Perché
Gesù è vissuto e ha predicato? La nascita, la vita, la predicazione e la morte
di Gesù erano, sono e saranno necessari all’umanità?
Per
rispondere, almeno parzialmente, a queste fondamentali domande, dobbiamo
partire dall’identità storica e culturale di Israele, separando i personaggi
mitologici o presunti tali dalla realtà storica così come ci viene presentata
dai ritrovamenti archeologici e dai documenti che al momento sono disponibili.
In queste pagine non ritroverete personaggi come Abramo, Mosè o Davide, prima
di tutto perché il modo di scrivere la storia nel X secolo a.C. è completamente
diverso dal modo di scrivere odierno e, in secondo luogo, attribuire la
emanazione di leggi che obbligano tutti, ad una persona altamente stimata e
“santa”, come ad esempio Mosè che parla direttamente con Dio, ne garantisce
l’osservanza da parte di una larga porzione del popolo. E’ un ottimo strumento
di educazione civica.
1.
Cenni di storia di Israele
1.1. Dal nomadismo alla nascita della monarchia
Facciamo
partire questo racconto da un punto fermo: circa 30 secoli fa nella così detta
“mezzaluna fertile” che potremo oggi identificare con la Mesopotamia, la Siria
del nord e l’Iraq del nord, nasce una civiltà di etnia semitica il cui sviluppo
è favorito dallo sviluppo dell’agricoltura (fondamentalmente cereali e legumi)
e dell’allevamento di bovini o ovini. In questa cultura vi sono alcune
città-stato abitate da un popolo che non è di etnia semitica né indoeuropea, i
Sumeri(1), più avanzati culturalmente dei popoli circostanti al
punto che sviluppano un sistema di scrittura cuneiforme, chiamata così perché si
eseguiva con uno stilo, imprimendo sull'argilla particolari segni composti da
brevi incisioni a forma piramidale e appuntita, che possono ricordare dei
chiodini o dei cunei. Quella struttura non era ancora alfabetica, ma sillabica,
e risultava un notevole passo avanti nei confronti della scrittura egiziana che
l’aveva preceduta che era a base ideografica, cioè ogni simbolo rappresentava
una parola o gruppo di parole o, addirittura, un concetto. Questo consentì, agli
inizi del II millennio a.C., con lo sviluppo delle popolazioni semitiche ed il
tramonto della civiltà sumerica, che la scrittura cuneiforme divenisse
appannaggio della nuova cultura babilonese e assira (detta globalmente
accadica), e poté essere usata per esprimere altre lingue come l’elamita, l’ittita,
l’urateo, e il luvio cuneiforme. Essa rappresentò anche la base e l'ispirazione
da cui vennero create le scritture di Ugarit e quella achemenide dell'antico persiano.
I
Sumeri furono anche gli inventori di quella che oggi chiameremmo la logistica;
infatti si trovavano nel punto di arrivo delle carovane commerciali provenienti
dall’Egitto e alla partenza di carovane dirette in India ed in Cina. I Sumeri
fornivano alle carovane magazzini di stoccaggio, punti di riposo e una specie
di servizio “bancario”; per fare questo la scrittura era fondamentale. In molti
siti gli archeologi hanno trovato numerose tavolette di creta con un testo che
ricorda le moderne lettere di credito.
I
Sumeri furono importanti anche nel campo spirituale in quanto, secondo lo
studioso Stephen Langdon di Oxford (in Semitic Mythology, Vol. V, p. xviii) la
loro religione era di tipo monoteistico ed influenzò, come vedremo, anche
Israele. In realtà oggi si preferisce parlare di monolatria piuttosto che di
monoteismo dei Sumeri, in quanto non credevano in un unico dio universale, ma
in un dio unico nella loro città, fermo restando che altri, in un’altra città,
potevano liberamente credere in un altro dio.
