Domenica
18 agosto 2013 - XX Domenica del Tempo
Ordinario
Lc 12,49-53
«Sono venuto a
gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un
battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia
compiuto!
Pensate che io sia
venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi,
se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due
contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre
contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro
suocera».
I primi due detti di Gesù sono piuttosto enigmatici: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei
che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono
angosciato finché non sia compiuto!”.
Qualunque(1) sia l’origine di ciascuno di essi, nella
sistemazione attuale operata da Luca i due detti appaiono strettamente
collegati. Negli anni passati si tendeva ad identificare questo fuoco con il
fuoco divino purificatore dell’AT. Io non lo interpreto così; Gesù non sta
parlando di giudizio, di castigo o di premio, sta parlando di fondazione della
comunità cristiana, del regno di Dio. Infatti, il collegamento con il versetto
successivo fa pensare che il fuoco rappresenti la venuta dello Spirito nel
giorno di Pentecoste (At 2,3) che,
dopo la prova dolorosa della passione-morte di Gesù, spingerà i discepoli ad
annunziare il vangelo in tutto il mondo. Giovanni Battista aveva attribuito al
Messia questo compito, quando aveva preannunziato che questi avrebbe battezzato
in Spirito Santo e fuoco (Lc 3,16).
L’immersione di Gesù nel battesimo indica invece la sua morte imminente,
È l’immersione nel destino di sofferenza e di morte, che lo attende a
Gerusalemme, dove è diretto. Con la stessa immagine Gesù stesso, secondo Marco,
aveva predetto ai figli di Zebedeo la sua sofferenza e morte (Mc 10,38: Potete bere il calice che io bevo,
o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?). Ora esprime il suo
grande desiderio che questa immersione si compia poiché essa rappresenta la
condizione preliminare perché il fuoco si diffonda sulla terra. Per questo si
sente «angosciato» o meglio «premuto da un desiderio ardente» (dal greco synechomai,
che può avere sia l’uno che l’altro significato) finché tutto sia compiuto.
Il
Sinedrio(2) aveva condannato Gesù molto tempo prima di catturarlo,
come si legge sul Talmud(3), e per quaranta giorni il banditore
aveva percorso le strade di Gerusalemme annunciando la sua condanna. Gesù
sapeva sicuramente di questa condanna, ma non fugge, anzi, compie un atto
clamoroso: fa il suo ingresso in Gerusalemme tra due ali di folla esultante.
Per capire il perché di questa decisione dobbiamo leggere Gv 12, 20-36.
Gesù è
solo; è al termine della sua predicazione, della sua vita in mezzo alle folle e
si rende conto della sua sconfitta: tutta la sua opera non è servita a nulla.
Gli unici che lo seguono, che vogliono conoscerlo, sono greci. Il suo popolo,
Israele, non solo non lo vuole seguire, ma nemmeno ascoltare(4) da
quando si è accorto che Gesù non vuole riconquistare il regno di Israele, ma
vuole insegnare loro a vivere senza la Legge, accogliendo l’amore di Dio.
Gesù è un
fallito, le sue parole si disperdono al vento; in quel momento comprende che
esiste una sola cosa che convincerà i suoi compatrioti della verità racchiusa
nelle sue parole, se egli accetterà di morire a causa delle sue parole. Finora
era fuggito “per paura dei Giudei”,
si era rifugiato prima in Galilea, poi nel territorio di Tiro e Sidone, ed
infine dai samaritani. Ora non più, ora
entrerà in Gerusalemme sfidando il Sinedrio che lo ha condannato: “È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo.
In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore,
rimane solo; se invece muore, produce molto frutto ….Io, quando sarò elevato da
terra, attirerò tutti a me”.
E’
questa l’ansia che pervade Gesù, è un’ansia mista al terrore della sofferenza
inaudita che lo aspetta.
L’evangelista attribuisce poi a Gesù un altro detto: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No,
io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque
persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre
contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre,
suocera contro nuora e nuora contro suocera»”.
