Prima Domenica di Avvento – Lc 21,25-28.34-36
[Quando vedrete
Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è
vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro
che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non
tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò
che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte
e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro
questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte
le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani
non siano compiuti.]1
Vi saranno segni nel
sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per
il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e
per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube
con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose,
risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
State attenti a voi
stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e
affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come
un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia
di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza
di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio
dell'uomo».
Al termine della sezione riguardante le attività di Gesù a Gerusalemme,
Luca riporta, riprendendolo da Marco (Mc
13,1-37), quello che è chiamato il discorso escatologico(2) di
Gesù (Lc 21,5-38). Nella composizione
lucana si descrivono, dopo l’introduzione (vv.
5-7), i segni premonitori (vv. 8-11),
le persecuzioni future (vv. 12-19), la
distruzione di Gerusalemme (vv. 20-24), la
venuta del Figlio dell’uomo (vv. 25-28);
a conclusione viene riportata la similitudine del fico (vv. 29-33) e un invito
alla vigilanza (vv. 34-36). La liturgia propone i due brani riguardanti
rispettivamente la venuta del Figlio dell’uomo (vv. 25-28) e la vigilanza (vv.
34-36).
“Quando vedrete Gerusalemme circondata
da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina.” Luca scrive il suo
vangelo poco più di venti anni dopo la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel
70 d.C. per opera dei romani; ne ha avuto, forse, esperienza diretta o ne ha raccolto
il racconto di testimoni oculari. Queste sue conoscenze vengono sintetizzate nei
versetti che seguono: “Allora coloro che
si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città
se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli
infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si
compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che
allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo.
Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni;
Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano
compiuti.” Rispetto a Marco, in questi versetti si sentono le grida degli
abitanti di Gerusalemme, le sofferenze, il dolore diffuso e la paura. Un
affresco degno di un grande pittore. Ma ecco la speranza, anche
se a un lettore superficiale sembra esattamente il contrario: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e
sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti,
mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà
accadere sulla terra.”
Luca interpreta a suo modo le parole di Marco, si perde il senso
apocalittico tipico della prosa ebraica, ma il significato è lo stesso.
Nel
mondo pagano, che circondava Israele, il sole e la luna erano degli dei. Dare
culto a Jahve invece che a queste divinità era quello che distingueva Israele
dai pagani, ma nonostante tutto il culto degli astri costituiva una grande
tentazione per il popolo giudaico. Con un lento processo di elaborazione
teologica, ricostruibile leggendo attentamente i profeti, gli astri erano ormai
considerati false divinità per cui quello che descrive Gesù riguarda il mondo
pagano; non si tratta di un giudizio finale, né tanto meno della fine del
mondo, ma di un cambiamento d’assetto del mondo allora conosciuto. Sole e luna
rappresentano le divinità pagane e l’evangelista vuole indicare che la
religione pagana perde il suo splendore e l’idrolatria entra in crisi. Viene
escluso un giudizio contro l’umanità o contro determinati popoli, ma è
l’eclissi delle false divinità quale frutto dell’annunzio del messaggio di
Gesù. Inoltre le stelle indicano anche i potenti, i principi, i re, gli
imperatori che allora rivendicavano condizioni divine. A quell’epoca, il
faraone era un dio, figlio di dio, l’imperatore romano era una divinità. Questi
segni che indicano come il mondo sta andando verso una nuova fase, creano
panico; gli avvenimenti che dovranno accadere sono rappresentati dalle onde del
mare in tempesta che si alza ad aggredire la spiaggia. Il dubbio sul futuro
attanaglia gli uomini.
