo nella Bibbia alcun riferimento in merito; questa
scelta di Agostino, provocata più dalla sua situazione psicologica nei
confronti del sesso che da una convinzione teologica, (era stato un libertino
prima della conversione) produrrà la posizione sessuofobica della Chiesa
Cattolica con i disastri che ne sono conseguiti. – 18. Ovvero: se vuoi
star bene, segui la tua natura. – 19. Aurelio
Ambrogio, meglio conosciuto come sant'Ambrogio
di Milano (Treviri, incerto 334-339 – Milano 397), vescovo, scrittore e uomo
politico, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica che lo annovera tra i
quattro massimi Dottori della Chiesa insieme a san Girolamo, sant’Agostino e
san Gregorio I papa. – 20. Il Giansenismo
è una dottrina teologica elaborata nel XVII secolo da Giansenio (1585-1638), il
quale ritenne che l'uomo è corrotto e quindi destinato a fare il male, e che,
senza la grazia di Dio, l'uomo non può far altro che peccare e disobbedire alla
sua volontà. – 21. Alfonso Maria de'
Liguori (Marianella, 27 settembre 1696 – Nocera de’ Pagani, 1° agosto
1787) è stato un vescovo cattolico e compositore italiano, fondatore della
Congregazione del Santissimo Redentore e autore di opere letterarie popolari. È
stato proclamato santo da Papa Gregorio XVI nel 1839 e Dottore della Chiesa (Doctor
Zelantissimus) nel 1871 da Papa Pio IX.
(segue la prossima settimana)