XXX Domenica Tempo Ordinario
- Mt 22,34-40
Allora i farisei,
avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e
uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova:
«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima e
con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il
secondo poi è simile a quello: Amerai
il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono
tutta la Legge e i Profeti».
Nel
brano di vangelo che precede, Gesù ha avuto una dura discussione con i sadducei(1)
sulla risurrezione con il racconto della vedova ammazzamariti (Mt 22,23-33). Il tentativo dei sadducei
di metterlo in difficoltà ebbe come risultato l’aumento di considerazione delle
folle nei confronti di Gesù.
E’
la volta ora di uno scriba, di un dottore della legge che viene incaricato di
saggiare Gesù sulla sua aderenza alla dottrina ufficiale. Lo scopo è quello di
dichiararlo eretico.
Per
comprendere il brano è necessario immergersi nella tradizione religiosa ebraica
dell’epoca che è molto diversa dalla nostra. Per esempio noi cattolici, appena
sentiamo parlare di comandamenti pensiamo immediatamente ai comandamenti dati a
Mosè sul Sinai; un ebreo del primo secolo non pensava a quelli, o per lo meno
non solo a quelli, ma ai 613 precetti di cui 365 negativi (uno per ogni giorno dell'anno) e i restanti
positivi (uno per ogni osso dell'essere umano) che ogni pio israelita doveva
osservare tutti i giorni. E questi precetti per la maggior parte non si
trovavano nell’AT, ma in testi posteriori (del I e II secolo a.C.) oggi
considerati in parte apocrifi dal giudaismo.
«Maestro, nella
Legge, qual è il grande comandamento?». Maestro… la frase comincia con un gesto di
riverenza, ma la domanda è di quelle da far tremare i polsi.
Gesù
ha distrutto i comandamenti di Mosè proclamando le beatitudini come unica
direzione di vita (Mt 5,1-12); non
solo, ma ha anche detto che questa nuova legge è superiore a quella antica (Mt 5,29-48) facendo un lungo elenco di
casi nei quali i comandamenti di Mosè non sono sufficienti per condurre una
vita per il regno.
Se
Gesù riafferma le beatitudini viene dichiarato un eretico; al contrario se
convalida i comandamenti di Mosè dichiara che tutto quello che ha predicato
finora è falso. La situazione è esattamente la stessa che si era verificata
prima, quando gli era stato domandato se era lecito pagare le tasse ai romani (Mt 22,15-21).
Gesù
risolve rapidamente il dilemma saltando a piè pari i comandamenti e citando
l’inizio della preghiera fondamentale del pio israelita, la “Shemah Israel”, ovvero Ascolta Israele (Dt 6,4-7): “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima e
con tutta la tua mente.”
Gesù
in tutta la sua predicazione e quindi in tutti i vangeli, non ha mai invitato
le folle ad amare Dio non perché questo sia sbagliato, ma perché l’amore verso
Dio richiede un servizio verso Dio, mentre il Padre che ci ha presentato Gesù è
un Dio al servizio dell’uomo, cioè l’esatto contrario.
Non
poteva però rivolgersi allo scriba in modo diverso, non lo avrebbe capito; così
invece parte da un dato condiviso, accettato dallo scriba perché fa parte delle
sue conoscenze e del suo modo di ragionare e questo permette a Gesù di
insinuare in lui un dubbio che lo potrebbe avvicinare alle posizioni della
nuova legge: “…Questo è il grande e primo
comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso….”
Ricava
il secondo precetto dal libro del Levitico (Lv
19,18) altra cosa che lo scriba conosce e non può certo rinnegare. Ma tra
le due affermazioni Gesù crea un collegamento nuovo, imprevisto che soprende lo
scriba.
In
Marco, che per primo ha riportato questo racconto, si vede lo scriba
condividere la risposta di Gesù quasi con sorpresa e poi con soddisfazione al
punto che Gesù lo dichiara vicino al regno.
Matteo
non riporta la reazione dello scriba, ma aggiunge un particolare che solo un
dottore della legge come Matteo poteva citare: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”. L’alleanza(2)
con Dio non può prescindere dall’amore verso l’altro.
Amore:
parola ambigua, termine logoro ed abusato: si "fa" l'amore, si
"amano" luoghi e colori, vestiti e animali; termine che richiama
emozione e sentimento, travolgimento e passione, termine che suscita nostalgia
e disincanto.
E'
splendida questa cosa: Gesù ci chiede di amare, cioè di vivere esattamente ciò
che per ciascuno è il più grande sogno della vita, l'anelito ultimo di ogni
uomo; noi e Dio desideriamo la stessa cosa, Dio ci chiede di vivere il sogno
che ciascuno di noi nasconde nel cuore.
Dobbiamo
allora riflettere meglio: credo che la risposta di Gesù vada inserita in ciò
che tutto il vangelo vuole dirci. Mi spiego: se dovessimo sintetizzare tutto il
vangelo in un'affermazione cosa diremmo? Semplicemente questo: Dio ti ama,
lasciati amare.
