Santissima
Trinità – Gv 3, 16-18
In quel tempo, disse
Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato
il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada
perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha
mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia
salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non
è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto
nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Sicuramente
mi ripeto, ma affermo sinceramente che non sono in grado di comprendere la
logica che guida i liturgisti nella scelta del brano di vangelo da proporre
alle comunità cristiane in occasione di specifiche festività. A me non sembra
che questo brano sia rappresentativo della teologia della Trinità ed inoltre il
brano, già difficile di per se, diventa del tutto incomprensibile se non lo si
legge nella sua interezza (Gv 3, 1-21):
Vi era tra i farisei(1) un uomo di
nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli
disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può
compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù:
«In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall'alto, non può vedere il
regno di Dio».
Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro d'Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro d'Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto
amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non
vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio
nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di
lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato
condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è
questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre
che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male,
odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.
Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le
sue opere sono state fatte in Dio».
Il brano, per quanto
possa apparire strano agli occhi di un lettore moderno, è un tentativo di
contatto e di accordo tra due “partiti politici” che in quel momento andavano
per la maggiore in Israele, quello dei farisei ed il movimento di Gesù. Ho
detto partiti politici per cercare di rendere comprensibile al lettore odierno
una concezione molto lontana dalla sua mentalità: la coincidenza, o meglio
l’identificazione, tra politica e religione presente nel mondo antico ed in
Iraele in modo particolare.
I farisei si erano stupiti
del coraggio manifestato da Gesù al momento della sua irruzione nel Tempio di
Gerusalemme per cacciare i mercanti (Gv 2,13-17)
dando, con questo gesto, un segnale
significativo anche per la classe
sacerdotale.
In effetti,
opponendosi risolutamente al potere dei partiti ebraici conservatori (e, almeno
in parte, collaborazionisti con Roma), Gesù aveva saputo destare l’attenzione
della fazione farisaica, di tendenze più nazionalistiche, anche se questa
attenzione non si era tradotta al momento in un appoggio esplicito al suo
movimento. Proprio per questo uno dei loro capi, Nicodemo, va a trovarlo "di notte", cioè di nascosto, in
privato, per valutare la possibilità di una intesa.
Nicodemo
è un tipico rappresentante della religiosità, della cultura e del diritto
giudaico. Ha forti difficoltà, però, ad entrare nello spirito delle parole di
Gesù, nonostante sia anch’egli
possessore della cultura ebraica; Gesù infatti applica una ermeneutica nuova,
una nuova interpretazione della Scritture e invita i suoi interlocutori a non
fermarsi alla lettera degli scritti ma a coglierne lo spirito ed i sensi più
veri.
Nicodemo
si trova così spiazzato e Gesù è costretto ad andagli incontro aprendo un’area
di dialogo sull’amore di Dio-Padre per il mondo intero e sulla comprensione
della sua figura e sulla sua missione. Vediamo come questo avviene:
«Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come
maestro; …».
La frase di Nicodemo
riflette chiaramente l'intento d'incasellare il gesto eversivo di irruzione nel
Tempio in uno schema precostituito: "Sappiamo
che sei un maestro venuto da Dio". I farisei hanno compreso che Gesù
ha una ispirazione divina, ma si guardarono bene dal mostrarlo pubblicamente.
Ispirazione divina
si, ma da parte di quale Dio? O meglio, di quale interpretazione di Dio(2)?
Un uomo "timorato di Dio(3)" avrebbe forse avuto il
coraggio di opporsi al potere politico-religioso dei sacerdoti, fino al punto
d'entrare con la forza nel recinto sacro del tempio? Forse Gesù aveva voluto
"purificare" il tempio solo perché mosso da uno sdegno di tipo
morale?
"…nessuno infatti
può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui".
Ecco lo schema precostituito applicato alla realtà: Gesù aveva compiuto
un'azione che anche un vero fariseo, virtualmente, avrebbe dovuto compiere.
Nicodemo è dunque andato a trovarlo per convincerlo a diventare un seguace del
proprio partito.
Gesù declina
l'offerta e ribatte: "…se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di
Dio.” Cioè, trasformandolo in linguaggio moderno: per poter avere
una politica alta, veramente rivoluzionaria, occorre vivere anche una prassi
rivoluzionaria; infatti il popolo non sa che farsene delle buone intenzioni dei
farisei, se ad esse non corrispondono azioni concrete e coerenti.
Nicodemo si
giustifica dicendo: "Come può un
uomo nascere quando è vecchio?". Nicodemo fa riferimento alle
sconfitte subite fino ad allora dai farisei: è giusto pretendere una maggiore
coerenza da un partito che lotta per la liberazione antiromana, ma bisogna
anche considerare le grandi delusioni sofferte nel passato.
Maggiore coerenza
esisteva quando il movimento farisaico era giovane, ora però si può sperare di
sopravvivere solo cercando il compromesso. Ecco perché non si può appoggiare
pubblicamente un'iniziativa così radicale come quella dei nazareni.
