XVI Domenica del Tempo
Ordinario – Lc 10,38-42
Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una
donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore,
ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora
si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia
lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose:
«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è
bisogno. Maria ha scelto la
parte migliore, che non le sarà tolta».
Si tratta
di un brano un po’ complesso che, per essere compreso nella sua interezza, va
esaminato parola per parola.
“Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio…”
Scrive
l’evangelista: “Mentre erano in cammino”; erano s’intende Gesù con
i discepoli e qui notate un cambio di scena: entrò in un villaggio.
Dal punto di vista grammaticale può sembrare un errore(1): non è
possibile che Gesù cammini con i discepoli, poi li lasci all’ingresso del
villaggio; lui entra e va a pranzo da Marta e Maria e i discepoli fuori ad
aspettarlo!
Allora
vediamo di capire cosa vuol dirci l’evangelista: ogni qualvolta nei vangeli
incontriamo la parola “villaggio”
senza l’indicazione del nome del villaggio stesso, è un termine tecnico che
adopera l’evangelista per dire al lettore: “attenzione, perché il contesto sarà
negativo”. Perché “il villaggio” è il luogo dove si è affermata la tradizione,
dove si è attaccati ai valori del passato e si rifiuta il nuovo che viene
proposto. Il villaggio è il luogo dove vige l’imperativo “si è sempre fatto
così, perché cambiare?”
Gesù entra
nel villaggio senza i discepoli, perché i discepoli sono ancora immersi nella
mentalità tradizionale. I discepoli nei vangeli hanno sempre avuto tanta
difficoltà a comprendere la novità portata da Gesù. Loro sono attaccati alla
tradizione, sono attaccati al passato, a Mosè, e non riescono a capire la
novità portata da Gesù.
Luca ha,
tra l’altro, descritto questo in una maniera quasi umoristica, se non fosse
drammatica. Tanto per avere un’idea di quanto grande fosse l’incomprensione dei
discepoli, scrive l’evangelista negli Atti degli Apostoli che Gesù, risuscitato,
convocò i discepoli in un luogo a parte e per 40 giorni parlò loro di un unico
tema: il regno di Dio. Credete che al termine di questo ripasso abbiano capito?
Al quarantesimo giorno un dei discepoli chiede: “si va bè, ma il regno
d’Israele quand’è che lo instauri?” Non avevano capito assolutamente nulla!
Gesù
entra nel villaggio da solo perché la presenza dei discepoli gli crerebbe
difficoltà alla liberazione che sta per operare.
“…entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo
ospitò”. Il nome di questa donna è tutto un programma, Mar-Ta è un termine aramaico che
significa “la padrona di casa”, quindi potremmo dire, con un titolo che si usa
anche da noi, è la regina della casa, è colei che vive per la casa.
“Ella aveva una sorella, di nome Maria…”. Quasi
tutte le donne nei vangeli portano questo nome del tutto inusuale perché
evocava la maledizione da parte di Dio e, comunque, era un segno di
emarginazione(2).
L’evangelista
vuol far comprendere che accogliere il messaggio di Gesù significa essere
emarginati, maledetti dalla società.
“...la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua
parola.” Quando si legge il vangelo bisogna sempre inserirlo nel contesto
culturale dell’epoca e non pensare di interpretarlo con i nostri valori e i
nostri criteri. Il fatto che si sia seduta ai piedi di Gesù, non significa un
segno di devozione da parte di Maria nei confronti di Gesù, o tanto meno di
adorazione e di contemplazione. Nella casa palestinese non esistono le sedie,
non esistono i tavoli, ma esistono delle stuoie, dove tutti quanti si mettono
per terra. Sedersi ai piedi di qualcuno significa accoglierlo, ospitarlo(3).
Attenzione: Maria sta trasgredendo la tradizione; Maria si sta comportando come
un maschio ebreo si sarebbe comportato secondo la tradizione dell’epoca.
Questa è
una trasgressione gravissima, perché le donne nelle case palestinesi sono
invisibili, hanno l’obbligo di esserlo. Quando si entra in una casa
palestinese, si viene accolti dagli uomini di casa; le donne non si vedono,
sono invisibili. Le donne stanno in cucina, preparano, fanno i lavori e neanche
portano i cibi in tavola: questa donna, Maria, anziché starsene in cucina,
anziché rimanere invisibile, osa trasgredire un tabù che la religione, la
morale imponeva alle donne.