“Le
potenze dei cieli infatti saranno
sconvolte.” Gli ebrei pensavano che da Dio, che era nel settimo cielo, si
espandesse una energia vitale verso gli uomini che era contrastata da quelle
che erano chiamate le “potenze(3)”. Forse molti ricordano che una
volta, in un prefazio della messa, si elencavano i cori angelici: Troni,
Dominazioni, Principati, Potestà e Forze; era una interpretazione arbitraria
dovuta al fatto che la Chiesa non conosceva, e non voleva conoscere, le usanze
ebraiche(4). Troni, Dominazioni, Principati, Potestà e Forze nella
cultura ebraica non erano cori angelici nel senso cattolico del termine, ma
erano chiamate “potenze”, avevano usurpato il ruolo di Dio nei cieli e influivano
negativamente sugli uomini. Il fatto che siano sconvolte non è una cosa
negativa, ma positiva; Luca vuol far comprendere che l’azione di Dio si attua,
ora, senza alcun freno.
Sono
termini e concetti tanto lontani da noi, che è difficile comprenderli; per far
capire direi, banalizzando, che queste potenze, oggi, sono le multinazionali
che fanno il bello e cattivo tempo, che decidono la vita e la morte dei popoli,
secondo i loro interessi.
“Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube
con grande potenza e gloria.”. L’evangelista vuol dire che l’arrivo del Figlio dell’uomo(5)
rappresenta una vittoria dell’umano sul disumano, della vita sulla morte. Ogni
volta che un uomo diventa Figlio
dell’uomo, cioè realizza tutto sé stesso in una pienezza di vita e d’amore,
quelli che lo vedranno, cioè le stelle e tutti i poteri, incominceranno a
cadere. Ogni volta che crolla un regime ingiusto, una dittatura, un sistema di
potere, è l’uomo che si afferma, la dignità dell’uomo viene confermata. Non si
tratta di una visione che si realizza in una sola occasione, ma sarà continuativa
nel tempo. Il Figlio dell’uomo lo “vedranno
venire su una nube” e le nubi non sono il veicolo, ma il contesto che circonda il Figlio dell’uomo. Per comprendere
questo occorre ricordare che, nell’episodio della trasfigurazione, la nube conteneva
la parola di Dio, quindi Gesù vuol dire che il risollevarsi dell’uomo è
espressione della volontà di Dio. Non solo, ma “arrivare nelle nubi con grande
potenza” rappresenta la forza della vita di Dio; “e gloria”, l’aggettivo grande
riguarda sia la potenza sia la gloria. La grande gloria rappresenta la dignità dell’uomo
di fronte alle potenze di morte che vedono così contestato tutto il loro potere
e il loro rango.
Ogni
qualvolta che cade una legge ingiusta che mina, impedisce, limita la dignità
dell’uomo, si scopre sempre di più il volto di Dio. È un cammino lento
nell’umanità, ma percettibile ed incessante(6).
È
interessante che la venuta non si attribuisca a Cristo o al Signore, ma al Figlio dell’uomo: è nell’uomo che si
manifesta la pienezza di vita che porta alla condizione divina.
Qui
Luca inserisce la frase che lo distingue dagli altri evangelisti: “Quando cominceranno ad accadere queste cose,
risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina»”.
Scrollandosi di dosso l’oppressione, l’uomo, il Figlio dell’uomo, ritrova la propria dignità e può camminare
finalmente a testa alta.
“State
attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni,
ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso
all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che
abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando,
perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di
comparire davanti(7) al Figlio dell'uomo»”.
Qui Luca è
chiarissimo: il
crollo delle dittature, le cadute di leggi inique o di precetti religiosi
immotivati possono non iniziare per una nostra volontà, ma devono essere
completate con i nostri atti (azioni e preghiere, cioè con l’aiuto di Dio) perché
solo se noi non rimaniamo addormentati o indifferenti queste cadute saranno
definitive. Se invece rimarremo addormentati queste dittature, queste leggi
inique o questi precetti religiosi immotivati saranno sostituiti con altri
peggiori e noi potremo solo rimpiangere l’occasione che abbiamo perduto.
