"Un uomo è stato trovato morto in casa sua da cinque anni:
nessuno se n’era accorto. Una bimba di nove mesi è giunta in Italia su un
barcone con la mamma morta durante la traversata. Due episodi di questi
giorni che ci pongono un problema: in che società viviamo? Questa domanda ci
aiuta a capire la festa di domenica prossima. Una festa nella quale si è
messo in primo piano il culto del Corpo di Cristo: devozione, adorazione,
intimismo. Quale garanzia della benevolenza di Dio più grande del
fatto di avere fra noi il suo Figlio in corpo e sangue? È spontaneo guardare
al cielo. Il vangelo invece ci richiama sulla terra. Gesù ha dato il pane
alle folle come segno di una solidarietà che coinvolge l’anima e il corpo:
«Date voi a loro da mangiare». Nella seconda lettura Paolo sottolinea che
mangiare lo stesso pane e bere dallo stesso calice è un modo per ricordare il
Signore, la sua passione e la sua morte per noi. Come? Mediante quella
solidarietà che i corinzi negavano, in quanto nei pasti comunitari i ricchi
mangiavano e i poveri facevano digiuno. E la prima lettura lascia intendere
che il sacerdote Melchisedek offre il suo sacrificio a Dio dando da mangiare
ai compagni di Abramo. È possibile fare la memoria di Gesù e non accorgersi
di un fratello che manca all’appello da cinque anni? È possibile andare a
messa alla domenica senza pensare a quelli che arrivano con i barconi o
muoiono in mare, anzi pensando a come difendersi nei loro confronti? Gesù è
presente nelle nostre messe non per essere adorato ma per diventare il punto
di riferimento di una fraternità senza confini. Ma come, se neppure ci si conosce e non si ha nulla in comune?"
Nessun commento:
Posta un commento