Maria osa
trasgredire per ascoltare il messaggio di Gesù. L’evangelista ci vuol dire:
ecco l’effetto del messaggio di Gesù! La parola di Gesù, una volta che viene
accolta dall’individuo e che si radica in lui, lo porta in maniera sistematica
alla trasgressione crescente e progressiva di tutte quelle regole, di tutte le
leggi, di tutte quelle prescrizioni che la religione, la società e la morale
imponevano e che impediscono la piena libertà della persona. Questo è
l’effetto, disastroso per la cultura dell’epoca, del messaggio di Gesù.
Evidentemente
Maria aveva già conosciuto questo messaggio e una volta che Gesù arriva in
casa, anziché starsene con la sorella in disparte, fa la parte dell’uomo di
casa, si siede con Gesù e ne ascolta il messaggio.
Naturalmente
il modo di fare di Maria, in una cultura tutta maschilista com’era quella di
quel periodo, non può non provocare la reazione della sorella. Infatti dice
l’evangelista: “Marta invece era
distolta per i molti servizi.”. Marta è la donna di casa,
tant’è vero che la chiesa come premio di consolazione l’ha dichiarata patrona
delle casalinghe e la sua festa è celebrata il 29 luglio. È la solita trappola,
la solita fregatura: sei una schiava vittima della tua situazione, ma ti
facciamo credere che sei la regina della casa. Questa è la grande vittoria del
potere: dominare le persone illudendole di essere libere.
“Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa
nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?”.
Marta
protesta, anche lei supera il tabù dell’invisibilità e lo fa per protestare.
Marta non tollera che la sorella Maria trasgredisca quello che la società ha
posto come condizione della donna e si emancipi. Notate come, nella protesta di
Marta, il suo limitato orizzonte sia tutto centrato su se stessa. Notate: “Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia
lasciata sola a servire?” – ecco l’orizzonte di Marta tutto centrato
su se stessa -: “Dille dunque che mi aiuti!»”
Marta non
capisce l’atteggiamento della sorella Maria che accoglie Gesù e ascolta il suo
messaggio. Ma che bisogno ha di apprendere? Nella cultura ebraica la donna era
esclusa dall’insegnamento religioso(4). Quindi Marta non capisce la
sete di conoscenza della sorella, per Marta è inconcepibile la trasgressione di
Maria.
Allora
Marta, la schiava, che volontariamente ha accettato la sua schiavitù credendo
che quella sia la sua migliore condizione possibile, chiede a Gesù di
rimproverare la sorella e di ricacciarla nel luogo dove la tradizione da sempre
ha confinato le donne. Nella figura di Marta, che, vedremo, Gesù rimprovererà,
la situazione è drammatica perché è come quella di quegli schiavi che sono
contenti di esserlo e non solo non aspirano ad essere liberi, ma spiano i
tentativi di libertà altrui allo scopo di ricacciarli nella schiavitù.
È la
vittoria del potere. Il potere usa tre armi per dominare le persone. Mediante
la paura: io ti domino perché
hai paura di me. Mediante la ricompensa:
ti domino perché sai che da me puoi avere dei vantaggi, quindi io solletico le tue
ambizioni, la tua avidità.
Ma il
livello a cui vuol giungere ogni gruppo che detiene il potere è il terzo.
Perché, vedete, se io vi domino per la paura, voi potete diventare coraggiosi e
sfidarmi; se io vi domino con la prospettiva della ricompensa, in un rigurgito
di dignità, potete rinunciare a questa ambizione o avidità; ma il dominio
perfetto è il dominio basato sulla persuasione.
Vi convinco che per voi essermi servi, schiavi, è la situazione migliore,
desiderabile, per la vostra esistenza. Allora chi è stato persuaso che per lui
essere schiavo è la condizione migliore, questi non cercherà mai di liberarsi
dalla sua condizione e vedrà ogni proposta di libertà come un attentato alla
propria sicurezza.
Quindi
Marta va da Gesù e protesta: ricaccia Maria nel luogo della tradizione. Vediamo
la reazione di Gesù: “Ma il Signore le
rispose: «Marta, Marta,…”. Quando nei vangeli un nome di una località
o di una persona viene ripetuto, questo è un termine tecnico che indica lamento
per la tragedia che vive questa persona o questa località. Quando Gesù vede
Gerusalemme, dice: “Gerusalemme, Gerusalemme”; Gesù piange su
Gerusalemme perché ne prevede già la distruzione. Quindi questo di Gesù nei
confronti di Marta è un rimprovero nel quale si esprime la drammatica
situazione di Marta.
“Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e
ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».”.
Vediamo allora di comprendere questa sentenza importante di Gesù che riguarda la
donna in generale, ma naturalmente non è limitata al mondo femminile.