Questa
concezione si trasferì nella cultura ebraica; gli ebrei infatti, rimasero
monolatrici fino alla cattività in Babilonia durante la quale si posero il
problema se il dio di Babilonia fosse più forte del Dio di Israele visto cosa
era loro successo. I sacerdoti che erano stati deportati, con un balzo
teologico gigantesco, risolsero il problema che angosciava il popolo
dichiarando il Dio di Israele creatore del mondo nella sua interezza e quindi
un Dio universale, Dio anche di Babilonia. Lo fecero scrivendo la Genesi che,
anche se si trova come primo libro nella Bibbia è, in realtà, uno degli ultimi
scritti. Questo atto, purtroppo, creò un ulteriore problema: il popolo pensò
che, se vi era un unico Dio per Israele e Babilonia, e aveva consentito di
renderli prigionieri dei babilonesi, voleva dire che il popolo di Israele era
stato punito per avere, in qualche modo, peccato. I sacerdoti, di fronte a
questa convinzione, reagirono scrivendo il mito di Adamo ed Eva dimostrando
così che il genere umano è, per sua natura e per volontà di Dio, libero di
peccare o no e le conseguenze della scelta vanno accettate. Ma in fondo al mito
i sacerdoti aggiunsero un’immagine fondamentale, questa: (Gen 3,14-15)
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché
tu hai fatto questo,
sii
tu maledetto più di tutto il bestiame
e
più di tutte le bestie selvatiche;
sul
tuo ventre camminerai
e
polvere mangerai
per
tutti i giorni della tua vita.
Io
porrò inimicizia tra te e la donna,
tra
la tua stirpe
e
la sua stirpe:
questa
ti schiaccerà la testa
e
tu le insidierai il calcagno».
E’
un inno alla speranza nella predizione che l’uomo sarà capace di vincere il
male, cioè la superbia e l’egoismo rappresentate dal serpente. E’ una speranza
escatologica che verrà ripresa da Gesù. Da sottolineare che chi schiaccerà la
testa al serpente non sarà la donna (Eva) ma l’intera stirpe umana; infatti la
parola “questa” in ebraico è qui declinata in genere neutro e non in quello
femminile e quindi si riferisce alla stirpe (di genere neutro) e non alla donna
(di genere, ovviamente, femminile). Per questo, per gli ebrei, il mito di Adamo
ed Eva non rappresenta la condanna del genere umano (il “peccato originale”),
ma al contrario rappresenta la gioia della felicità futura(2).
Torniamo
al nostro racconto; siamo alla fine del terzo millennio a.C. Alcuni pastori
semiti che abitavano nei villaggi sumeri erano soliti recarsi lungo la via del
mare, seguendo la costa del mare Mediterraneo, via seguita dalle carovane a cui
vendevano latte e formaggi per il sostentamento durante il viaggio. Una parte
di questi pastori si spingeva fin nella pianura palestinese di Esdrelon
o di Izreel, dominata dal monte Tabor, e nella pianura di Sharon
dove il foraggio era abbondante. Questi movimenti di persone e greggi furono
dapprima di singole famiglie (da qui l’uso del nome comune Abram = padre di
famiglia) ed in seguito molto più numerosi (Abraham = padre di moltitudini,
vedi Gen 17,5) che iniziarono a
colonizzare il territorio ed a porre tasse di transito alle carovane.
Questo
gruppo di famiglie, ormai residenti nella Palestina, aveva contatti con i molti
popoli che passavano lungo la via del mare ed acquisirono così ampie conoscenze
sulle armi e sulle tecnologie connesse provenienti, probabilmente, dagli
Ittiti, specialisti nella lavorazione del ferro.
Nella
seconda metà del secondo millennio a. C., i pastori semitici presenti in
Palestina cominciarono a muoversi verso l’Egitto; questi pastori erano noti in
Egitto come gli Hyksos, i re pastori. Giuseppe Flavio, storico ebreo-romano
coevo di Gesù, definisce gli Hyksos "...i nostri maggiori antenati ...i
nostri progenitori ...il nostro popolo".
Questa
corrente migratoria entrò in Egitto in un momento in cui questa nazione
soffriva di una profonda debolezza politica; lo conquistò anche grazie alla
superiore capacità militare (oltre alle armi in ferro, essi disponevano del
cavallo, del carro da guerra hurrita, e del potentissimo e micidiale arco
composito(3) e, con il tempo, espresse
una classe dirigenziale di ottimo livello e con essa anche dei faraoni.