Se le cose stanno
così, obietta Gesù, il vostro partito non potrà far nulla per la liberazione
d'Israele: "…se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è
spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto…".
Il destino dei
farisei, per Gesù, è segnato: o si rinnovano o periscono; ma per potersi
rinnovare essi devono accettare una verità difficile: "…Il vento soffia
dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è
chiunque è nato dallo Spirito…” In altre parole: o i farisei
ridimensionano la loro pretesa di porsi come unico partito alternativo al
potere dominante, oppure saranno emarginati da nuove forze sociali, più giovani
e più coraggiose, soprattutto più coerenti con gli ideali di giustizia e
liberazione nazionale. In ogni caso rischiano di vivere un ruolo subalterno,
all'ombra dei partiti più conservatori.
Nicodemo insomma dovrebbe
accettare, secondo Gesù, l'idea di una pluralità di forze sociali, tra loro
paritetiche, provenienti da esperienze eterogenee, in grado di opporsi, in
maniera più o meno efficace, con mezzi e strumenti diversi, al sistema
dominante.
Nicodemo però resta
scettico: "Come può accadere questo?",
com'è possibile che forze non istituzionalizzate possano lottare per la
realizzazione del regno di Dio? Come potranno queste forze, una volta cacciati
i romani e sconfitti i collaborazionisti, governare il Paese? Come può il
popolo governare se stesso?
"Tu sei maestro
d'Israele e non conosci queste cose?" risponde Gesù, se il
movimento di Nicodemo non è capace d'insegnare al popolo ignorante come vivere
senza padroni, come può pretendere che il popolo lo ascolti? Come potranno i
farisei lottare per l'indipendenza nazionale se sin da adesso non sono capaci
di pensare in modo democratico?
"…noi parliamo di
ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto...", dice
Gesù, perchè il movimento nazareno vive tra le masse e non nel palazzo o non
solo nelle sinagoghe.
"…ma voi non
accogliete la nostra testimonianza…" certo non allo stesso modo
dei partiti conservatori, che la rifiutano a priori, ma quasi. Se aveste
appoggiato la cacciata dei mercanti del tempio, ora saremmo per tutti degli
interlocutori credibili, perché temuti.
“Se vi ho parlato di cose della terra e non
credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito
al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo”. Se non
seguite le mie indicazioni nelle piccole cose, come potrete seguirmi nelle cose
più alte? Solo io vi posso parlare del nostro futuro, ma per far questo “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto,
così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in
lui abbia la vita eterna” dovrò essere ucciso perché diventi chiaro a tutti
che le mie parole contengono la verità per non rinnegare la quale si può anche
morire.
La
breve pericope di Gv 3,16-18 ci offre un elemento connotativo della figura di
Dio Padre: “Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque
crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.
Sono
versetti che spiegano la concezione politco-religiosa di Gesù e che
implicitamente invitando ad una sorta di rilettura di alcune parti dell’AT.
Il
dono del Figlio che indica agli uomini come rendere felice la propria vita(4),
è il dono più grande del Padre: “…Dio, infatti, non ha
mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia
salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è
già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di
Dio…” Gesù compiange chi non ha il coraggio di accogliere il suo messaggio e,
finalmente, vivere sereno, senza la condanna dell’ansia e della paura.
L’enfasi
posta sul verbo amare al tempo passato solleva un velo sull’atteggiamento di
amore che Dio ha sempre nutrito nei confronti dell’umanità e che costituisce il
filo conduttore dell'AT.
Il
verbo amare risulta così la insondabile chiave di lettura delle Scritture
bibliche e non mancano sorprendenti e utili implicazioni ecumeniche sia nei
rapporti ebraico-cristiani, sia in riferimento all’intero quadro dei rapporti
interreligiosi con le altre fedi.
Lo
scopo di questa base biblica rimane quella di voler segnalare che Dio è amore,
non nel senso romantico o confessionale del termine. Egli rivolge la sua
attenzione salvifica verso tutti gli uomini e verso tutte le culture alle quali
potrebbe porsi come risposta alle loro domande espresse o implicite.
A
questo punto è necessario accennare ai ‘semi del Verbo’, cioè a quei tratti
esigui di verità cristiana presenti nelle grandi culture da noi dette pagane.
Da Giustino (100-165 d.C.) a Jacques Dupuis(5)(1923-2004) quella dei
‘semi del Verbo’ è una ricerca che, a vario titolo, impegna teologi e studiosi
di ogni epoca; ma senz’altro oggi più di ieri: quello dei 'semi del Verbo' è un
orientamento di ricerca che impegna teologi e studiosi anche in questo nostro
tempo.
“E il giudizio è
questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre
che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male,
odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.
Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le
sue opere sono state fatte in Dio».
La comunità cristiana secondo il vangelo di Giovanni deve
essere il luogo dove splende la luce. La luce non lotta contro le tenebre, la
luce deve splendere. E quando la luce allarga il raggio d’azione della sua
luminosità, la tenebra si ritira.