Gesù
rimprovera Marta, la quale è vittima, succube di una tradizione religiosa, di
una tradizione sociale, di una tradizione morale che non sopporta la libertà
degli altri, ed elogia Maria, perché dice: “una sola è la cosa di cui c’è
bisogno”. E aggiunge: “Maria si è scelta la parte migliore che non le
sarà tolta”. In passato, quando gli uomini, gli uomini di chiesa, hanno
iniziato ad interpretare questo brano, essi hanno sentenziato: la parte
migliore, che non sarà tolta alla donna, è la vita contemplativa di clausura.
Quello che qui è un invito alla libertà, mediante la trasgressione di regole e
tabù sociali e religiosi, divenne l’invito per le donne a entrare in un carcere
a vita, entrare nella clausura, segregati dal mondo: questa è la parte migliore
che mai le sarà tolta! Ma naturalmente in Gesù non c’era assolutamente questa
intenzione(5).
Cos’è che
non può essere tolto ad una persona neanche uccidendola? L’azione frutto di una libertà
interiore conquistata attraverso la trasgressione.
Quando si arriva a un grado di libertà causato
dalle proprie scelte, dalle proprie convinzioni interiori, questa libertà,
quella interiore, nessuno la potrà togliere, perché, vedete, tutto ci può
essere tolto, ci può essere tolta anche la vita, ci può essere tolta anche la
libertà, ma non quella interiore, quella esteriore. Tutto all’uomo può essere
tolto, meno che la libertà interiore.
L’invito che Luca ci fa attraverso questo
episodio è la conquista della pienezza
della libertà interiore; perché soltanto dove c’è la libertà c’è lo
Spirito, e solo dove c’è lo Spirito c’è la libertà. La libertà che ci viene
data dagli altri è pericolosa, perché come ci viene data può anche essere
tolta; non è questa la libertà. La libertà, la parte migliore che mai sarà
tolta alla donna, ma naturalmente a tutti coloro che accolgono il messaggio di
Gesù, è la libertà interiore, frutto di una profonda convinzione, e che si paga
caro attraverso la trasgressione e l’emarginazione da parte della società.
Quando si arriva a questo grado di libertà, questa libertà non può più essere
tolta, questa libertà non può più essere ridimensionata.
Nei
vangeli abbiamo diversi esempi di questa libertà. Prendete Gesù, che viene
condotto di fronte al sommo sacerdote e a Pilato, legato mani e piedi; eppure
in tutta la scena della Passione l’unica persona veramente libera è Gesù. Non è
una libertà esteriore, che può essere data e può essere tolta, ma è la libertà
interiore. Gesù è molto più libero del sommo sacerdote. Gesù è più libero di
Pilato, schiavo della propria ambizione. Gesù è la sola persona libera, anche
nei confronti di Pietro, che se la fa addosso dalla paura di fare la fine del
suo maestro.
L’invito
che ci fa l’evangelista con questo episodio è che la libertà non viene
concessa, ma la libertà va conquistata
attraverso la pratica della trasgressione sistematica di tutti quei
valori, di tutti quegli insegnamenti, quei precetti che la religione contrabbanda
come volontà di Dio, ma che in realtà non sono espressione della volontà
divina. Perché tutto quello che diminuisce la libertà dell’uomo, tutto quello
che condiziona le sue scelte, tutto quello che impedisce il pieno sviluppo
della persona o che ne impedisce il benessere, tutto questo non può venire da
Dio. E quando l’uomo e la donna hanno il coraggio di trasgredirlo, entrano in
un ambiente di piena libertà, che nessuno potrà loro togliere.
Note:
1. Ricordo che i Vangeli non sono delle cronistorie giornalistiche, dei resoconti
storici, ma delle profonde verità che vengono insegnate attraverso sistemi
letterari a cui noi non siamo abituati. – 2. In ebraico Miryam o Mariam era il nome dell’intrigante e pettegola
sorella di Mosè, punita da Dio per la sua insaziabile ambizione (Es 15,20);
passata alla storia come “lingua malvagia” (Num 12, 1-10), il suo nome non
comparirà più nella Bibbia prima di essere ripreso nei vangeli, in quanto
considerato evocatore di maledizione da parte di Dio. – 3. Ne abbiamo la prova perché nel
Talmud si dice: “sia la tua casa un luogo di convegno per i dotti, impòlverati
della polvere dei loro piedi e bevi con sete le loro parole”. – 4. Il
Talmud dichiara: “Le parole della legge vengano distrutte dal fuoco piuttosto
che essere insegnate alle donne”. – 5. E’
necessario aggiungere che a quei tampi non si conosceva il monachesimo; questo
arriverà prima in Egitto e quindi nel mondo greco-romano, dall’oriente, dal
buddismo, portato dalle notizie trasmesse dai carovanieri e dai commercianti
che seguivano la via della seta.
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