Il
Direttore del comitato scientifico dell’IFAO Nicolas Grimal, nella sua celebre
"Storia dell’Antico Egitto" (Laterza, Bari 1998), afferma che uno dei
faraoni semiti della XV dinastia Hyksos, regnante sul Delta, "ebbe buoni
rapporti" (pag. 246) con i sovrani della XVII dinastia, che regnavano nel
frattempo a Tebe. Questo faraone si chiamava Jacob-Baal (1650-1633 a.C.), ed il
suo nome non lascia adito al minimo dubbio sulla natura delle sue origini e
della sua identità etnica. Per inciso, altri faraoni di quella stessa dinastia
avevano nomi come Khjan (lo Yohannah, cioè Giovanni, citato da Manetone e da Giuseppe
Flavio) ed Aawser Ra Apopi I (Aser è il nome di uno dei figli del Giacobbe
biblico, fondatore dell’omonima tribù d’Israele).
Una
stele ritrovata a Tanis, redatta sotto Ramses II, ma copia di un’altra
risalente al regno di Horemhab, ci fa sapere che la città di Avaris divenne
dominio hyksos nel 1730 a.C., ma il primo faraone semita lo abbiamo poco meno
di sessant’anni dopo, con Salitis. Queste date sono importanti perché ci
permettono di capire molte cose sulle dinamiche dei popoli d’allora.
Sembra che gli Egiziani ci misero molto tempo per imparare a costruire, ed usare, le armi hurrite. Di certo fu l’occasionale insorgere d’un improvviso e non previsto conflitto, piuttosto grave, sorto tra le corti di Tebe e Avaris (subito dopo che divenne faraone Senakht-Kheten-Ra Taa a Tebe e durante gli ultimi anni di regno di Apophi I ad Avaris), che porterà i tebani a scacciare gli Hyksos dal Delta sotto la guida definitiva del faraone Ahmose.
Sembra che gli Egiziani ci misero molto tempo per imparare a costruire, ed usare, le armi hurrite. Di certo fu l’occasionale insorgere d’un improvviso e non previsto conflitto, piuttosto grave, sorto tra le corti di Tebe e Avaris (subito dopo che divenne faraone Senakht-Kheten-Ra Taa a Tebe e durante gli ultimi anni di regno di Apophi I ad Avaris), che porterà i tebani a scacciare gli Hyksos dal Delta sotto la guida definitiva del faraone Ahmose.
La
presenza degli Hyksos in Egitto era durata più di 400 anni. Ritornarono nella
Palestina a varie ondate scaglionate negli anni. Di due, datate all’incirca
1270 e 1260 a.C. sono rimaste tracce archeologiche rilevabili.
Note: 1. La terra di origine dei Sumeri resta ancora oggi sconosciuta,
ma di una cosa si è certi: i Sumeri non erano una popolazione di stirpe semitica.
Oltre a questo è ben noto che essi non furono né il primo né l'unico popolo ad
abitare le terre fra il Tigri e l'Eufrate, ma che presero il posto, o meglio si
integrarono, con i complessi culturali di 'Ubaid e di Uruk, gente semita che
già abitava queste terre e aveva raggiunto un discreto sviluppo tecnologico e
organizzativo. – 2. Sant’Agostino poté sviluppare la teoria del “peccato
originale” in quanto non conosceva né l’ebraico né il greco e lavorò sulla
Bibbia tradotta in latino, piena di molti errori di traduzione. La Chiesa
ortodossa, che leggeva l’AT nella sua traduzione greca, respinse l’idea del
peccato originale come colpa trasmissibile. – 3. L’Arco composito è un termine
moderno per indicare un tipo di arco tradizionale di origine millenaria
costruito con materiali diversi tra di loro, legno per lo scheletro centrale,
corno sul ventre (la parte dell'arco rivolto verso l'arciere) e tendine sul
dorso (la parte dell'arco rivolto verso il bersaglio), sia con leve rigide in
legno, eventualmente rinforzate con osso, più o meno lunghe alle estremità dei
flettenti, sia senza leve rigide, il tutto incollato con colla animale e
rinforzato nei punti critici con avvolgimenti di tendine, seta, lino, canapa o
rattan. Grazie alle caratteristiche di questi materiali l'arco composito, al
contrario dell'arco in solo legno, se ben costruito, consente una costruzione
molto riflessa, con conseguente forte precarica quando è incordato e trazioni
estreme durante il tiro, quindi lunga gittata ed alta capacità di penetrazione.
(segue la prossima domenica)