Allora, quanti vivono secondo una direzione sbagliata di
vita e vedono brillare la luce di questa comunità e se ne sentono attratti ed
entrano entro il raggio d’azione di questa luce, il loro passato viene
completamente cancellato.
Quanti al contrario sono nelle tenebre e vedono in questa
luce una minaccia al loro interesse, al loro prestigio, man mano che la luce si
allarga, si ritirano sempre più nelle tenebre, vanno sempre più nella parte più
tenebrosa, perché come ha detto Gesù chi fa il male odia la luce.
Note: 1. La corrente
dei farisei costituisce,
probabilmente, il gruppo religioso più significativo all'interno del giudaismo
nel periodo che va dalla fine del II sec. a.C. all'anno 70 d.C. ed oltre. i
farisei corrispondono ad una nuova aristocrazia fondata sulla cultura, ossia
sulla conoscenza della Scrittura. Con essi si viene così a creare nella società
ebraica una classe di intellettuali e di persone colte, in opposizione alla
vecchia aristocrazia chiusa e tradizionalista. L'ambiente fariseo comprendeva
gli scribi, vale a dire quanti insegnavano la Legge; ma gli scribi non erano
necessariamente farisei. Pur annoverando nel suo seno individui spregiudicati,
il movimento fariseo rappresentava nel giudaismo la corrente più fervente, più
aperta e più moderata; furono chiamati da Giuseppe Flavio col nome di farisei
(in ebraico pherushim, in greco pharisaion), ossia i
"separati" o i "dissidenti". Probabilmente il termine fu
coniato dagli oppositori con intento dispregiativo; tra loro si chiamavano
invece chaverìm (congregati, compagni).
Sul piano dottrinale, i farisei erano intransigenti
sulla sostanza della fede e della legge, ma duttili sulle sue applicazioni.
Grandi figure di farisei hanno costellato il periodo ellenistico-romano: Hillel
sotto il regnodi Erode, fu l'iniziatore della cultura farisea; di posizioni
moderate, aveva in Shammaii un interlocutore
dalle rigide tesi dottrinali.
Fallita la ribellione
dei giudei contro i romani che comportò la distruzione di Gerusalemme, i
farisei emersero dalla catastrofe che aveva travolto la loro nazione quale unica
corrente spirituale vitale, capace di coagularne attorno a sé i resti che non
vennero assimilati dalla società romano-ellenica o che non si convertirono al
cristianesimo. Dai farisei trae origine l'ebraismo rabbinico o moderno. – 2. La domanda è essenziale perché i farisei e il movimento
di Gesù avevano due interpretazioni di Dio del tutto diverse. I farisei avevano
una comprensione di Dio di tipo giuridico, cioè legata alla Legge. I secondi
vedevano Dio come emanazione di amore svincolata da ogni legge e costrizione. –
3. Il concetto di uomo “timorato di Dio”, tipicamente farisaico, è molto simile
al concetto di “giusto”, cioè di uomo che segue la Legge in modo rigido, quasi
ossessivo. E’ evidente che nel movimento di Gesù non potevano esistere uomini
“timorati di Dio” perché tutti si sentivano amati da Dio. – 4. L’allocuzione “vita eterna”, che non rappresenta la
migiore traduzione dal greco, deve intendersi come una vita di una qualità tale
da superare la morte e quindi divenire eterna. Come è facilmente riscontrabile
leggendo gli scritti dei primi cristiani, la vita eterna comincia per ogni uomo
nel momento della nascita e non del concepimento come oggi si ritiene in ambito
cattolico, in quanto la parola vita nei vangeli è sempre collegata alla vita intellettiva
di relazione, inesistente nel feto (secondo S.Agostino fino al terzo mese di
gravidanza). Questa interpretazione del verbo greco zao (vivere) è abbastanza recente. In passato lo si riteneva un
sinonimo di byoo ed in italiano era
entrato in uso con questo significato (ad esempio: giardino zoologico). Oggi, sulla base dell’esame
di migliaia di testi antichi possibile solo con le tecnologie moderne, si
attribuisce a questo verbo un significato più preciso volto a descrivere una
vita fatta di relazione con il mondo e con gli altri ad un livello superiore e
distinto dalla vita biologica. Interessante il fatto che nella traduzione
dall’ebraico al greco detta dei Settanta (II secolo a.C.), quando nella Genesi
Dio crea l’uomo e gli dà la vita con il proprio alito, il traduttore usa il
termine zoe e non byos. Gli studi proseguono perché da
questa constatazione potrebbe derivare una diversa definizione di “persona
umana”. – 5. Gesuita belga esperto nel dialogo interreligioso con l'induismo.
Nel 2001 il suo libro Toward a Christian Theology of Religious Pluralism
condusse Dupuis ad essere censurato dalla Congregazione della Dottrina della
Fede: erano state notate alcune ambiguità per le quali sono stati chiesti
chiarimenti, ma Dupuis non è mai stato condannato. Nello stesso anno Papa
Giovanni Paolo II ha
riconosciuto il lavoro pionieristico di Padre Dupuis nell’aprire la strada al
significato delle altre religioni, in God’s plan of salvation of mankind.