La lettura delle beatitudini ci fa pensare ad uno stato di felicità
raggiungibile solo in un mondo futuro? Povertà, fame, pianto sono realtà
da vivere ringraziando, sentendosi beati, perchè è attraversando queste
situazioni di vita che troveremo in cielo una grande ricompensa?
Soffrire oggi, per gioire domani. Una vita spezzata. Per me la vita è
una linea continua, non so dove si fermerà, ma del resto questo è il
mistero che la mia fede ha deciso di accettare. La mia natura umana può
gestire solo l'oggi: è in questo che devo trovare la mia felicità, una
situazione che mi fa star bene, che dà senso alle mie giornate e alle
mie attese ... la felicità cui tendo non si oppone alla povertà e al
dolore, ma non li vivo come "beatitudine", ma come situazioni che
rientrano nelle possibilità del mio vivere. La parola "sacrificio" sta
scomparendo nella nuova teologia. Non c'è più il sacrificio della messa,
ma la gioia della partecipazione a un momento di comunione. Ed è un
punto di arrivo molto importante e non facile. Ciascuno di noi tende a
proteggere un nucleo più intimo di pensieri profondi, di convinzioni e
di speranze che fatica a mettere in comune; ci mettiamo in gioco poco,
ci ritraiamo molto spesso. Io credo che la felicità la troviamo invece
quando scopriamo che la nostra umanità è tale perchè è dentro
all'umanità dell'altro. Gesù nelle beatitudini non si rivolge infatti
all'individuo, ma alla società. E' la comunità che deve farsi carico di
situazioni di povertà e sofferenza. Così si realizza la giustizia e, nel
legame con il mondo, anche il "nostro diritto ad essere felici".
Sandra Rocchi