Passatemi
allora una provocazione che non vuole stravolgere il vangelo. Esiste un
comandamento prima del primo, prima non nel senso di importanza, ma di tempo.
Ed è questo: "lasciati amare da Dio, lasciati sedurre da Dio, abbandona la
tua piccola idea di Dio per aprirti alla grande novità del vangelo". Fino
a quando non percepiremo, fino alla stretta del cuore, questo amore che Dio
continuamente riversa nel nostro cuore, non potremo capire che la cosa più
importante della vita è restituire l'amore di Dio e manifestarlo ai fratelli.
Di
più: Gesù pone al centro della sua vita l'amore stesso. Se provassimo a vedere
la nostra fede non più come una serie di rapporti sacro-morali con una divinità
ma come un itinerario di vita, una scuola di felicità, propostaci non da un
grande maestro spirituale ma da Dio stesso? Orientare la nostra vita sull'amore
è l'unica cosa che ci può dare felicità. Accogliere, anzitutto l'amore di Dio
per poi riversarlo sul fratello e su di noi.
Mi
spiego: l'amore che Cristo chiede per i fratelli (arriverà a chiederlo per i
nemici) non è uno sforzo di volontà che devo attuare a malincuore. Diventa un
comunicare quell'amore che io per primo ho ricevuto e che posso dare al
fratello nel quale riconosco l'impronta di Dio. Di più: quella sottile
annotazione ("come te stesso") ci spalanca a orizzonti ancora più
ampi.
Mi faceva notare un'amica psicologa che questa affermazione è, in un certo modo, il fondamento stesso del benessere psicologico scoperto dalla scienza e che Gesù già conosceva. Posso amare solo se mi amo. Posso accogliere solo se mi sono accettato. E, di nuovo, questo non mi viene come un atteggiamento spontaneo. Posso anche considerarmi non amabile, ma Cristo mi dice che Dio ama me, con le mie fatiche, i miei limiti, le mie storie, il mio fango, nel quale rischio ogni giorno di affogare.
Mi faceva notare un'amica psicologa che questa affermazione è, in un certo modo, il fondamento stesso del benessere psicologico scoperto dalla scienza e che Gesù già conosceva. Posso amare solo se mi amo. Posso accogliere solo se mi sono accettato. E, di nuovo, questo non mi viene come un atteggiamento spontaneo. Posso anche considerarmi non amabile, ma Cristo mi dice che Dio ama me, con le mie fatiche, i miei limiti, le mie storie, il mio fango, nel quale rischio ogni giorno di affogare.
Infine:
l'amore è sentimento, gioia, passione, pazzia, certo. Ma poi cresce diventa
adulto, diventa dono, diventa passare da me che gioisco a te che voglio far
gioire a noi che doniamo la gioia che ci scambiamo. L'amore, cioè, da emozione
diventa scelta, anche sofferta, come la madre che non è certo emotivamente
entusiasta di alzarsi nel cuore della notte per allattare il proprio figlio e
che pure considera quel gesto come un dono d'amore: la fede è proprio solo una
questione d'amore. Ricevuto e donato.
Note: 1. I Sadducei costituivano
una importante corrente spirituale del tardo giudaismo che diviene anche una
distinta fazione politica verso il 130 a.C. sotto la
dinastia asmodea. Il gruppo dei sadducei era costituito prevalentemente da
aristocratici di antiche famiglie, nell'ambito delle quali venivano reclutati i
sacerdoti dei ranghi più alti, nonché, in particolare, il Sommo sacerdote; il
nome sadducei si richiamava all'antico e leggendario Sadoc (scritto anche Sadoq
o Zadoq), sommo sacerdote al tempo di Salomone. Cercavano di vivere un
giudaismo illuminato, e quindi di trovare un compromesso anche con il potere
romano. Dei sadducei e della loro spiritualità non conosciamo molto, perché la
loro fazione, ritenuta colpevole di collaborazionismo nei confronti dei romani,
fu letteralmente sterminata, durante la rivolta giudaica del I secolo d.C.,
dagli insorti più esagitati e violenti, come narra lo storico Flavio Giuseppe,
in quella prima guerra giudaica che, oltre ad essere una lotta di liberazione
dalla dominazione straniera, fu anche una vera e propria cruenta e spietata
guerra civile. I residui superstiti dei sadducei o furono assimilati dalla
società romano-ellenica nella quale si rifugiarono, oppure si convertirono al
cristianesimo. Sul piano dottrinale, si ritiene, in base alle scarse
informazioni pervenuteci, che i sadducei, a differenza dei farisei considerassero
vincolante solamente la cosiddetta Legge scritta, ossia quanto tramandato nei
libri del Pentateuco della Bibbia ebraica, o Torah, per cui non accettavano la
risurrezione dai morti in quanto non presente nel Pentateuco. – 2. La dicitura
“Legge e Profeti” (e non “Legge o Profeti” come talora è erroneamente tradotto)
nel pensiero degli scribi e nel sentimento comune del popolo significava
l’Alleanza, quindi la promessa di Dio nei confronti di Israele.