Domenica 6 febbraio 2011 – V domenica Tempo Ordinario – Mt 5, 13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
Gesù è sul monte dove, da pochi minuti, ha finito di proclamare le beatitudini, la nuova legge del cristiano che ha superato e fatto perdere di importanza il decalogo di Mosè.
La legge di Mosè era negativa(1), segnava dei divieti, considerava l’uomo un essere senza volontà e senza capacità di autogestione.
La nuova legge di Gesù è tutta in positivo, non vieta niente, non dice all’uomo “non fare”, non impone niente, ma dice “ama e sarai felice, sarai beato”. L’uomo, con Gesù, passa dalla condizione di suddito, di schiavo, di oppresso dai divieti della legge, alla condizione di uomo libero, alla dignità di uomo, alla gioia di essere figlio di Dio. Con le beatitudini Cristo ci ha liberati dal peccato, che è, come dice Paolo, il primo frutto della legge mosaica (Rm 3,20; 1Cor 15,56).
L’uomo, tornato a riprendere tutta la sua dignità, non può che fare partecipe della sua gioia ogni fratello che incontra; diviene così il sale che dà sapore alla vita resa triste dalla legge, la luce che illumina la casa, una luce che non deve essere nascosta(2), come non si può nascondere una città posta su un monte.
Il cristiano, se abbraccia e mette in pratica le beatitudini, rende migliore il mondo intorno a lui, lo rende “saporito”.
Non è facile mettere in pratica le beatitudini: la gente, oggi, non si lascia facilmente aiutare e chi ha operato nella caritas lo sa. Da una parte si vergogna di chiedere e nel donare occorre rispettare questo desiderio di dignità. Dall’altra ha timore di essere imbrogliata, tanto incomprensibile è diventato l’atto di amore del dono e del sostegno. A tutto questo si aggiungono i profittatori, coloro che chiedono non avendone bisogno.
Il Concilio Vaticano II ha detto che i laici “sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro”(3).
Gesù, dicendo che i suoi discepoli sono “il sale della terra e la luce del mondo” assegna a tutti una grande dignità, ma anche una grande responsabilità. Lo dice a tutta la chiesa “segno levato sulle nazioni, sacramento, segno e strumento dell’intima unione con Dio e di unità di tutto il genere umano”(4).
Quale grande fiducia ha in noi il Signore. Se io guardo la mia vita mi accorgo che ci sono più domande che risposte, più ombre che luci, più debolezze che sicurezze… come faccio ad essere luce e gusto della vita per gli altri?
E’ vero che di mio c’è molto poco: ma se credo a Gesù io sono il figlio che può dialogare con Dio suo Padre, io sono fatto a immagine e somiglianza di Dio, io posso rappresentare il volto di Cristo sulla terra.
Allora non posso nascondere la sua luce, non chiudo in dispensa a doppia mandata il suo sale che può dar gusto alla vita di tante persone. Il cristiano non porta se stesso, quando lo fa porta solo le proprie miserie, ma è chiamato a portare Gesù.
Ci riuscirò allora nella misura in cui io scompaio per lasciargli il posto in me. Io ho difficoltà al perdono, ma Dio perdona me e tutti i miei fratelli. Io ho difficoltà ad amare certe persone, ma Dio ama tutti e ciascuno in modo particolare. Io ho difficoltà ad annunciare il Vangelo, ma se lo lascio parlare, Gesù riesce ad arrivare ad ogni cuore magari servendosi anche delle mie povertà e dei miei errori. Non perdiamoci d’animo: nonostante le nostre debolezze, ogni sforzo di amore non va perduto ma a suo tempo produce il frutto desiderato da Dio per il nostro bene e per quello dei fratelli.
Note: 1. La forma negativa del decalogo suona male ai nostri orecchi, ma per la mentalità di allora suonava più o meno come la nostra dichiarazione dei diritti dell’uomo e questo è dimostrato dall’assenza dell’indicazione di castighi in corrispondenza di ogni divieto che invece è presente nel codice di Hammurabi (XVIII secolo a.C.) e nelle sue versioni successive. Se il decalogo fosse scritto ai nostri giorni si parlerebbe di diritto alla vita, alla proprietà, all’onore, all’assistenza degli anziani ed alla libertà di culto. Solo con il Deuteronomio (VII secolo a.C.) la legge mosaica diventa legge con effetti giuridici e si ripartisce in un rivolo di casi che comprendono tutti gli atti della vita di un uomo. - 2. Nell’antichità il moggio era un mobiletto a tre o quattro piedi. Nasconderla voleva dire metterla sotto: tutti sanno che c’è, ne individuano il chiarore, ma non serve più ad illuminare. – 3. Lumen Gantium n. 33 – 4. Lumen Gentium n. 1.
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