(segue dalla domenica precedente)
Il tempio di
Gerusalemme era un centro di potere enorme sostenuto dal tesoro del Tempio, una
vera e propria banca che gestiva una mole smisurata di ricchezze proveniente
dalle offerte dei fedeli che vi accorrevano più volte all’anno in occasione
delle feste comandate e dei sacrifici purificatori. Tutto il potere ed una
ricchezza enorme nelle mani di un solo uomo segnerà la fine per quel popolo e
quella nazione.
Le entrate
del Tempio erano costituite da due ingressi: uno la tassa del Tempio, la
seconda l’allevamento e la vendita degli animali per i sacrifici. A tutto
questo si deve aggiungere che le bestie sacrificate venivano vendute nelle
macellerie di Gerusalemme che erano di proprietà prevalentemente delle famiglie
dei sacerdoti più importanti, generalmente dei sommi sacerdoti.
Il tesoro
del Tempio, che conteneva monete in oro e argento, ma anche altri manufatti in
metalli preziosi, era veramente enorme. Tanto per dare un’idea dell’entità del
tesoro, dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C., i romani misero sul mercato
il contenuto del tesoro provocando un crollo del prezzo dell’oro al 25% circa
del suo valore dell’anno precedente.
5.4. Le Sinagoghe
Dal greco synagoghè che significa assemblea, così
come il termine cristiano ekklesìa che ha lo stesso significato di assemblea,
convocazione o comunità, e indica anche lo stesso edificio che ospita
l’assemblea. Ma gli scrittori del N.T. prestano la massima attenzione a
separare la sinagoga dalla chiesa.
È chiamata
in ebraico beth-ha-kenesèth o
semplicemente kenesèth (casa
dell'assemblea o assemblea) o anche beth-ha-thephillah
(casa della lode) oppure bet
ha-midrash (casa della ricerca). Nella diaspora ogni comunità ne aveva una,
ed erano indicate generalmente col termine greco proseuché (luogo della preghiera). Durante l’esilio in Babilonia
gli Ebrei avevano fatto l’esperienza che Dio poteva essere pregato anche senza
Tempio, Terra, Toràh, senza sacerdoti e senza sacrifici.
La sinagoga
come istituzione nacque probabilmente in quegli anni, ma assunse un'importanza
enorme solo dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C. con la scomparsa della
classe sacerdotale e la fine della liturgia sacrificale: il Tempio viene
sostituito dalla Legge e tutto il popolo è chiamato ad essere santo sotto la guida
di scribi, dottori della legge e rabbì, esperti della Sacra Scrittura e
depositari della sua interpretazione autentica e legittima. Ma gli scribi, che
disprezzavano chi non poteva studiare la Legge, assunsero nella società
dell’epoca una posizione dominante privilegiata e finirono per diventare una
categoria che sostituì la casta sacerdotale. La sinagoga diventò allora il
centro della vita civile e religiosa della società giudaica come luogo di
preghiera, lettura e commento della Legge ma anche come tribunale, con processi
e condanne. L’edificio tipico era formato da una sala disadorna, talora a tre
navate, con un treppiede o un armadio, posizionato al centro della sala, per appendere
i rotoli della Toràh, con vicino al candelabro a sette braccia (Amenorà). Su di
un podio leggermente rialzato, il lettore (un qualsiasi uomo adulto – quindi
maggiore di 12 anni - poteva farlo, anche se solitamente erano deputati gli
esperti) proclamava la Parola di Dio e la commentava. C'era anche quella che
veniva nominata la "cattedra di Mosè" ove sedevano i "Dottori
della Legge", ossia gli scribi. Contro di loro Gesù lancia una pesante
invettiva in Mt 23,1-6: “Allora Gesù si
rivolse alla folla e a suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono
seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che dicono, ma
non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti
fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente,
ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno
per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filatteri e allungano le
frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle
sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati rabbì dalla
gente»”.
Le donne
potevano assistere alle funzioni, radunate in un matroneo, oppure dietro una
grata, lontano dagli occhi degli uomini, senza poter in alcun modo intervenire.
E, se la sinagoga era troppo piccola per contenere tutti, stavano fuori. Era
retta da un consiglio di dieci anziani, con a capo un arcisinagogo (talora più
di uno) incaricato dell'amministrazione e dell'organizzazione della vita della
comunità, del culto e talora anche della giustizia.
In Mc 5,22 è nominato uno dei capi della
sinagoga, di nome Giàiro. Un factotum fungeva da inserviente. Narra Luca a
proposito di Gesù (4,16-21): “Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e
secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli
fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era
scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con
l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare
ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli
oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo
riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano
fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa
Scrittura che voi avete ascoltato»”. Le sue parole non sono gradite e
destano riprovazione. Nei versetti 28-30 è scritto: “All’udire tutte queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di
sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul
ciglio del monte, su cui era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma
egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino”.
La comunità
si riunisce tutti i sabati e i giorni delle festività religiose, ma le persone
pie anche il martedì e il giovedì, giorni di digiuno per i farisei. La riunione
si apre con la recita dello Shemà Yisrael (Ascolta, Israele), seguito dalle
“Diciotto benedizioni”. Poi l’anziano o il rabbino (anche se qualsiasi maschio
adulto può farlo), legge brani del Pentateuco, dei Profeti, seguiti dalla
recita di Salmi. L’assemblea si chiude con la recita della benedizione di Nm 6, 22-26: “Ti benedica il Signore e ti
custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia
grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Al tempo di Gesù nella Palestina e in
Gerusalemme esistevano numerosissime sinagoghe che Gesù frequentava il giorno
di sabato al solo scopo di insegnare. I vangeli non dicono mai che Gesù abbia
partecipato al culto e anzi scandalizzava i presenti compiendo gesti ed atti
contro il riposo sabbatico.
Tra le
condanne che i capi della sinagoga potevano infliggere, una era particolarmente
temuta: la scomunica, a seguito della quale il condannato perdeva tutti i
diritti civili e religiosi, con gravissimo pericolo anche per la sua
sopravvivenza. Narra Giovanni nell’episodio del cieco dalla nascita (9,22-23): “Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei;
infatti i Giudei avevano stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il
Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha
l’età: chiedetelo a lui»”. Non erano allontanati solo dal culto, perché la
scomunica comportava anche l’esclusione dalla società e gli esclusi non erano
più avvicinabili da nessuno: quindi era la morte civile. Era proibito a tutti
avere rapporti con loro, mangiare, bere, commerciare e si doveva rimanere
lontano almeno due metri dallo scomunicato. Gli evangelisti, a cominciare da
Marco, che scrive a breve distanza di tempo dalla morte di Gesù, presentano una
situazione di conflittualità con la sinagoga, diventata luogo di pericolo per i
cristiani. L’evangelista la chiama “la loro sinagoga” (1,23-39) e più avanti
(13,9) dice: “Ma voi badate a voi stessi!
Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete
davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro”.
Pochi secoli dopo, le parti si invertiranno e cominceranno le persecuzioni
degli ebrei, non ancora finite.