Per Luca tutte le tragedie dell’umanità, non solo quelle che accadranno
negli ultimi tempi, devono essere vissute dai credenti non come causa di angoscia,
ma come un richiamo alla speranza di un mondo migliore per cui lottare e
sacrificarsi. In questo modo l’attesa della fine perde gran parte del suo
rilievo e diventa una semplice immagine di cui l’evangelista si serve per
delimitare il tempo presente e per mostrare che esso, nonostante tutti gli
sconvolgimenti che lo agitano, continua ad essere guidato da Dio verso un fine
di salvezza.
Note: 1. I versetti tra parentesi
quadre non sono compresi nel brano scelto dal liturgista per questa domenica,
ma sono necessari per la comprensione di quanto dice Gesù. Anzi, sarebbe
opportuno leggere e comprendere anche la parte che precede, a partire dal versetto
1 del capitolo 21, ma questo appesantirebbe troppo questa esegesi. – 2. Escatologia
è un termine che deriva dalla composizione di due parole greche: “escaton”
e “logos” che letteralmente significa “discorso sulle cose ultime”. – 3.
L’espressione greca “dinameis ton uranon” (potenze dei cieli) non indica
tanto i movimenti degli astri, ma le energie cosmiche spirituali che si
frappongono, secondo la credenza ebraica, tra il cielo, dimora di Dio, e la
terra, abitazione degli uomini. In tal senso la lettera agli Efesini afferma: “Anche voi eravate morti per le vostre colpe
e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo,
seguendo il principe delle potenze dell'aria, quello spirito che ora opera
negli uomini ribelli.”. Secondo gli antichi l’aria si estende dalla terra
alla luna. Per l’autore della lettera agli Efesini questo spazio è il regno
delle potenze nemiche di Dio che si frappongono tra Dio e gli uomini. – 4. Fino a circa il 1950 il Talmud, il libro sacro degli
ebrei che descrive la legge trasmessa oralmente da Mosè e che contiene quasi
tutte le usanze e credenze ebraiche in essere all’epoca di Gesù, non poteva
essere letto dai cristiani (ed in particolare dai cattolici) perché era
considerato opera demoniaca. Fino al 1700 se qualcuno trovava un libro del
Talmud lo bruciava nella piazza di una chiesa. Però a partire dalla metà degli
anni ’50, quasi nessun esegeta si è mai più permesso di affrontare la
spiegazione di un brano di vangelo senza disporre di un testo di Talmud. Nonostante
questo ancora oggi non sono reperibili testi del Talmud tradotti in italiano,
anche se si parla insistentemente di una traduzione che dovrebbe essere edita
fra due o tre anni. Io stesso uso un testo tradotto dall’ebraico in inglese. –
5. Mi permetto di sottolineare che Marco, Matteo e Luca non parlano mai della
venuta di Cristo o del Figlio di Dio, ma del Figlio dell’uomo, una allocuzione che in aramaico significa
semplicemente uomo e che in Daniele (Dn 7,13-14) acquista il significato dell’uomo che raggiunge la pienezza della
vita e quindi entra nella sfera divina, il destino di ciascuno dei
discepoli di Gesù in ogni tempo. – 6. Per avere una cognizione di questo, è
sufficiente paragonare le condizioni di vita delle popolazioni nei secoli che
ci precedono con quelle attuali: pur in presenza di grosse sacche di
ingiustizia, la condizione di vita media umana è nettamente migliorata.
Attualmente, con l’imposizione di leggi a favore della finanza (“il mercato”) si cerca di invertire
questa tendenza, ma i popoli stanno reagendo, anche se, al momento,
timidamente. – 7. La C.E.I. ha tradotto l’espressione
greca “stazenai emprosten” con “comparire davanti” dando il senso del
giudizio divino posto su ogni uomo. Io preferisco tradurre con “stare davanti”
sia perché il verbo greco “istemi” dà l’idea del porsi fermo, dello
stare lì, sia perché il senso del vegliare e dello stare attenti induce
immediatamente a questa traduzione. Qui non si parla di giudizio, ma di
confronto tra noi e l’uomo che ha raggiunto la dimensione divina.