Questo detto è ricavato dalla fonte Q, in quanto si ritrova, con qualche
ritocco, anche in Mt 10,34-36. Le divisioni di cui si parla in questo detto
sono quelle preannunziate dai profeti per gli ultimi tempi (cfr. Mi 7,6: Il figlio insulta suo padre, la
figlia si rivolta contro la madre, la nuora contro la suocera e i nemici
dell’uomo sono quelli di casa sua). Luca non pensa però alla fine dei
tempi. Introducendo la descrizione delle divisioni con l’avverbio «d’ora innanzi» egli interpreta le parole
di Gesù in riferimento alle tribolazioni che avranno inizio con l’evento
pasquale e si protrarranno per tutto il tempo della chiesa. La pace è il dono
messianico per eccellenza annunziato da Gesù. Ma nel corso della storia il
rifiuto del suo messaggio di salvezza, l’avversione e le persecuzioni contro di
lui e i suoi discepoli non potevano non provocare lacerazioni e divisioni.
Ecco
il fuoco portato da Gesù. Che strano l'uomo, piuttosto di accettare la verità,
anche se scomoda, preferisce tapparsi gli orecchi e ammazzare i profeti. Luca,
mentre scrive, descrive una realtà che ha sotto gli occhi: le prime
persecuzioni hanno bussato alla porta dei seguaci di Gesù e tutti vivono sotto
la tensione di un mondo che stenta ad accogliere il messaggio evangelico.
Eppure molti preferiscono subire l'avversione della propria famiglia piuttosto
che rinnegare l'appartenenza al Rabbì. Il Vangelo nasce sotto il segno della
contraddizione e sotto il segno della contraddizione cresce e si diffonde.
Potremmo quasi dire che il dramma dell'alleanza fra Dio e il popolo continua
nella storia: Dio si racconta, si svela, sorride all'uomo e l'uomo dice
"no, grazie". E' come se l'uomo necessitasse di tempo per imparare ad
essere uomo fino in fondo, per mettere in gioco la propria libertà verso la
pienezza e la verità. Gesù liberatore dell'uomo viene rifiutato, spazzato via.
E a lui va bene così. Gesù spinge l'acceleratore fino in fondo: la croce sarà l'ultimo
segno della sconfitta di Dio. Il paradosso della morte di Dio segna il crinale
della conversione dell'umanità: dunque Dio si lascia uccidere? Il suo amore è
così folle?
Siamo
discepoli di un Dio che crea divisione, di un Dio che non ci lascia seduti
nelle nostre certezze, assiepati dietro le nostre tiepide devozioni, ma che ci
scuote e ci spinge, che brucia, brucia dentro.
Se
stiamo riflettendo sul destino della nostra fede, allora diciamolo con
franchezza: se è dal fuoco che si misura il discepolato, i pompieri della fede
possono stare tranquilli. Quando sant'Ignazio, fondatore dei Gesuiti, uomo di
Dio, innamorato di Dio, inviò i suoi dodici compagni ad annunciare il Vangelo
fino agli estremi confini del mondo allora conosciuti, disse il giorno della
loro partenza: "Andate, e incendiate il mondo". Incendiari sì, ma
d'amore.
Note:
1. La presente esegesi è liberamente
tratta da un articolo pubblicato da p. Alessandro Sacchi nel sito
Niccodemo.net. – 2. Il
Sinedrio era una assemblea di anziani e maggiorenti giudaici a cui i romani
avevano concesso di governare Israele dal punto di vista religioso ed
amministrativo. Il Sinedrio era presieduto dal Sommo Sacerdote in carica
(scelto in pratica dai romani), da rappresentanti della casta sacerdotale e delle
altre caste influenti nel paese. Aveva anche funzioni giudiziarie ma non poteva
comminare la pena di morte né, tanto meno, eseguirla. – 3. “Un araldo, per
quaranta giorni, prima dell’esecuzione, uscì gridando: Sarà lapidato perché ha
praticato la stregoneria e ingannato Israele per sviarlo” (Sanh.,B.,43a).
L’accusa a Gesù di essere “uno stregone che ingannava la gente” durerà a lungo
(Giustino, Dialogo con Trifone, 69,
7). Ancora nel IV secolo Girolamo scrive in una lettera che “mago è un altro
nome dato dai Giudei al mio Signore” (Lettera XLV, 6, Ad Asella). – 4. Gv 6, 66-67:
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con
lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?».
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